43-Sono terrorizzata

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"Ale? Ci sei?" sussurro, voltandomi a guardarlo. Ormai è quasi un'ora che fissa il vuoto, totalmente assente. 

"Ale?" insisto, alzandomi e sedendomi sul pavimento, di fronte a lui, cercando di ignorare il giramento di testa. 

"Puoi dire qualcosa, per favore?" chiedo, posando le mani sulle sue ginocchia.

Alza lo sguardo per la prima volta. I suoi occhi sono completamente privi di espressione, grigi, spenti. Apre la bocca, per poi richiuderla, scuotendo la testa. 

"Io...ehm....non...non capisco" riesce finalmente a dire. Gli lancio un'occhiata interrogativa. Cos'è che non riesce a capire?

"Da quanto tempo lo sai?" domanda, il suo sguardo indugia su di me, con fare sospetto. 

Prendo un profondo respiro. Sapevo che sarebbe andato a parare lì.

"Da un paio...un paio di settimane. Quando ho fatto la visita la dottoressa ha detto che ero entrata da qualche giorno nel secondo mese" gli spiego, torturandomi le mani per l'agitazione. 

"Due....due mesi. Due mesi" ripete, alzandosi di scatto dal divano e iniziando a camminare in cerchio per la stanza. 

Mi alzo in piedi, cercando di attirare la sua attenzione. 

"Lo so che è strano, anche io all'inizio ero spaventata, ma..." provo a dire.

"Strano? È una catastrofe Marghe. Una catastrofe. Hai idea di cosa succederà alle nostre vite? Stiamo insieme da tre secondi. Da tre cazzo di secondi. E ora mi ritrovo intrappolato in questa situazione assurda" sbotta lui, interrompendomi. 

"Alessio ti prego, calmati, lo so che è difficile..queste settimane sono state un inferno per me, la mattina non riesco nemmeno a reggermi in piedi perchè le nausee sono fortissime. Non sai quanto avrei avuto bisogno di te" rispondo, cercando di contrastare le lacrime. 'Intrappolato in una situazione assurda' ha detto. Il solo pensarci è estremamente doloroso. 

Ormai è palese che non mi stia nemmeno ascoltando. Cammina in tondo per la stanza, bofonchiando parole senza senso. 

Ad un tratto si ferma, e, senza dire nulla, va verso il corridoio. Sento il rumore delle chiavi e poi la porta sbattere. Se n'è andato, di nuovo. 

Mi accascio sul divano, le lacrime ormai scorrono fitte senza alcun controllo. Ho sbagliato tutto, tutto. 

Resto così, rannicchiata in posizione fetale per un tempo che mi sembra infinito, finchè, esausta e con gli occhi gonfi per il pianto, mi addormento. 


Un rumore insolito mi sveglia, il mio cuore fa un balzo di speranza. Qualcuno ha aperto la porta, con le chiavi. 

"Ale?" chiamo, scattando su. Ignoro ancora il giramento fortissimo di testa, e barcollando mi dirigo verso il corridoio. 

"No Marghe...sono io" sento dire dalla voce preoccupata di Michele. Lo vedo comparire di fronte a me, con un'espressione strana in volto. 

"Ah, ciao" riesco a dire, senza neanche impegnarmi a mascherare la delusione. La testa mi gira in maniera assurda, e automaticamente corro dritta in bagno, facendo appena in tempo a sollevare la tavoletta.

 'Maledette nausee' impreco mentalmente, ripulendomi la bocca. 

"Marghe? Tutto ok? Posso entrare?" chiede Michele fuori dalla porta. 

"Si vieni Michi" rispondo solo, sciacquandomi il viso. Ho un colorito praticamente verde. Perfetto. 

"Come va?" domanda Michele, entrando in bagno e posandomi la mano sulla spalla. 

"Che ci fai qua?" ribatto io, scostandomi i capelli dal viso. 

Michele sospira, guardandomi con aria colpevole. 

"Ti ha mandato lui?"

Annuisce, e senza dire nulla, mi abbraccia. Mi aggrappo alla sua maglietta, cercando invano di trattenere ancora le lacrime. 

"Che è successo?" riesco a dire finalmente dopo cinque minuti buoni, liberando Michi dalla mia stretta.

"Andiamo di là, te faccio un thè e te racconto" dice, prendendomi per mano e trascinandomi in cucina. Mi costringe letteralmente a sedermi, mentre si mette a trafficare con il bollitore. 

"Mi racconti che è successo?" ripeto, con insistenza. 

Michele si volta a guardarmi, sospirando. 

"Allora, è andato da Fabri stanotte. Non so de preciso che gli ha detto, però insomma, gli ha detto de te...e stamattina m'ha chiamato pure a me, e m'ha chiesto de passa' a prende le chiavi pe' venì a vede' come stavi" mi spiega, porgendomi la tazza di te. Lo fisso per qualche istante, cercando di assorbire l'impatto delle sue parole. 

"Che dovrei fare io secondo te, ora?" 

"Non lo so Margheri', davero. Stamattina quando l'ho visto me pareva 'n fantasma, Fabri ha detto che non ha chiuso occhio stanotte. Io penso che voleva torna', però se la sta a fa' sotto. Anche perchè sa che ha sbagliato ad andarsene, di nuovo". 

"Michi io non ce la posso fare così. Ogni volta che c'è un problema, prende e se ne va, lasciandomi sola. Io non posso stare sempre così, ogni due secondi ho il vuoto sotto ai piedi. E io ci dovrei anche fare un figlio con lui? Sulla base di cosa?" sbotto, mentre Michele si siede accanto a me. Mi guarda senza dire nulla, afferrandomi dolcemente la mano e stringendola. 

"Marghe, io non so che di', davvero. Ha solo bisogno di tempo secondo me, è solo spaventato..."prova a dire. 

"Ha bisogno di tempo? Spaventato? E io, Michi? Secondo te io non sono terrorizzata? Secondo te anche io non avrei avuto bisogno di un po' di tempo per processare la cosa? E invece no, mi sono trovata catapultata in questa cosa e ho dovuto abituarmici in fretta, da sola. Ogni mattina sto qui, con lo stomaco che mi si contorce, la testa che mi gira, e le nausee che mi costringono a vomitare ogni ora quando mi va bene. Ed è lui che ha bisogno di essere compreso? Che ha bisogno di tempo? E io, non ho bisogno di una mano? Non ho bisogno di lui? Ovviamente no, io mi arrangio da sola, perchè lui è troppo occupato a fare il ragazzino per pensare che forse, ad essere 'intrappolata in una situazione assurda' ci sono soprattutto io!" continuo, sfogando finalmente tutta la mia rabbia. 

Michele non mi risponde, continuando ad accarezzarmi la mano, con fare comprensivo. Lo guardo, ma prima che io possa dire qualsiasi cosa, lo stomaco mi si rivolta di nuovo, e scatto come una molla in bagno, inginocchiandomi accanto alla tazza. Sento dei passi dietro di me e percepisco le mani di Michele posarmisi sulla fronte e tirarmi dietro i capelli, per aiutarmi. 

Mi accascio per terra, esausta, con Michele che mi sorregge le spalle, stringendole per darmi forza. 

Ci guardiamo negli occhi per qualche istante, e improvvisamente, una consapevolezza mi appare chiara e netta nella mente. Non posso farcela da sola. Non adesso. Non qui. 

"Michi...io me ne torno a Milano" sussurro, prima di rifugiarmi con la testa sul suo petto. 

Basta che mi guardi - Amici Speciali|Alessio GaudinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora