3. Una testa fra le nuvole

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La mattinata era volata in un batter d'occhio a causa della spropositata mole di lavoro. Il telefono non mi aveva quasi dato un momento di tregua. Per non parlare di tutte le e-mail di cui mi ero dovuta occupare.

Mi avviai verso la mensa stanca morta e dopo aver preso il mio vassoio, con lo sguardo cercai immediatamente il Presidente.

Lui era lì, vicino all'entrata, seduto accanto a Rocco Casalino, portavoce e capo dell'ufficio stampa del Presidente del Consiglio.

Appena mi vide, Giuseppe mi fece segno di raggiungerli e ovviamente non me lo feci ripetere due volte.

Ma mentre mi stavo dirigendo nella loro direzione, mi sentii chiamare da Caterina, una delle tante ragazze dell'ufficio stampa. Mi girai per salutarla. La conoscevo appena, ma le poche volte in cui ci avevo parlato, mi era sembrata simpatica.

"Ehi Emma, come stai?" chiese sinceramente felice di vedermi.

"Tutto ok, grazie. Sto andando a sedermi vicino al Presidente e a Casalino. Ti unisci a me? "

"Ehm... va bene" rispose poco convinta.

Sembrava intimorita dall'idea, ma non abbastanza da rifiutare l'invito. Per me era una cosa normalissima mangiare insieme a Giuseppe, ma per Caterina doveva essere un evento eccezionale. Lavorava solo da qualche mese a Palazzo Chigi e probabilmente non si era mai trovata ad essere tanto vicina al Presidente.

Caterina era palesemente agitata, ma Giuseppe fu gentile come sempre e in poco tempo riuscì a calmarla. Una delle cose che più amavo del Presidente, era il fatto che fosse capace di mettere a proprio agio chiunque.

Come quella volta in università, quando una ragazza che stava interrogando, all'improvviso si bloccò ed iniziò a piangere. Io ero seduta vicina a lui. Stavo controllando il registro delle presenze e nel frattempo vidi tutta la scena.

La ragazza spiegò di non essere riuscita a chiudere occhio la notte precedente, che aveva studiato tantissimo, ma quello che lui le aveva chiesto non riusciva proprio a ricordarlo.

Giuseppe fu molto comprensivo, mi mandò a prenderle una bottiglietta d'acqua fresca, aspettò che si calmasse e poi le fece una domanda molto facile per metterla a suo agio. La ragazza riuscì a rispondere perfettamente a quella domanda e alle successive che gli fece. Alla fine dell'esaminazione, le diede un voto alto ma più che meritato. Era incredibile la facilità con cui riusciva ad entrare in sintonia con le persone.

"Emma, sei con noi?" chiese il Presidente riportandomi al presente.

"Sì, certo. Scusatemi..."

"Sembravi su un altro pianeta. "

"Stavo solo pensando ad una cosa passata, ma ora sono qui con voi," dissi cercando di giustificarmi.

"Hai sempre la testa fra le nuvole..." disse Giuseppe scuotendo la testa. Era seduto al mio fianco e quando mi girai a guardarlo, mi sorrise rivelando le sue adorabili fossette.

Non potei resistere e gli sorrisi a mia volta. Era così bello quando sorrideva e ultimamente, purtroppo, non aveva molti motivi per farlo.

"Non sempre. Altrimenti il Presidente sarebbe in grossi guai, no?" chiesi sollevando un sopracciglio.

"Ok signorina, forse ha ragione. Non sempre."

"Grazie per questa concessione..." dissi notando che Rocco e Caterina ci fissavano curiosi.

E va bene, eravamo piuttosto in confidenza. Ma questo non significava nulla. Era normale, visto che ci conoscevamo da tanto e lavoravamo costantemente a stretto contatto.

Il Presidente continuò a parlare con Rocco di alcuni problemi che avevano con l'opposizione. Nel frattempo, io cercai di trovare qualcosa di cui conversare con Caterina, non volevo dare l'impressione di ascoltare più del dovuto.

Arrivò il caffè per tutti e quattro. Ma una volta finito, Giuseppe fu così sbadato da far cadere il suo cucchiaino a terra. E mentre si abbassava a prenderlo, mi sfiorò la caviglia.

Portavo i collant sotto la gonna, quindi lo sentii chiaramente. Ma di sicuro l'aveva fatto per sbaglio, perché quando si sollevò aveva la faccia più neutrale del mondo.

"Presidente ci aspettano in Parlamento. Dobbiamo andare" disse Rocco distogliendomi dai miei pensieri.

"Certo, andiamo. Ragazze, a più tardi" ci salutò Giuseppe.

Aveva appena lasciato la sala mensa e già mi mancava. Per fortuna c'era il lavoro a tenermi impegnata. Mi alzai anch'io, salutai Caterina e tornai nel mio ufficio.

The key of my heart - Giuseppe ConteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora