Venti

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20.


Quando mi svegliai sentii la testa girarmi, come se vi fossero dei mattoni pesanti all'interno. Aprii gli occhi guardandomi intorno, trovando mio fratello alla mia sinistra, profondamente addormentato. L'orologio al centro della parete segnava l'una e un quarto. In quel momento gli eventi di quella sera mi tornarono in mente, e non potei fare a meno di rabbrividire. Se Dan non avesse buttato giù la porta, se fosse arrivato un minuto più tardi, io sarei morta.
E non sapevo se prendere questo come un bene o come un male, sapevo solo che in quel momento non avevo la forza di fare nulla. Era un po' come se sulla Terra fosse rimasto solo il mio corpo, il resto non c'era più.

Non sarei mai più riuscita a tornare come prima, con la stessa grinta, la stessa gioia e la stessa voglia di vivere, sarei rimasta difettosa per sempre, immersa nei ricordi.
Come potevo dimenticarmi tutto? Non potevo, e sinceramente non lo volevo nemmeno. Ancora non riuscivo a realizzare ciò che era successo, non credevo al fatto che Justin avesse abbandonato quel pianeta.

Mi aspettavo il suono del mio cellulare, o un suo messaggio stupido che mi avrebbe fatto ridere o arrossire.

Mi aspettavo il suo sorriso la mattina, mi aspettavo i nostri incontri dopo la scuola, nell'ala più nascosta per non farci scoprire.

Mi aspettavo le nostre litigate, i miei pianti, e i suoi modi sempre originali e speciali per farsi perdonare.

Ma non ci sarebbe stato più nulla di tutto questo, per me non ci sarebbe stato più nulla.

Mi alzai con molta calma, muovendomi lentamente con chissà quale forza per dirigermi verso la cucina e prendere un bicchiere d'acqua, ma la mia attenzione fu catturata da una BMW nera metallizzata ferma proprio davanti al cancello di casa mia.

Trattenni il fiato, cercando di convincermi che fosse solo una coincidenza, ma la paura prese la meglio quando il finestrino si abbassò, e una mano venne sventolata in aria come un segno di saluto.

Feci un passo indietro portandomi una mano alla bocca.

Magari erano loro, erano venuti a vendicarsi per quello che mio fratello aveva fatto, e volevano massacrarci per poi ucciderci.
Se era così gli avrei aperto la porta all'istante, ne valeva davvero la pena.

Dopo qualche minuto di silenzio la mano tornò a farsi vedere, e mi fece cenno di uscire fuori per andare lì. Mi morsi il labbro indecisa.
Ma alla fine cosa avevo da perdere?
Guardai verso mio fratello, che ancora dormiva profondamente, così presi un respiro ed uscii silenziosamente da casa prima di aprire il cancello e ritrovarmi in quella strada deserta e buia.

Lo sportello della macchina si aprì, e ne uscì fuori Chaz, che appena mi vide sorrise.

Quando mi toccò il braccio feci una smorfia indietreggiando.

Come poteva essere di buon umore? Perché non stava piangendo, perché non sembrava distrutto almeno la metà di quanto lo ero io? Era il suo migliore amico, non potevo pensare che fosse già andato avanti dimenticando tutto.
Non volevo crederci.

Mi guardò confuso, ma si riprese subito -Ehi, allora vieni?- chiese allegramente indicando la sua macchina, come se avessimo programmato un'uscita.
-Dove?- domandai a bassa voce, ancora tremolante per tutte quelle ore di pianto.

Lui sembrò leggermente spaesato -Da Justin- rispose tentando un sorriso timido.
Scossi la testa -non me la sento Chaz, non so' se riuscirei a non piangere o urlare. - risposi sinceramente sentendo gli occhi pizzicare.
Trattenni le lacrime, avrei potuto sfogarmi dopo.

-Che cosa stai dicendo Ellen? Justin ti sta aspettando, e fa freddo, quindi muoviamoci!- insistette prendendo una mia mano prima di tirarmi nuovamente verso la macchina.
Mi liberai dalla sua pesa, sentendomi improvvisamente ferita e presa in giro.

Justin Bieber is FrostDove le storie prendono vita. Scoprilo ora