CAPITOLO 1

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Eren Jaeger

Sono stufo.

Questa casa è perennemente vuota, troppo silenziosa, troppo malinconica.
Se non fosse per il fatto che vado a scuola, questa casa sarebbe invivibile. Non che mi lamenti della casa in sé, mio padre è un ricco imprenditore e i soldi per avere la casa dei suoi sogni li ha, ma è troppo grande, troppo vuota, qualche mobile costoso ed io non bastiamo per riempire i vuoti, non più.

Essendo, mio padre, un imprenditore di fama mondiale, è sempre in giro, il tempo per stare con me in questa casa non lo trova praticamente mai, e quando lo trova passa più tempo a letto per la stanchezza che con me.
Ma in realtà è anche meglio così, io e mio padre non andiamo molto d'accordo.
Non posso perdonarlo per quel che mi ha fatto solo perché non era lucido o perché non lo ricorda, io ero lucido e non posso dimenticarlo.
Nemmeno mia madre, anche lei una famosa imprenditrice, ha potuto dimenticarlo; infatti lei ha preferito andarsene, e avrebbe portato con sé anche me, se solo mio padre non si fosse opposto con tutte le sue forze; la sua reputazione era più importante, ovviamente. Ha vinto il mio affidamento solo perché il giudice ha ricevuto una busta piena di soldi. Un giudice corrotto ha aggiunto ulteriore merda alla mia, già invivibile, vita di merda. Mia madre è andata a vivere in Svizzera e ora ha una nuova fidanzata. Vivono felici insieme, ha trovato una compagna fantastica. È stata fortunata, spero un giorno di poter andare a vivere con loro, non voglio più vivere con mio padre.

L'unica cosa positiva del fatto che mio padre torni per due/tre giorni ogni tre mesi è che ho potuto licenziare le donne delle pulizie.
Per carità, avrebbero potuto moderare la solitudine di questa casa, ma ho sempre adorato fare le pulizie come dico io, loro hanno sempre fatto casino, così ho deciso di prendermi io cura il della casa, è rilassante ascoltare la musica mentre lavo casa, mi aiuta a passare il tempo senza farmi venire la malinconia.

Vista la solitudine che provo in questa casa, mi impegno molto nello studio. Faccio il liceo scientifico, indirizzo tradizionale, quello con il latino, e sono in terza. Molti la ritengono una delle scuole più difficili, ma non è poi così difficile se ci si impegna al massimo nello studio e nell'attenzione in classe. Sono uno studente modello infatti, il primo della classe, ottimi voti in tutte le materie, nessuna insufficienza e nessun richiamo, sono un esempio da seguire diciamo. Non vorrei essere così bravo, non ho amici per via di questo, non nella mia classe almeno. Ho solo false conoscenze che mi chiedono i compiti quando conviene. Meglio così, non ho bisogno di amici, non devo preoccuparmi di ferire i sentimenti di nessuno in nessuna maniera. Non devo spiegare a nessuno il motivo delle mie cicatrici, o del motivo per cui spesso sono all'ospedale.
In realtà è una bugia, ho un migliore amico, solo che non viene nella mia stessa scuola, quindi non possiamo vederci spesso. Lo conosco da quando ero bambino, si chiama Armin, è un nanetto biondo dagli occhi color cielo ed un cuore enorme. Diciamo che lui è l'unico motivo per cui quando sto male finisco all'ospedale e non all'obitorio. Mi è sempre stato vicino, come io sono sempre stato vicino a lui, nei momenti più difficili.
Ora che ci penso, sono ormai tre settimane che non lo vedo, chissà come sta. Devo invitarlo ad uscire uno di questi giorni, tanto mi sono già portato avanti con lo studio, per fortuna.
Mentre gli scrivo un messaggio per invitarlo ad uscire domani o dopodomani, noto una modifica che ha fatto al suo profilo. Ora, come foto profilo, ha un selfie che ci siamo scattati qualche mese fa quando siamo andati insieme al luna park. Lui, biondo e occhi color del cielo, ha un sorriso a trentadue denti stampato sul volto; mentre io, capelli color cacao e occhi verde smeraldo, gli sto sporcando il viso con del cioccolato, se non ricordo male, e come lui, anch'io ho un sorriso pieno in volto. Quella giornata è indimenticabile, mi riempie il cuore di gioia sapere che se la ricorda che lui: mi manca.

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