Finestre infrante, un po' come le speranze

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La villa era esattamente come Esme se la ricordava: artificiosa e pacchiana.
Il cancello di ferro battuto signoreggiava fulgido e magniloquente sotto i raggi obliqui del sole, mentre il vialetto serpeggiava rosato fra le aiuole puntellate di fiorellini blu.
L'immenso cortile, per quanto lei potesse costatare, era vuoto, così come non si scorgeva alcuna macchina parcheggiata nei dintorni e tutto versava in uno stato di deserta quiete. Non pareva esserci nessuno.
Forse la fortuna era dalla loro parte, rifletté.

"Sei già stata qui?" le domandò a quel punto Samantha.
Esme fece schioccare la lingua e annuì.
"È dove ti sei svegliata?" le chiese allora Alexander, intento a scandagliare la struttura con diffidenza, strofinandosi pensieroso una mano sul braccio.
Esme concordò nuovamente, iniziando ad avvicinarsi alla cancellata. Il viburno lì vicino era ammantato di grappoli di fiori bianchi che emanavano una flebile puzza ed erano attorniati da sciami di api ronzanti.

"Scusa una cosa," si intromise brusco Felix ,"Mi stai facendo intendere che tu ti sei svegliata in una reggia e io fra l'immondizia?"
La ragazza scrollò le spalle con noncuranza e represse il sorriso divertito in procinto di affiorarle in volto. Non ci teneva a farsi capro espiatorio della foga bellicosa del compagno, che nel mentre aveva preso a borbottare aspre lamentele a mezza voce e a conficcare a più riprese il tallone nella terra morbida.

Dopodiché Esme si schiarì la gola, indicò la grossa serratura del cancello e picchiò un unghia sul rilievo del solito sciocco tridente.
Quando Samantha aveva detto di averlo visto altre volte le era tornato in mente. Non poteva essere una coincidenza, di solito non c'è nulla che lo sia, di questo Esme era sicura.
Quel simbolo doveva pur indicare qualcosa e lei aveva già escluso l'ipotesi che si potesse banalmente trattare dello stemma del paese: non c'erano bandiere, gadget, indicazioni e neppure un sentimento identitario abbastanza acceso da poterlo giustificare.
No, doveva indicare qualcos'altro e il fatto che quella villa fosse l'unico edificio in buono stato le dava ragione di credere che, presumibilmente, qualche pezzo grosso - se non addirittura il responsabile di tutto - si fosse stabilito lì.

"Oh caspita! Ancora quel simbolo!" esclamò Samantha avvicinando il viso all'incisione fino a ritrovarsela ad un palmo dal naso, "Allora siamo qui per trovare risposte?"

"O anche solo un recipiente per trasportare il carburante," farfugliò Alexander, fissando con sempre meno convinzione la proprietà che doveva già intuire avrebbero violato.
Esme mosse la testa in segno di assenso e studiò per bene sia il perimetro della tenuta che il giardino immacolato ed immenso.
Il muretto che aveva la presunzione di proteggerne i confini era sormontato da una bassa recinzione in ferro ben levigato. L'aveva già scavalcata una volta, farlo ancora non sarebbe stato un problema.
Vi si avvicinò risoluta.

"Quindi entriamo così? A muso duro?" sbottò Felix.
Esme si strinse nelle spalle e, di tutta risposta, appoggiò una scarpa sul muretto sdrucciolevole. Facendo presa contro le sbarre ferrose, riuscì ad issarsi sopra e con un fluido movimento di gambe lo scavalcò, atterrando con un tonfo smorzato nel prato. L'odore di erba appena tagliata le punse le narici, facendole arricciare il naso in una promessa di starnuto.
In un battito di ciglia era giunta dall'altra parte e sorrise tronfia ai compagni attraverso il cancello. Come sospettava, era stato un gioco da ragazzi.

"Be', immagino che ci tocchi," sbuffò Felix apprestandosi a compiere la medesima agile mossa di Esme.
Mentre il ragazzo si arrampicava sul muretto e poi sulla recinzione, Alexander e Samantha lo fissavano con aria titubante.
"Caspita, sembra molto pericoloso," valutò quindi la ragazza. Si sistemò gli occhiali e corrucciò le sopracciglia. "Se cado potrebbe venirmi un bel trauma cranico. Sapete, sembra una cosa molto dolorosa da avere."

In quel momento, Felix smontò dalla cancellata con un balzo e giunse a terra a piè pari accanto a Esme. Si pulì le mani sui pantaloni e sollevò il volto con espressione vanagloriosa, che però parve sfumare nel vedere il viso pallido di Alexander.
"In realtà è più facile di quanto sembri, voglio dire se ce l'ho fatta io..." gli fece coraggio. Esme spalleggiò l'amico annuendo con foga.
Alexander continuo a mordicchiarsi il labbro non troppo convinto, tuttavia, dopo qualche tentennamento, anche lui e Samantha si decisero a cimentarsi in quell'impresa.
"Non spiatemi sotto il vestito, però," li avvertì perentoria Samantha.

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