Ventotto

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28.

Tenni la pistola ben salda, cercando di svuotare la mia mente. Non dovevo guardarlo negli occhi, non dovevo pensare a quello che avrei fatto di lì a poco.
Le mie mani tremavano, riuscivo a sentire il mio cuore accelerare i battiti incontrollatamente.

Avevo il coltello dalla parte del manico ora, eppure non potevo fare a meno di sentirmi fragile, vulnerabile.

Guardai mio fratello a terra, che mi osservava con rassegnazione, tentando evidentemente di non lasciar trasparire alcuna emozione. Per questo eravamo uguali, nessuno dei due avrebbe mai dimostrato di aver paura, sapevo che preferiva morire piuttosto che pregarmi di lasciarlo vivere.

Oltre a questo eravamo completamente diversi, o almeno lo speravo.
se avessi premuto il grilletto della pistola lo avrei ucciso, non ci sarebbero state più due bande a dominare in città, tutto sarebbe finito lasciando Stratford nelle mani di Justin.
Dan mi avrebbe ucciso senza esitare se avesse avuto in mano la pistola che ora stringevo io, e dopo avrebbe approfittato della fragilità di Justin per fare fuori anche lui, appropriandosi di tutto il potere.
A lui non gli importava minimante di me, e io invece stavo lì a combattere su ciò che dovessi fare.
Chiusi gli occhi prendendo un respiro profondo, prima di stringere ulteriormente la pistola.
Contai mentalmente fino a venti, per poi riaprire gli occhi che sperai fossero privi di qualsiasi emozione. Solo in quel momento incrociai il suo sguardo, e potei scorgere tristezza, dolore, e forse anche qualcos'altro.
Possibile che si fosse pentito?
Scacciai subito il pensiero. Lui non si scusava mai, se faceva qualcosa era perché riteneva fosse giusta. Mi aveva dato della troia, aveva alzato le mani su di me rinnegandomi, mi aveva spezzato il cuore. Tutto quello che dovevo fare era premere quel dannato grilletto, poi tutto sarebbe finito e avrei avuto la mia vendetta, anche con Fleur. Lei avrebbe vissuto quello che avevo passato io per colpa sua, avrebbe finalmente capito cosa significa perdere la persona che si ama.
Ma stavolta Dan non sarebbe tornato, sarebbe rimasto a bruciare all'Inferno, posto in cui probabilmente sarei andata io successivamente, raggiungendolo.
A sua differenza, però, avevo le mie buone ragioni per ucciderlo.
Dovevo farlo, per Justin, per me, per tutte le volte in cui avevo dovuto subire senza poter fare niente.
Strizzai gli occhi, avanzando di qualche passo prima di puntare la pistola al suo cuore.

Nel magazzino regnava il silenzio, una tensione che avvolgeva tutto lo spazio circostante.
Non vi era alcuna sfumatura, era tutto di un nero soffocante.
Era come un film messo in pausa, che aspettava di riprendere il suo corso per mostrare agli spettatori il seguito della storia.

Adesso avevo io l'opportunità di continuarla, e tutto quello che feci ere buttare la pistola a terra.

Senza neanche rendermene conto iniziai a piangere silenziosamente.
Quando alzai nuovamente lo sguardo su Dan lo trovai ancora a terra, immobile mentre mi fissava con un'espressione indecifrabile.

Perché non si alzava? Perché non andava a prendere la pistola? Perché non ne approfittava per uccidermi? Era tutto un turbine di domande, ma sapevo che dovevano rimanere lì nella mia mente.

Lo odiavo con tutto il cuore, e non solo per quello che mi aveva fatto, lo odiavo per il semplice motivo che non riuscivo a dimenticarmi di tutte le volte in cui lui era stato il mio eroe, di tutte le volte in cui piangevo perché volevo mia madre, mio padre, e lui era stato lì ad abbracciarmi e farmi ridere.

Non riuscivo a scordarmi quando da piccola piangevo durante i temporali, e lui veniva nel mio letto e si metteva a raccontarmi la storia di una principessa di nome Ellen che veniva salvata da un principe azzurro, che la portava in un grande castello per vivere insieme felici e contenti.
Ma la mia vita non era stata così, non ero di certo una principessa, ero una criminale.
Avevo sempre amato la mia vita, l'essere quel che ero, disprezzavo tutte quelle ragazze ordinarie che sembravano essere state stampate da un modello comune.
Spesso la gente si chiedeva per quale motivo io e mio fratello avessimo scelto quella vita. Tutti gli altri avevano una storia drammatica alle spalle, un motivo che gli aveva spinti a diventare dei falliti della vita proprio come lo ero io.

Justin Bieber is FrostDove le storie prendono vita. Scoprilo ora