Docce fredde e sole rovente

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Un getto di acqua fredda si abbatté sulla schiena di Esme, per poi sfrigolare sul piatto scheggiato della doccia. La ragazza sentì i muscoli irrigidirsi e si affrettò a regolare la temperatura. 

Se non altro, quello shock termico era servito a svegliarla un po'. Almeno ora non rischiava che gli occhi le si chiudessero senza chiederle prima il permesso.
Non sapeva con precisione che ore fossero, tuttavia stimava che non fosse prima dell'una di notte.
In lavanderia aveva sonnecchiato per quasi tutto il tempo, in posizioni sempre più scomode, e ora sentiva tutto il corpo indolenzito. 

Fece uno sbadiglio così grande che le lacrimarono gli occhi. Nell'intorpidimento causato dal sonno, le fluttuò nella mente l'eterea informazione per cui un essere umano sbadigli circa 220 mila volte nell'arco della vita, per una media di 7-8 volte al giorno. 
Be', lei, solo nell'ultimo quarto d'ora, aveva esaurito gli sbadigli di due giorni.

Prese fra le mani la saponetta scivolosa e iniziò a sfregarsi il corpo. Era al sapone di Marsiglia e faceva poca schiuma.
Buttò anche la testa sotto il getto della doccia. Per fortuna aveva i capelli corti, altrimenti lavarli usando solo quella misera saponetta, già quasi ormai tutta consumata, sarebbe stata un'impresa non da poco.

Era davvero stanca.
Ripensò alla receptionist che doveva essere ancora sveglia nel suo cubicolo stretto e disordinato. Anche quando le erano passate davanti, tornando nella loro stanza dalla lavanderia, quella donna continuava a non palesare alcun tipo di stanchezza. Chissà se le piaceva davvero il suo lavoro, si chiese Esme. Era qualcosa che si domandava spesso quando guardava le altre persone.

Lei non sapeva cosa farsene del suo futuro, tuttavia era certa che avrebbe provato numerosi lavori, prima di scegliersene uno in cui essere ingabbiata per il resto della vita.
Voleva provare quelle professioni che nessun bambino considera mai quando deve decidere cosa fare da grande. Voleva vedere cosa succede dietro le quinte di ciò che la gente dà per scontato. Essere la segretaria di un'agenzia di pompe funebri, sistemare gli archivi di un laboratorio di autopsie, fotocopiare le sceneggiature di una compagnia teatrale, rifare i letti in un hotel o, perché no, essere la grassa addetta al check-in di un motel da due soldi.

L'acqua, probabilmente per pura cattiveria, divenne bollente, distraendo la ragazza dai propri pensieri. Esme girò la manopola della doccia: l'acqua rimase tiepida per qualche secondo e poi diventò gelata. Le gocce ghiacciate le precipitarono addosso come grandine.
Provò a regolare la temperatura, ma il getto tornò ad essere bollente. 
Esme sbuffò spazientita: forse era proprio ora di uscire.

Sullo specchio tondo, sospeso sopra il lavandino, si era depositata una patina di vapore. La ragazza si asciugò con una salvietta di ruvida spugna bianca, si infilò quel pigiama che ormai pareva essere diventato la sua seconda pelle e, con i capelli ancora umidi, uscì dal bagno.

Samantha, che si era lavata per prima, stava già dormendo e russava sommessamente, raggomitolata su quelle lenzuola vecchie. 
L'unica luce era quella dei faretti esterni che filtrava attraverso le imposte socchiuse. Al buio la stanza non sembrava così male. Del resto, per quello che l'avevano pagata, sarebbero dovuti essere già contenti del fatto che funzionasse la caldaia. 

Esme si stese sul materasso, sentì la testa sprofondare nel cuscino e si addormentò all'istante, quasi fosse stata un sistema operativo e qualcuno avesse schiacciato il pulsante "arresta".

"Ce l'ho fatta!"
Una voce squillante iniziò a dissipare la coltre di sonno in cui era imbozzolato il suo cervello. 
"Esme, ci sono riuscita!". Esme si sentì scuotere la spalla con decisione. Senza pietà. 
 Alzò le palpebre con fatica. Erano sempre state così pesanti?

Il volto di una raggiante Samantha le ondeggiò confuso davanti agli occhi socchiusi, prima che questi lo riuscissero a mettere a fuoco. 
"Hai capito? Ce l'ho fatta! Anche se il water era uno di quelli con la tazza quadrata".
Esme strizzò le palpebre un paio di volte e sbadigliò. 
"Non è straordinario come ci si senta bene dopo aver fatto la cacca?" continuò Samantha, mettendo una particolare enfasi sull'ultima parola e senza smettere di sconquassarla.

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