42-Te lo sei scelto, saprai com'è fatto

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-Michi ma te sei sicuro che funziona?

-Oh, Margherì, te fidi de me?

-Si, ma...

-Ma niente. Fai come t'ho detto. Tanto se qualcosa va storto ce pensiamo noi, lo sai.

-Se qualcosa va storto, a sto giro prendo e me ne vado io, già te avverto.

-Ssh, non dì ste cose mo, pensa a sta' tranquilla.

-Michi non è che ogni volta che c'abbiamo un problema potete stare voi a sistemare la situazione! Non è che siamo due ragazzini, anzi, Ale ha 27 anni, dovrebbe saper gestire le sue reazioni. 

-Lo so Marghe, ma quello è scemo. Te lo sei scelto te, lo saprai com'è fatto, no?

-Ho capito, ma non è che manco posso sta' così. Immagina quando succederà, che facciamo? Io non è che posso stare a gestire pure le sue crisi. 

-Lì capirà che se deve da na calmata e pensa' a fatte sta tranquilla. Altrimenti glielo facciamo capì noi.

-Michi non è questo il punto.

-Tu damme retta pe' na volta Margherì. Devi sta' tranquilla. 

-Vabbè, adesso vado, preparo qualcosa per cena.

-Poi famme sape'.  Buona fortuna.

Riaggancio la conversazione con Michele, posando il telefono sul bancone della cucina. Ho la testa che scoppia, lo stomaco in subbuglio, e il cuore in gola per l'agitazione. Ormai è una settimana che Michi prova a suggerirmi piani improbabili per raccontare tutto ad Ale. 

Dopo averne scartati circa centocinquanta, e averne formulati altrettanti, siamo giunti alla conclusione che sederci a parlarne dopo cena sarebbe stata l'unica opzione sensata. 

Alessio arriva dopo circa un'oretta, stremato dal lavoro. Sento la chiave girare nella serratura e scatto su come una molla, precipitandomi in corridoio. Alza lo sguardo verso di me, rivolgendomi un sorriso stanco. 

"Ciao amore" mi saluta piano, togliendosi la giacca e posandola sull'appendiabiti. 

"Com'è andata oggi?" gli chiedo, stringendolo a me. 

"Bene, stiamo preparando tutto, la prossima settimana inizia il programma" risponde, accarezzandomi i capelli prima di darmi un bacio. 

"Mangiamo? Muoio di fame" sussurra, prima di separarsi da me. 

Si dirige in cucina, lasciandomi indietro un po'. Prendo un profondo respiro, dando un'occhiata alla cartelletta bianca posata sul mobile dell'ingresso. Anche se ormai è passata più di una settimana, non l'ho più riaperta. Non prima di parlarne con Ale. 

"Marghe? Tutto ok?" mi richiama lui dall'altra stanza, non vedendomi arrivare. 

"Si eccomi Ale, mangiamo dai" esclamo, cercando di nascondere la voce che mi trema. 

Ceniamo in silenzio, più che altro perchè sono concentrata sul discorso che devo fargli. 

"Insomma, si può sapere che hai?" salta su lui all'improvviso, facendomi sobbalzare. 

"Eh?" faccio la vaga, per calmarmi lo stomaco che balla la macarena. 

"Marghe non hai detto mezza parola. Sono un paio di settimane ormai che sei strana. All'inizio credevo fosse l'influenza, ma ora inizio a pensare che ci sia qualcosa che non va davvero. Che c'è?" sbotta, fissandomi arrabbiato. 

"Allora Ale, innanzitutto calmati. Già non è semplice, se ti ci metti pure tu con questo atteggiamento..." 

"Vedi che ho ragione? Che è successo, ti sei pentita di essere venuta a vivere con me?" chiede, rivolgendomi uno sguardo indecifrabile. Ci metto un po' a capire che è spaventato. Tutta l'ansia scompare, e senza dire nulla sposto leggermente la sedia, prendendogli il viso con le mani, costringendolo a guardarmi. 

"Ma sei cretino? No che non me ne sono pentita, ma come ti viene in mente?" lo rassicuro, guardandolo negli occhi. Sento il suo corpo rilassarsi, mentre posa le sue mani sulle mie. 

"Sicura?" domanda, con un fare timoroso che mi scioglie il cuore. 

"Sicurissima. Mi farai diventare scema tu" lo schernisco, strofinando la punta del mio naso contro il suo. 

"Ormai sono quattro anni che sono diventato scemo per colpa tua, di che ti lamenti?" ribatte, baciandomi. 

Mi stringe forte a se, costringendomi ad alzarmi dalla sedia. Prima che io possa rendermene conto, mi ha già sfilato la camicia, gettandola sul pavimento. Senza dire nulla mi trascina sul divano, continuando a baciarmi. Si spoglia in tre secondi netti, sdraiandosi su di me dopo avermi sfilato lentamente i pantaloni della tuta. Dentro di me so perfettamente che non è affatto una buona idea. Però appena mi sfiora perdo la testa, e proprio non riesco a dirgli di no. 

Gli circondo il collo con le braccia, mentre lui entra piano dentro di me, prima di guardarmi intensamente negli occhi. 

"Ti amo, lo sai?" sussurro, con un vago senso di colpa nel petto. 

"Anche io" mormora lui, baciandomi mentre inizia a spingere. 


Mi risveglio indolenzita, sollevandomi dal divano. 'Ma che ora è?'mi domando, guardandomi intorno alla ricerca del telefono. Mezzanotte e un quarto. 

"Ale, svegliati su" lo richiamo, scuotendolo dolcemente. 

"Eh? Che succede?" biascica lui, aprendo gli occhi. 

"Mezzanotte e un quarto Ale...ci siamo addormentati" gli spiego, lasciandogli un bacio sulla fronte, prima di alzarmi e infilare in fretta la mia camicia e la biancheria. 

"Marghe?" mi chiama lui, mentre si infila le mutande ancora seduto sul divano. 

"Si?" 

"Che dovevi dirmi?"  

'Cazzo'. Mi volto lentamente verso di lui, il cuore che batte all'impazzata. Ora o mai più.

"Allora" dico piano, andando a sedermi accanto a lui. 

"Ti ricordi che la settimana scorsa ti ho detto che ero in studio di registrazione?" 

"Si, la sera che siamo usciti con gli altri".

"Si...beh, ecco, era una bugia. Non ero in studio".

"Ah. E dove eri?"

Cerco di ignorare la sua espressione, ferita dalla mia bugia. Sospiro e mi alzo, andando a prendere la cartellina. Gliela porgo deglutendo con ansia, cercando di mandare giù il nodo che ho alla gola. 

"Che è?" sbotta, senza neanche aprirla. 

"Guarda dentro" rispondo con un filo di voce. Potrei tranquillamente svenire seduta stante. 

Rimango in piedi di fronte a lui, a fissarlo, mentre apre quella benedetta cartella e ne estrae i primi fogli, studiandoli con attenzione. Poi, mentre legge, sbarra gli occhi, e alza lo sguardo verso di me. 

"Che significa?" chiede, senza voce anche lui. 

Non so esattamente cosa dirgli, quindi mi limito a sospirare e alzare le spalle. 'Se non mi viene un infarto ora, non mi verrà mai più'.

"Sei incinta?" capisco tramite il suo labiale. La sua voce è ridotta a un sibilo leggerissimo. 

Mi inginocchio, arrivando con il viso all'altezza del suo. Mi guarda attonito, in attesa di una mia risposta. Tremando da capo a piedi, gli prendo per la seconda volta nella stessa sera in visto tra le mani, obbligandolo a guardarmi. E, senza dire nulla, annuisco. 

Basta che mi guardi - Amici Speciali|Alessio GaudinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora