CAPITOLO 33

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eren's pov

-in effetti si. Forza racconta.- sento dire a bassa voce dal mio amico che è appoggiato con la testa sulle mie gambe e le braccia legate attorno al mio busto.
È così carino, mi mancava così tanto.

-innanzitutto, volevo chiedervi scusa. Mi dispiace di essere sparito così all'improvviso e avervi fatto preoccupare come dei dannati per nulla. Però, giuro che ho una spiegazione valida per questa mia sparizione.- dico, abbassando lo sguardo sul mio amico e accarezzandogli i capelli mentre gli sorrido. -però mi devi promettere che non ti arrabbierai ok? Né con me né con nessun altro. Promesso?- gli chiedo, accarezzandogli una guancia.

-non mi sono arrabbiata io quindi puoi riuscirci anche tu ok? Però Eren, devi dirglielo con calma, non come lo hai detto a me.- dice mia madre ridacchiando.

-p..promesso.- mi dice Armin e io gli lascio un bacetto sulla fronte prima di continuare ad accarezzargli i capelli mentre inizio a parlare.

-il giorno in cui siamo andati a trovare Mikasa al cimitero stavo poco bene, quindi non ero al mio massimo. Quando sono arrivato a casa non mi sono reso conto che ci fossero tre persone in casa con me e quando ho abbassato la guardia mi hanno preso e mi hanno fatto addormentare. Mi hanno portato al capannone, tu sai quale no?- chiedo ad Armin.

-quello delle medie?- chiede, facendomi annuire.

-esatto. Mi hanno portato lì. Quando mi sono svegliato mi sembrava famigliare il posto, infatti quando i miei occhi hanno fatto l'abitudine al buio ho capito di essere nel capannone più piccolo, quello dove è successo quello che sai tu. Ero nel panico, avevo paura che non ti avrei più sentito e che non avrei più potuto fare gli esami e che mi avrebbero espulso oppure bocciato o che so io. In effetti, ora che ci penso, mi sono preoccupato delle cose sbagliate. Mi ricordo che ad un certo punto apre il portone un figurino basso, ma proprio basso.- dico, ridacchiando, vedendo anche mia mamma che ridacchia.

-oh si fidati Armin, è un nano quel ragazzo.- dice mia madre.

-io stavo scrivendo su un quadernino una canzone perché sai che mi aiuta a calmarmi, e quello stronzo me lo ha strappato di mano e mi ha lasciato così, senza nemmeno dirmi qualcosa. No non è vero, mi ha detto che dovevo preoccuparmi perché mi avevano rapito, ma sinceramente non mi importava. Però la mattina dopo mi sono svegliato in un altro posto: hai presente il capannone principale? Dove c'era la sala macchinari? Ecco, era diventata un salone pieno di attrezzi per torturare. E io ero seduto al centro su una sedia scomodissima e non capivo che cosa stesse succedendo. Sta di fatto che mi hanno spiegato di avermi rapito perché volevano dei soldi da mio padre.- faccio una pausa guardando mia madre. -la sera prima mi ero tagliato, quindi quando il nano lo ha visto si è messo a torturarmi i tagli per farmi parlare. Gli ho detto che io e mio padre non avevamo un buon rapporto e lui mi ha lasciato perdere. Ha preso il mio telefono ed è andato a chiamare mio padre ad una cabina telefonica, nel frattempo i due suoi amici che erano con lui hanno provato a stendermi solo che il primo mi ha mancato e si è rotto una nocca contro la sedia di metallo, invece la sua ragazza mi ha steso con un cazzotto.- dico, notando lo sguardo arrabbiato di Armin su di me.

-lo hai fatto di nuovo. Avevi promesso..- dice, di nuovo con le lacrime agli occhi.

-lo so, mi dispiace, ma ora sono pulito, dico davvero. Comunque, per due giorni ha provato a contattare mio padre, io invece ero rinchiuso in quel piccolo capannone senza nemmeno da mangiare o da bere. Quando mio padre ha risposto gli ha detto chiaro e tondo che non avrebbe sborsato un centesimo per riavermi perché era felice di quel che era successo quindi mi sono dovuto adattare a loro. E così li ho aiutati ad entrare a casa di mio padre e rubare tre milioni. Mi hanno anche preso il pc, dei vestiti e i libri così ho potuto studiare e fare gli esami. Alla fine mi ero adattato e quasi non mi dispiaceva essere lì: avevo qualcuno che mi controllava sempre, dovevo fare da mangiare per quattro persone, la ragazza che c'era lì era simpaticissima e abbiamo fatto amicizia quasi subito. Però poi è successo che quel nano scorbutico del cazzo mi abbia.. stuprato. Due volte. E la seconda voglia è stato orribile, ho avuto un attacco di panico che mi ha destabilizzato tantissimo, mi sono tagliato di nuovo per poi essere consolato dalla ragazza con cui avevo fatto amicizia. Da lì mi hanno lasciato più libertà, eravamo quattro coinquilini in pratica, diciamo.- dico, accarezzando le guance di Armin che ormai sono di nuovo un fiume siccome sta piangendo per quello che gli ho detto.

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