Capitolo 6: Father and Son

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"Allora sei tornato a trovarmi" esclamò Natalia furiosa "in un momento sbagliato e interrompendo il mio lavoro però"
"sta zitta" esclamò Arthur lanciando il foglio con i risultati del test di paternità sul letto dove Natalia era seduta.
"Cosa è?" chiese Natalia prendendo il foglio e leggendo in alto "test di paternità" e uno sopra l'altro "Arthur Brookeman: Padre" e sotto ad esso "Persona anonima: figlio/a", "chi è la persona anonima?"
"Indovina un pò" disse Arthur, il quale stava cominciando a sentire caldo.
Natalia alza gli occhi dal foglio e li sgrana.
"Già" disse Arthur "proprio cosi, il mio ragazzo è mio figlio". Diede un calcio al comodino vicino al letto e fece cadere l'abat-jour, che si frantumò in mille pezzi "ti avevo detto di abortire, cazzo" continuò andandole davanti, mentre lei cominciava ad avere paura di Arthur "pensavi di essere una brava madre?" chiese Arthur mentre Natalia, coprendosi con il lenzuolo del letto, si alzava e cominciava ad allontanarsi da lui "pensavi che sarebbe stato contento di essere usato come una puttanella da quattro soldi, come la sei tu?"
Natalia si ritrovò con le spalle al muro, mentre delle lacrime le uscivano dagli occhi per le parole taglienti di Arthur.
"Sei solo una sgualdrina, ecco cosa sei. Non sei una madre e mai lo sarai" disse Arthur, stando attaccato a Natalia, che tremava come una foglia.
"Allontanati da me" rispose lei cercando di spingerlo lontano da sè.
"Giuro su Dio che se questa cosa non rimane tra noi e Auckley scopre tutto , verrò in questo posto del cazzo e lo distruggo. Chiaro!?" disse Arthur alzando la voce.
"C-certo" rispose Natalia oramai con due fontane a posto degli occhi.
"Sarà meglio per te."
Arthur si stacca da Natalia, dal letto prende il foglio con il test ed esce dalla stanza, mentre lei si accasciava a terra e piangeva rumorosamente.
Arthur passa davanti il bancone di Vanessa, che cominciò a sentire qualcuno piangere dalla stanza di Natalia.
"Che cosa le hai fatto, mostro?" chiese Vanessa con una faccia schifata.
Arthur si avvicina a lei.
"Non sono cose che ti riguardano" rispose Arthur a bassa voce "ed è meglio che non ti interessi".
Detto questo, Arthur si gira ed esce, tornando in macchina ed andandosene.

Arthur parcheggiò la sua auto dentro il garage della sua villa ed entrò dentro. Della musica riempiva l'intera villa. Qualcuno era in cucina e maneggiava delle cose dentro il frigo.
"Bentornato" esclamò Auckley "stasera ho deciso di cucinare io".
Arthur andò in camera a mettersi qualcosa per casa, mentre "Africa" dei Toto risuonava nelle casse.
"Eccoti finalmente" disse Auckley girandosi con il busto verso di lui e girandosi di nuovo verso i fornelli "ho trovato una ricetta su internet e ho pensato di provare a cucinare qualcosa".
"Non c'è n'era bisogno" rispose Arthur abbracciandolo da dietro e baciandolo sul collo. Un fremito di piacere passa per tutta la schiena di Auckley.
"Voglio parlarti di una cosa però" disse Auckley. Arthur si raddrizza e continua a tenere stretto a sè Auckley.
"Di che si tratta?" chiese Arthur.
"Si tratta del mio lavoro" disse Auckley "ne rivoglio uno".
"Perchè? Non stai bene cosi? Hai tutto il tempo per te e puoi fare ciò che vuoi" rispose Arthur, guardando ciò che stava facendo Auckley ai fornelli.
"Si...ma mi sento come un peso" disse Auckley.
"Ancora con questa storia?" rispose Arthur "ti ho detto un sacco di volte che non lo sei."
"va bene" disse Auckley "ma voglio comunque qualcosa da fare".
Arthur si allontana da Auckley sbuffando.
"Fare il banchiere ai tavoli cominciava a piacermi" disse Auckley posando il mestolo che aveva in mano e girandosi completamente verso Arthur, poggiando le sue mani sul ripiano della cucina vicino i fornelli "hai paura che mi succeda comunque qualcosa anche da banchiere?"
"No" rispose Arthur sedendosi al tavolo "Ho paura che magari ti stancheresti a stare tutto il giorno davanti al banco..."
"Ma se te lo sto chiedendo io di farmi fare questo lavoro" rispose Auckley mettendosi una mano sul petto "perchè vuoi tenermi lontano da quel Casinò?"
"Ci sono parecchie cose che non sai" disse Arthur incrociando le mani e appoggiandosi con i gomiti sul tavolo "riguardo al Casinò  e preferisco che tu ne rimanga fuori"
"Va bene" disse Auckley a bassa voce e rigirandosi, facendo un sospiro.
Arthur si accorse del suo gesto e cominciò a rimuginare sulla richiesta di Auckley.
"Forse sono così protettivo perchè sono suo padre" pensò Arthur "ma questa fissa di proteggerlo l'avevo già prima di sapere che sono suo padre".
"Ovunque io vada" disse Auckley maneggiando un mestolo all'interno di una pentola " mi sento sempre imprigionato"
"Cosa?" Chiese Arthur "qua ti senti in prigione?"
"Se non posso fare ciò che vorrei fare si" rispose Auckley girandosi verso Arthur "per una volta vorrei come voglio io"
"Ok, allora facciamo così" rispose Arthur " farai ciò che vuoi. Ti darò il lavoro che vuoi tu, potrai fare ciò che più desideri, basta che tu me lo dica"
Auckley si morde il labbro, si sentiva un bambino viziato che chiedeva ai genitori di comprargli qualcosa.
"Grazie" rispose Auckley sorridendogli e rigirandosi verso la pentola "e volevo chiederti un'altra cosa"
"Che cosa?" Chiese Arthur.
"Per caso...sai qualcosa di mia madre?" Chiese Auckley.
Arthur sbaraglia gli occhi, mentre ripensava a ciò che aveva fatto quel giorno al Good Times.
"No, non so nulla, perché?"
"Perché non la sento da quando me ne sono andato dal club" disse Auckley con una voce un po' triste "vorrei sapere come sta"
"Non so come aiutarti" rispose Arthur.
"Va bene, fa niente tranquillo" disse Auckley, con un po' di delusione nella sua voce.
"Dopo quello che ho fatto oggi, non credo potrò più rimettere in quel locale"
"Mio padre non l'ho mai conosciuto..." disse Auckley "vorrei tanto sapere chi è. Darei qualsiasi cosa per saperlo"
Arthur lo accarezza sulla spalla. Si avvicina a lui mettendosi a fianco e osservando ciò che faceva.
Iniziò ad accarezzarlo sui capelli.
"Prima o poi" rispose Arthur "con un po' di fortuna lo incontrerai"
"E come?" Chiese Auckley "anche se avessi un po' di fortuna, non riuscirei comunque a saperlo. Come fa mia madre a ricordarselo?"
"Non lo so" rispose Arthur "ma nella vita non si può mai sapere cosa potrebbe accaderci, basta non smettere mai di sperare"
"Grazie" disse Auckley sorridendo "penso tu sia l'unico a credere in me"
"Prego" rispose Arthur baciandolo in testa.
"È pronto" disse Auckley dopo che il timer del suo telefono cominciò a suonare "speriamo sia venuto bene".

Il giorno dopo, Auckley attraverso di nuovo l'ingresso del casinò.
Ogni volta che entrava dentro, si perdeva negli spazi immensi del Casinò, soprattutto il soffitto, molto alto e che sembrava infinito.
Auckley si dirigeva verso il tavolo dove avrebbe lavorato.
Si siede e fa un lungo respiro, preparandosi ad una lunga giornata.

Era arrivata sera e il turno di Auckley era finito. Sfinito dopo un'intera giornata a dare carte e passare fiche, va direttamente nell'ufficio di Arthur, trovando la porta chiusa e delle voci arrivare dall'interno.
"Non è colpa mia se hai finito tutti i suoi soldi" sentì la voce di Arthur.
"Mi devi un favore e ti chiedo altri soldi" sentì anche la voce di un altro uomo, di cui non ne sapeva il proprietario.
"Non ho nessun favore da restituirti, quindi ti invito ad uscire dal mio ufficio e non farmi perdere altro tempo" disse Arthur, sentendo delle sedie muoversi.
"Non la passerai liscia, vedrai" rispose l'altra voce.
" meglio che te ne vai prima che ti faccio cacciare da qua a calci nel culo"
Auckley si allontanò dalla porta, dopo aver sentito dei passi venire verso di essa.
L'uomo che era insieme ad Arthur nell'ufficio uscì da quest'ultimo senza guardare Auckley, ma andandosene direttamente.
Arthur era dentro, in piedi, che guardava il casinò, con le mani in tasca e facendo un lungo sospiro.
Auckley bussa alla porta. Arthur si gira e un sorriso gli compare sul volto.
"Ciao" disse Arthur "come è andato il rientro?"
"Chi era?" Chiese Auckley.
"Nessuno, tranquillo. Come è andata?" Richiese Arthur cercando di sviare il discorso
"Bene, un po' stanco ma bene" rispose Auckley sbadigliando.
"Devo stare qua un altro po', ti faccio portare a casa?" Chiese Arthur.
"No, tranquillo" rispose Auckley "vado un po' al bar sotto, a prendermi qualche drink"
"Va bene" disse Arthur "ricordati di dire che sei Auckley. Non voglio che ti facciano pagare"
"Pure se pagassi, che male c'è?" Chiese Auckley.
"Perché dovresti pagare nel bar del mio casino?" Chiese Arthur alzando un sopracciglio.
"Non lo so, per educazione?" Rispose Auckley ridendo.
"Finiscila" disse Arthur "vai, ci vediamo dopo"
"A dopo" disse Auckley alzandosi e uscendo dalla porta, chiudendola dietro di sè.
Arthur diventa di nuovo serio, guardando di nuovo dentro il casinò e, dopo un po', vedendo Auckley comparire al bar, il quale era ben visibile dalle finestre del suo ufficio.
"Non posso farlo parlare con la madre" pensò nella sua testa Arthur pensando alla discussione con Auckley di ieri "potrebbe succedere un casino. Preferisco che rimanga con il dubbio"

Life is a Casinò (boyxboy)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora