Capitolo 4

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Stephen's Pov

L'amore è un sentimento molto strano, a volte può curarti. Altre volte può distruggerti, altre volte ancora può creare dipendenza. Perché alla fine chi non vuole essere amato?

Ma non è un sentimento facile da provare, quando il tuo cuore inizia ad abituarsi a quelle emozioni, quando il tuo cervello è assuefatto da quella felicità estrema, tutto ti sembra essere perfetto. Ecco che però esiste l'altra faccia della medaglia, esiste il dolore, esiste la perdita, esiste l'apatia da abbandono. Tutte cose che però non ho provato io, no, le sta provando lei.

La vedo adesso, mentre guarda assorta con occhi assenti e vuoti il mondo che la circonda. Il mondo che io stesso ho distrutto. Credevo di fare del bene, credevo di renderla felice ed invece eccola, con tre taglie in meno, con la fronte corrugata e gli occhi perennemente prossimi al pianto.

L'ho distrutta e, anche se un tempo pensavo di fare qualcosa per lei, ora mi rendo conto dell'errore

Il passamontagna mi prude il viso, e il giubbotto nero mi fa sentire ingolfato. Ma niente mi farà spostare da qui, mentre la guardo fuori dal capannone dove ci siamo visti l'ultima volta

Eccola lì, la lacrima che non avrei mai voluto vedere, come preludio di un imminente crollo. Ecco le altre, che in silenzio seguono il percorso intrapreso dalla prima. Non singhiozza, non urla, non si dimena, semplicemente piange. Come se tutto quel dolore in qualche modo debba uscire. Quel dolore che le ho provocato io

La osservo, ho capito perfettamente cosa ha combinato in questi due anni e il solo pensiero che tutto il suo dolore sia dovuto alle mie azioni sconsiderate, mi fa star male come un bambino. La vorrei toccare, stringere, baciare. Ma so che se mi vedesse, forse non riuscirebbe a sopportarlo.

E allora sono qui, a guardarla da lontano, mentre mi autoconvinco che lei stia meglio senza di me.

"Perché sei qui?" neanche mi accorgo del fatto che mi sono esposto per guardarla meglio, neanche mi accorgo della sua posa di difesa ma di decisione. la sua voce, dio quanto mi era mancata. Quasi non faccio caso al suo tono arrabbiato o al suo sguardo vuoto

"Come scusa?" dico stranito, non avevo mai sentito questo suo tono, neanche quando si era scontrata con George

"Questo posto è mio, sei pregato di andartene" la sua postura è rigida, le sue mani sono sul telefono, probabilmente per chiamare John

John, cazzo quanto è diventato protettivo nei suoi confronti

Per colpa tua

So che se non me ne fossi mai andato, le cose non sarebbero andate così. Però ero certo che la vita che conduceva con me fosse sbagliata, poteva morire quel giorno. Anche se, vedendola ora, con gli occhi non più verdi ma grigi, con il colore spento dei capelli, non sono più convinto delle mie idee

"No" dico secco. Non voglio lasciarla, non ora che sto cercando di riavvicinarmi a lei. Non ora che è così vicina al mio corpo e al mio cuore, che ancora batte forte per lei.

In una piccola frazione di tempo, prende il telefono e chiama John

Cerco di avvicinarmi, per quanto mi sia permesso. Ho notato che ora, ancor di più, odia il contatto.

"Non ti avvicinare" dice lei impaurita ma allo stesso tempo determinata. Voleva che me ne andassi. Ma come poteva capire che io desideravo toccarla, baciarla, amarla ancora una volta. Che mi sento un idiota per tutto quello che le ho causato, che vorrei solo risentire le sue mani sul mio petto ancora una volta.

Il mio problema, però, è che quando mi arrabbio o mi sento sotto pressione non ragiono sulle cose e subito noto l'errore fatto

"Piccola aspetta" dico senza pensarci. Un tonfo mi fa capire che ha lasciato che il telefono cadesse per terra. I suoi occhi si spalancano e le sue labbra tremano.

Cerco di avvicinarmi ma lei inizia a indietreggiare

"Camelia no aspetta" dico agitato, non rendendomi conto dell'ennesimo errore, ho esposto il braccio pieno di tatuaggi, gli stessi che amava guardare, che amava accarezzare per delineare i contorno. Gli stesi che amava baciare e posare la guancia, ridendo come se nulla potesse ferirla, come se io non potessi ferirla.

Quando rialza lo sguardo rimango sconvolto da quello che ci trovo al suo interno. Non c'è rabbia, non c'è dolore, non c'è amore non c'è tristezza. È solo potente, furente, nitido odio

Le sue mani non tremano più, le sue pupille si stringono, il suo labbro rimane fermo e le sue gote iniziano a perdere colore.

In un attimo non mi accorgo dell'enorme urlo che riecheggia nello spazio intorno a noi e poi la sua corsa. La sua corsa che non riesco né a prevedere né a fermare

"Camelia aspetta" urlo cercando di inseguirla, ma lei sale in macchina e parte a tutto gas verso non so dove

Nel panico chiamo John, ma non mi risponde. Riprovo fino all'esaurimento ma niente. Decido di mandargli un messaggio spiegando che si tratti di Camelia

"Che succede" dice John dall'altra parte della cornetta

"È successo un casino John" dico agitandomi, non capendo ancora cosa fosse realmente successo dato che è stato tutto così veloce

"Che cazzo hai fatto Stephen" dice lui incazzato e non immagino come reagirà ora

"Lei mi ha riconosciuto"

Il silenzio mi fa quasi compagnia per i tre minuti seguenti. Dico quasi perché un "ti ammazzo" detto ripetutamente e sussurrato, fa da sottofondo a questo silenzio

"Dove è andata?" dice lui cercando di restare calmo, nonostante continuasse a ripetere ti ammazzo

"Non lo so, ha preso la macchina ed è sparita"

"Era al capannone vero?"

"Si"

"Arrivo"

Inizio a pensare agli scenari più brutti, cosa può portare a fare uno shock del genere? Cosa farà adesso sapendo che non sono morto ma l'ho abbandonata? Che tutto quello in cui lei ha creduto negli ultimi anni era semplicemente una menzogna. Che ero qui, a due passi dal cuore distrutto, che l'ho vista il giorno del mio funerale, e i giorni a seguire sulla mia tomba, in realtà priva di un corpo da ricordare, da piangere, da amare.

I miei pensieri vennero fermati dall'arrivo di John

"John ti posso spiegare" dico cercando di calmarlo. Chi avrebbe mai pensato che un proiettile mi avrebbe sfiorato il braccio. Sposto lo sguardo e vedo Derek con ancora la mano alzata che regge la pistola. Il suo sguardo non ha più nulla del ragazzino che ho lasciato due anni fa. Lo stesso ragazzino pronto però a proteggere Camelia, come se fosse sua sorella.

Anche John ha una pistola in mano, ma non la rivolge verso di me.

"Tu, piccolo bastardo. Se le succede qualcosa giuro che il prossimo proiettile ti attraverserà il cranio" dice Derek incazzato, con la mano che trema dalla rabbia. Io però non sono mai stato un ragazzo tranquillo e quindi, con disinvoltura, esco la mia pistola e gliela punto. So che tutto questo è così fottutamente sbagliato, che nulla sta andando come avevo pensato.

"Smettetela. Camelia è da sola, sconvolta, a quest'ora della notte. Nessuno di voi due è importante, non me ne frega un cazzo di quello che provate. Troviamo Camelia" dice John scuro in volto.

"Andiamo" dico abbassando la pistola

Ti troveremo amore mio, perdonami

Piccole mie ciambelle, non sono sparita o forse un pochino si. Ma ultimamente le mie emozioni sono troppo cangianti per permettermi di scrivere. Non vi preoccupate però, voi siete nella mia mente sempre. Cosa pensate del capitolo e soprattutto, cosa pensate che succederà nel prossimo? Ditemi cosa ne pensate. Un bacione gigante, la vostra ciambella

My anchor - Sequel di Disorder Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora