38. Dispotico arrogante

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Margherita

Dopo tutta l’ansia e i vari convenevoli della cena, presentandomi davanti a tutti su un palchetto, finalmente mi ritrovo in cucina a congratularmi con lo staff.
“Grazie a lei chef per averci guidati e aiutati.” Dice uno di loro.

“Per me è stata una bellissima esperienza e spero tanto di poter ripetere la cosa. Passerò comunque a salutarvi prima di partire ragazzi, ci conto.” Dico sorridendo e girandomi per andare via.

La compagna di Giuseppe non l’ho conosciuta, eravamo troppo distanti dal tavolo e devo dire che è stato meglio così, però sono riuscita a vederla, ho visto dei capelli biondi e un vestito lungo rosso, quindi pensavo fosse lei, visto che è stata avvinghiata tutto il tempo a lui.

“Siamo in crisi” mi aveva detto. Non mi fido di nessuno e onestamente nemmeno di lui. E non ci rimango nemmeno così male, semplicemente perché non mi interessa più.

Sono ormai le due quando entro in camera mia e finalmente, faccio volare i miei tacchi in un angolo remoto della camera. Mi tolgo con non poche difficoltà il tubino che mi fasciava perfettamente il fisico e, finalmente, mi gettai sotto l’acqua tiepida della doccia.

Posso mentire a chiunque, anche a me stessa inizialmente. Continuo a pensare di non essere rimasta male, in effetti un poco sì. Sono carini insieme, lei lo guardava con gli occhi a cuore. Anche lui.

Mi aveva detto che erano in crisi ma non mi pare proprio. Sarà che voleva adescarmi come ha fatto in precedenza anni fa, e poi tradirmi.
Ancora ci penso e mi viene da rimettere, a pensare a tutto il dolore che provai.

Sciacquo velocemente il bagnoschiuma dal corpo e, uscendo, mi avvolgo dentro un asciugamano bianco, con la fretta di mettermi subito a letto, perché sono sfinita. Mi dirigo nel mentre al frigo per bere un po’.

“Ti avevo detto di mettere dei pantaloni, non di certo di venire nuda da me, anche se non mi dispiace.”. La sua voce rimbomba in camera, lo osservo sulla poltrona ai piedi del letto enorme, con le gambe accavallate e un calice di vino in mano. Mi sono spaventata a morte e ho fatto un salto balzando in avanti.

Cristo, quest’uomo mi vuole morta.

In penombra, riesco a vedere i suoi occhi, che hanno una luce particolarmente attraente e maliziosa. Sarà colpa del vino.

“Che ci fai qui!” dico arrabbiata, cercando di tenermi l’asciugamano stretto sul petto. Lui mi guarda dalla testa ai piedi, si lecca le labbra e sorride a mezza bocca.

“Non ti avevo detto di uscire o mi sbaglio?” dice facendosi incredibilmente serio.

“Non ci esco con te. Vai dalla tua ragazza, non è qui che dovresti stare adesso. Il dopocena non è cosa mia, con te. Non più.” Ribatto con la gola secca per l’emozione di vederlo lì, con la rabbia repressa da quasi tutta la sera, dopo aver visto la sua amatissima compagna.

“Ah Margherita, se vuoi possiamo stare qui. Non per forza dobbiamo uscire.” Dice alzandosi e poggiando il calice sul tavolo. Viene verso di me togliendo il papillon e gettandolo a terra.

Mi giro in balìa dell’imbarazzo e apro il frigo, in cerca di acqua fresca. Cerco di riprendermi ma, la sua colonia è ormai fin dentro le mie ossa. Ma una domanda mi sorge spontanea.
“Come sei entrato?” Dico finendo di bere direttamente dalla bottiglia.

Una piccola risata sommessa, rompe il silenzio della stanza. Nel mentre me lo ritrovo di fronte, fino a quando il suo fiato scompiglia la mia frangia nera.

“Ti ricordo che sono il Presidente. Dire che avevi dimenticato la tua tessera dentro, è stato un gioco da ragazzi.” Mormora intrappolandomi col suo sguardo. Occhi negli occhi, cuore nel cuore.

“Mi fa piacere che sfrutti i tuoi poteri per entrare nelle stanze delle ragazze.” Dico stizzita, cercando di mantenere la calma ma soprattutto la freddezza che mi sta contraddistinguendo.

“Forse non hai capito. Tu devi venire con me. Adesso.” Dice con voce ferma. Lo guardo con le sopracciglia aggrottate e gli occhi ridotti a fessura, per studiarlo.

“Senti, Presidente. Forse non hai capito tu. Io con te non ci esco e nemmeno voglio vederti. Domani ho la consegna della targa e dopo domani parto. Quindi torna dalla tua biondina e lasciami in pace.” Dico gesticolando, mentre lui sorride.

Sorride come un pesce lesso. Ma che vuole?

“Ah Margherita, Margherita. Se non ti vesti tra tre secondi, te ne pentirai.” Dice minaccioso, mentre sorride mostrando le fossette che lo caratterizzano.

“Io non mi vesto!” dico arrabbiata alzando la voce e sbattendo un piede per terra.

“Va bene, allora andiamo se sei pronta così. Sarà bellissimo girare alle due di notte con una donna nuda Margherita. Ma se qualcuno osa guardare queste gambe lo faccio nero. Ti sto avvisando.” Dice voltandosi e andando verso la porta.

“Mi spieghi perché devo venire per forza con te? Non voglio essere obbligata e lo sai!” dico andando verso di lui guardandolo.

Richiude la porta, avanza lentamente verso di me, con le mani nelle tasche del vestito, mi guarda negli occhi. Inumidisce le labbra ma io d’istinto mordo il labbro inferiore.

Avevo dimenticato come mi faceva sentire, mi fa perdere la testa e il mio corpo fa il suo volere senza connettere il cervello.

Mi sfiora una guancia, passando due dita sul collo e si sofferma sull’arteria pulsante. Il mio respiro si fa sempre più pesante e corto, immobile alla sua mercé, incapace di muovere un dito.

“Mi ricordo come il tuo cuore pompa il sangue quando le mie dita ti sfiorano. E mi ricordo pure come riesco a far rimanere inerme il tuo corpo, al mio tocco.”. Scende con le due dita sul mio petto, accarezzando il solco tra i miei seni. Il mio sguardo è piantato nel suo, che non si scolla dal mio.

Mi ammalia, è come se avesse il potere di far tremare il mio corpo solo guardandomi, come adesso.
Con un movimento rapido, senza nemmeno accorgermi, afferra il lembo dell’asciugamano, tirandolo giù e facendolo volare sul pavimento, lontano da noi.

Le sue mani passano tra i miei seni, sul mio ventre bianco e pieno.
“Ti decidi ad andare a vestirti? Se resti qui così potrei non fermarmi più. E giuro, giuro che questa volta sarai mia. Adesso.” Si allontana, voltandosi verso la finestra, aprendola e accendendo una sigaretta. Io sono qui, ancora ferma a fissarlo.

Si volta ancora.
“Vai a vestirti subito.” Dice fumando. Il mio corpo, esegue gli ordini.
Come una marionetta esegue le azioni che vuole, come le vuole, quando le vuole.

Apro l’armadio mettendo un paio di jeans, una maglia bianca e scarpette, chiudo l’armadio e mi dirigo da lui, ancora in trance.
Viene verso di me, sorride.

“Ti sei decisa allora. Andiamo vieni con me.” dice prendendomi per mano e sorridendo.
Il suo tocco è fuoco per me, il mio corpo si accende con nulla, quando sto con lui.

“Non ho altra scelta.” Dico percorrendo gli infiniti labirinti di Palazzo, al buio e scortati da due uomini dietro.
Una volta giunti all’ingresso, si ferma davanti una moto.

“Stai scherzando?” gli dico infastidita ma soprattutto impaurita.
“No amore, Sali.”.
Amore? No no no, calma. Respira. Respira.

***

Angolo autrice
Respiriamo. Respirate.
Ragazze cosa avreste fatto al posto della povera Margherita? Il suo corpo obbedisce agli ordini di quest'uomo dispotico e pieno di charme.
Beh, come resistere, no? 😍
Fatemi sapere sempre cosa ne pensate, il prossimo aggiornamento credo sarà martedì, buon fine settimana donzelle ❤🤭
PS. Ah, per il prossimo capitolo procuratevi i fazzoletti 😭❤

Sick Love - Un amore malato [COMPLETA]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora