Albicocche cotte dal sole e non solo quelle

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Alla fine non era piovuto. Alexander lo capì non appena ebbe messo piede fuori dalla muffosa penombra del casale.
Il sole lo colpì in faccia dandogli il più abbacinante dei suoi buongiorno e il tepore della mattina gli scaldò gli arti indolenziti. Quando si fu abituato alla luce il ragazzo ebbe conferma di quanto aveva già intuito: i campi erano secchi e aridi come il giorno prima e il cielo luccicava come se non avesse mai visto una sola nuvola in tutti i millenni in cui era esistito. In sostanza, il clima aveva scherzato con loro nel modo più meschino possibile. 

Tutto quel trambusto e nemmeno una gocciolina, Alexander la trovò una curiosa metafora della vita. Sospirò, decisamente sollevato almeno per non essere rimasto sepolto sotto metri di secolare muratura.

Un venticello profumato di prato frascheggiava fra i fusti di grano, le foglie di edera guizzavano con un riverbero verde nell'aria tiepida, il vociare di Felix e Samantha vibrava vivace e lui si sentiva proprio bene. Del resto, nell'ultimo periodo, ad Alexander era iniziato a piacere svegliarsi. Gli piaceva aprire gli occhi e trovare quelli dei suoi amici. Vero era che non avevano una routine casalinga, dovevano adeguarsi alle più disparate abitudini e si svegliavano ogni volta in un angolo diverso di mondo. Come era vero che le colazioni erano quasi sempre deprimenti, i posti in cui si addormentavano così scomodi che la mattina ogni muscolo era anchilosato e non avevano mai idea di che ore fossero. Ma almeno, quando riapriva gli occhi, Alexander con loro non si pentiva di averlo fatto.

Dopo una notte all'insegna della pelle d'oca il clima si era intiepidito ed era facile immaginare che presto si sarebbe arroventato. Alexander si godette la temporanea mitezza del mondo.
Nel casale Esme stava ancora dormendo e lui, svegliatosi da poco, si era deciso a uscire sentendo le voci di Samantha e Felix provenire dall'esterno. Non fece alcuna fatica a individuarli. Stavano bisticciando qualche metro vicino all'entrata. Samantha era seduta fra i ciuffi di trifogli e appoggiava la schiena contro il muro dell'edificio in una delle rare zone prive di ortiche. Felix - e nel vederlo Alexander provò una vibrante scossa di buonumore - era invece in piedi e camminava fra le erbacce tirando qualche calcio ai detriti e ai pezzi di muro sparsi in giro. Stavano discutendo con equivalente fervore riguardo due argomenti totalmente diversi.

"Non mi prudono più, dici che è perché sono passate da sole o perché qualcuno mi ha spalmato addosso la sua saliva mentre dormivo?" stava dicendo Samantha con un timbro vocale acuto e brioso quanto quelli dei passerotti che cinguettavano sul tetto cadente.
"Ma chissenefrega, piuttosto sai quanto diamine di cibo ci rimane oppure no?" replicò Felix, tirando di punta un tocco di intonaco dritto dritto fra il frumento frusciante.
"Ma le tue prudono ancora? Intendo, le tue punture di ortica o si dice morsi? No, morsi no, sono quelli delle api..."
"Cristo, non posso sopportare queste cose senza edulcoranti."

Alexander tentennò un po' sulla soglia, con la punta lisa delle scarpe sotto la luce limpida del sole e i talloni scalcagnati ancora immersi nella penombra stantia. Dopo qualche istante di torpida meditazione si decise a raggiungere i compagni. La leggera brezza mattutina gli scompigliava i capelli mentre lui muoveva le scarpe sui cespi di erba croccante.

Non ci vollero più di un paio passi perché il suo sguardo incontrasse quello di Felix, il cui volto, fino a quel punto lievemente contratto, si distese nel suo solito sorriso un po' sghembo.
"Alexander!" lo salutò, "Diamine, per fortuna ti sei svegliato. Non ce la facevo più a contrastarla da solo. È troppo potente." Pronunciò le ultime parole alludendo canzonatorio a Samantha, intenta a studiare con massimo puntiglio la violacea globosità dei fiori di trifoglio.
Sentendosi chiamata in causa la ragazza di tutta risposta fece spallucce come se la cosa non la riguardasse affatto e sorridendo chiese: "Esme sta ancora dormendo?"

"Sì, penso di sì," annuì Alexander con la voce ancora impastata dal sonno e, non sapendo bene cosa fare con il suo corpo, decise di sedersi. Ebbe la fortuna di sprofondare in un punto ricoperto da un fresco manto erboso e non in uno di quelli popolati da fili di graminacee pungenti. Gli steli gli solleticarono la pelle.
Felix lo imitò e mentre incrociava le gambe tornò a rivolgersi a lui: "Dormito bene?" La voce era noncurante, ma gli occhi fecero sentire Alexander oggetto della più affettuosa premura.

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