4. Sono solo voci

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Le giornate passavano in fretta a Palazzo Chigi e ormai tutta Italia era diventata zona rossa. Il clima che si respirava era insopportabile e per i collaboratori più stretti era stato necessario risiedere stabilmente nella residenza storica romana.

Non mi dispiaceva avere la possibilità di vedere Giuseppe in ogni momento della giornata, ma di certo i colleghi non erano tra i più amichevoli.

Avevo qualcuno con cui scambiare qualche chiacchiera certo, ma le occhiate che la maggior parte delle persone mi riservavano non erano affatto piacevoli.

"Buongiorno" salutai entrando nell'ufficio del Presidente per il nostro aggiornamento quotidiano.

"Vedremo se sarà buono... Allora, come siamo messi oggi?"

Giuseppe era chiaramente di cattivo umore, ma potevo benissimo immaginare il perché. Le pressioni che stava ricevendo da ogni parte dovevano essere quasi insopportabili.

"Tra un'ora c'è la videocall con alcuni rappresentanti sindacali. Per le 11 c'è un aggiornamento speciale con la Protezione Civile. Mentre prima di pranzo passerà Gualtieri per fare un punto della situazione..."

"Poi spero di poter mangiare giusto?" chiese interrompendomi.

"Ma certo" risposi abbozzando un sorriso.

Continuai ad elencare i molteplici impegni della giornata, feci qualche modifica e infine mi alzai per lasciarlo ai suoi impegni.

"Aspetta un attimo. Siediti, c'è una cosa di cui voglio parlarti."

Presi di nuovo posto davanti al Presidente e restai in attesa di sapere cosa volesse dirmi.

"Casalino mi ha riferito che ci sono alcune spiacevoli voci che continuano a girare sul nostro conto. Puoi immaginare di che genere..." disse Giuseppe guardandomi preoccupato.

"Immagino non molto diverse da quello di cui mi ha accusato Enrico."

"Già. Mi dispiace molto che tu sia vittima di tutto questo. Se non ti avessi chiesto di seguirmi a Palazzo Chigi... tutto questo non sarebbe mai successo," disse passandosi una mano nervosa tra i capelli.

"Sono solo voci. Posso gestirlo, non preoccuparti per me."

"Certo che mi preoccupo per te," disse alzandosi dalla sedia. Si avvicinò a me e continuò a fissarmi pensieroso.

"Forse è meglio se smetti di essere la mia assistente."

"Assolutamente no! Non voglio lasciare questo incarico," dissi alzandomi a mia volta. La distanza tra di noi era pochissima, potevo sentire il suo profumo inondarmi le narici.

"Lo dico solo per il tuo bene. È la tua reputazione ad essere in pericolo. Non voglio che parlino di te a questo modo. Non lo capisci?" disse prendendomi il viso tra le mani.

Mi fissò a lungo e sentii il respiro mancarmi. Era un miracolo che mi reggessi ancora in piedi, mentre le mie guance ormai dovevano essere andate a fuoco.

Riuscivo quasi a sentire il battito del mio cuore quando lo vidi avvicinarsi ancora di più a me.

Sfiorò le sue labbra con le mie, quasi a voler chiedere il permesso. Le dischiusi, consentendogli un migliore accesso e lo prese come un segnale per proseguire. Passai le mie braccia intorno al suo collo e mi strinsi a lui ancora di più.

Dopo anni in cui avevo sperato che mi notasse, che si facesse avanti con me, stava succedendo davvero.

Giuseppe mi stava baciando, un bacio pieno di passione, quasi come se anche lui lo stesse aspettando da tanto. Spostò le mani sotto le mie natiche e mi appoggiò alla scrivania.

La situazione si stava facendo sempre più bollente. Giuseppe si allontanò per andare a chiudere la porta a chiave, ma quando iniziò ad armeggiare con la cintura dei miei pantaloni, mi bloccai all'improvviso.

Averlo era sempre stato tutto ciò che volevo. Mi ero innamorata di lui quasi subito, quando mi aveva scelta per diventare la sua assistente mentre ero ancora una ricercatrice universitaria.

Ma all'epoca come adesso, Giuseppe restava un uomo impegnato. Potevo sognare di fregarmene, ma al momento di passare oltre, tutto era diverso.

"Fermati," dissi bloccandolo dall'andare avanti. Lasciò la cintura e mi fissò.

"Che succede?"

"Tu sei già impegnato. Non posso farlo" dissi scuotendo la testa.

"Eppure non t'importava fino a due secondi fa... Emma, credi davvero che non mi sia accorto di quello che provi per me? E non parlo solo di ora. Ti piaccio dai tempi dell'università, non è così?" disse allontanandosi un po' da me.

Lo ringraziai mentalmente per questo. La sua troppa vicinanza mi mandava in confusione.

"Sì, è così. Inutile negarlo. Ma non credevo di interessarti."

"Mi sei sempre interessata. Ho solo cercato di non andare troppo oltre con te. Ci sono più di vent'anni di differenza tra noi. Non volevo approfittare della situazione..." disse guardandomi dispiaciuto con i suoi occhi nocciola scuri.

"Continuo a non capire. Cosa ti ha fatto cambiare idea?" chiesi sconvolta.

In tutti questi anni, non solo si era accorto del mio interesse, ma lo aveva anche silenziosamente ricambiato. Non riuscivo a crederci!

"Non lo so nemmeno io, te lo assicuro. Quando ti ho chiesto di dimetterti, cercavo solo di fare la cosa giusta. Eppure due secondi fa stavo per fare l'amore con te su quella scrivania... L'idea di perderti mi ha fatto andare fuori di testa," disse iniziando a torturare l'orologio che portava al polso. Era un gesto che faceva sempre quando era nervoso.

"E se tu non fossi impegnato, te l'avrei lasciato fare. Non m'importa niente della differenza d'età."

"Se ti fa sentire meglio, non vedo Olivia dall'inizio di Gennaio. Ci stiamo prendendo un periodo di pausa."

"Non lo dici solo per dire?" chiesi dubbiosa delle sue parole. Sembrava la classica scusa da tirare fuori al momento opportuno.

"No. Verifica pure su qualsiasi sito di gossip" disse allargando le braccia.

Forse Giuseppe diceva la verità. Perché mentire, quando qualsiasi foto online avrebbe potuto tradirlo? Eppure è probabile che gli avrei creduto anche senza la possibilità di avere prove concrete. La verità è che volevo disperatamente che fosse vero.

Però non potevo illudermi che fosse davvero finita tra lui ed Olivia. Poteva succedere oppure no. E nel frattempo cosa avrei fatto? Mi sarei accontentata di essere la seconda scelta?

Non volevo essere solo la storia di una notte, questo è certo. Ma nemmeno volevo rinunciare a Giuseppe, non ora che avevo scoperto che non gli ero affatto indifferente.

"Va bene, ti credo. Però ho bisogno di tempo per pensare."

"Lo capisco e devo essere totalmente sincero con te... Per ora non posso prometterti niente. La mia vita è un tale casino che non riesco nemmeno a pensare lucidamente."

"Che ne dici se ne riparliamo stasera durante il report serale? Tra poco hai una videocall" gli ricordai diligente.

"Mi sembra perfetto."

"Ok. Allora io vado."

Uscii da quella stanza piena di dubbi, consapevole di stare solo rimandando una decisione inevitabile.

The key of my heart - Giuseppe ConteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora