4. Invece non ho di meglio da fare

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JIMIN

Il giorno dopo la stipulazione della "tregua" con Jungkook mi svegliai a causa della luce soffusa che proveniva dai piccoli buchi della tapparella della finestra, non tirata completamente fino a giù.

Mi alzai con estrema calma, stiracchiandomi un attimo e, poi, decidendo di scendere per prendere qualcosa dalla dispensa per colazione.

Posai lo sguardo davanti a me, notando la porta che congiungeva la mia stanza con quella di Jungkook completamente aperta.
Ma, ormai, avevo capito che, ogni volta che quella porta fosse aperta, voleva dire che Jungkook fosse a "lavorare" nello studio di mio padre.

Così, alzai leggermente le spalle e mi incamminai con molta calma al piano inferiore, cercando di svegliarmi nel mentre.

Passai davanti allo studio di mio padre per caso, in quanto, per arrivare in cucina, la strada più veloce era passando accanto al soggiorno, e, lo giuro, non mi sarei mai fermato a sentire le flebili voci, a causa della parete che ci divideva, di Jungkook e di mio padre se non avessi sentito pronunciare il mio nome da quest'ultimo.

"Sì, abbiamo chiarito tutto quanto ieri" rispose cordialmente Jungkook, facendomi allungare l'orecchio ed assumere un'aria confusa.
"Ti ringrazio per aver tentato di...capire mio figlio. Ha sempre fatto la persona prevenuta con tutti i miei assistenti, da sette anni a questa parte, non riuscendo a creare un reale legame, che non fosse un semplice: "Buongiorno" alla mattina, con nessuno.
Quest'anno avrei voluto che fosse diverso. Quindi...grazie di aver ascoltato le mie parole di ieri mattina e di aver tentato di sopportare mio figlio.
Te ne sono grato" gli disse mio padre con aria seria e riconoscente.

Io iniziai a scuotere la testa con insistenza senza nemmeno accorgermene, non riuscendo ad immaginare che, prima di tutto, mio padre mi reputasse una persona da "sopportare al meglio possibile" e che, infine, Jungkook mi avesse detto quelle parole, il giorno precedente, solo per compiacere mio padre.

"In realtà, signor Park, avrei chiesto il perdono di Jimin anche se lei non mi avesse detto niente ieri. Abbiamo iniziato con il piede sbagliato per colpa mia...e, sinceramente, delle scuse erano più che doverose.
Poi, suo figlio è un bravo ragazzo. Non assolutamente una persona da "sopportare", come dice lei. Bisogna solamente capire come è fatto.
E, si fidi, è una cosa più che normale" gli rispose Jungkook dopo qualche secondo di silenzio, facendomi spuntare un reale sorriso sul viso.

Ma, dopo pochi istanti, mi imposi di ritornare composto e di dirmi, nella mente, che quelle parole non erano importanti e che non potevano cambiare il fatto che il rapporto tra Jungkook e me si doveva mantenere sul semplice piano di una tregua amichevole.

Per quanto, in quell'istante, non mi sembrasse così odioso come lo avevo considerato all'inizio e nonostante fisicamente quel ragazzo mi attraesse parecchio, come avevo già appurato al primo sguardo.

Dopo questa riflessione mi risvegliai all'improvviso dai miei pensieri a causa di un piccolo movimento della porta, che mi fece correre in cucina alla velocità della luce, dove rubai un muffin appena fatto dal ripiano vicino ai fornelli.

"Ti sei svegliato" sentii dire alle mie spalle proprio nel momento in cui diedi il primo morso al dolce nelle mie mani, girandomi leggermente ed incontrando lo sguardo divertito e curioso del mio "compagno di stanza".

"Sì. Ora torno su. Ero solo venuto a prendere questo" gli risposi con un velo di imbarazzo, mostrandogli il muffin nelle mie mani e, poi, affrettandomi a raggiungere le scale che mi avrebbero riportato in camera.
"Ci...vediamo dopo" aggiunse lui, avvicinandosi alle scale e posando un braccio sul corrimano, sfiorando appositamente le mie dita aggrappate lì vicino.
"Certo" mormorai con calma, cercando di non pensare alle parole che avevo sentito poco prima e, invece, scappando via di lì il più rapidamente possibile.

Non appena arrivai in camera e chiusi la porta alle mie spalle tirai un sospiro di sollievo, dirigendomi lentamente verso la mia libreria, che sfortunatamente si trovava nella stanza di Jungkook, e prendendo da essa la versione di Anna Karenina che avevo cercato per anni, distendendomi, poi, sul mio letto iniziando a rileggerla con calma.

Mi soffermai maggiormente sulle frasi che avevo sottolineato con la matita la prima volta che avevo letto quel romanzo.

Le frasi che mi avevano lasciato qualcosa...

Mi persi talmente tanto nella lettura che, quando mi squillò il telefono chissà quanto tempo dopo, risposi senza nemmeno guardare chi fosse, mettendo pure il vivavoce.

"Ciao, mio splendido compagno di banco!" risuonò in tutta la stanza vuota, cosa che mi fece sorridere leggermente non appena mi resi conto che quella fosse la voce della persona migliore che avessi mai conosciuto da quando avevo messo piede in Italia.
"Giulia? Ehy, dimmi" le risposi con entusiasmo, arricciando la pagina del libro per non perdere il segno ma continuando a tenere il vivavoce, mettendomi, però, seduto con la schiena rivolta verso la porta, giusto per osservare il paesaggio fuori dalla finestra.

"Jiminie...partita di inizio estate tra mezz'ora. Se non vieni, e non porti il nuovo assistente, o la nuova assistente, di tuo padre puoi anche considerarti non invitato" mi disse lei in tono divertito, facendomi scuotere la testa con un sorrisetto dipinto in volto.
"Smettila di chiamarmi Jiminie. E, poi, credo che Jungkook abbia di meglio da fare che giocare una partita di pallavolo per inaugurare l'estate con dei diciottenni" mormorai con finta aria seccata, sperando che non insistesse principalmente perchè l'idea di vedere Jungkook giocare una partita a pallavolo mezzo nudo non mi faceva venire in mente pensieri molto consoni alla figura che assumeva in quel momento, ovvero l'assistente di mio padre.

"Non glielo puoi almeno chiedere?" sentii dire al telefono nel momento stesso in cui, invece, un'altra voce mi diceva le seguenti parole alle mie spalle: "Invece non ho di meglio da fare. Vengo volentieri".

Sbarrai gli occhi dopo aver sentito quelle parole, girandomi di scatto e trovandomi Jungkook posato al mio letto con entrambe le mani, che mi guardava con un sorriso piuttosto ambiguo solo a qualche centimetro dal mio viso.

"Perfetto, allora vi aspetto entrambi. Ciao, Jiminie!" concluse Giulia quasi con euforia, chiudendo, poi, la chiamata.
"Ciao, Giulia" mormorai quasi meccanicamente anche se già sapevo che la chiamata fosse finita, cercando di non fissare le labbra di Jungkook con troppa insistenza.

"Com'è che mi devo vestire per questa partita?" mi chiese lui all'improvviso, prendendomi il mento con una mano.
Io, dopo un primo momento di smarrimento completo, riuscii a riprendere un attimo il controllo, togliendo la sua mano dal mio viso ed allontanandomi leggermente da lui.

"Solitamente i ragazzi vengono tutti in costume e maglietta e, poi, la maglietta finisce per sparire sempre" gli risposi subito dopo, iniziando a torturarmi le mani a causa dell'agitazione.
"Ho capito: è la mia occasione per vederti mezzo nudo finalmente" esclamò lui con tono divertito, ottenendo come reazione un mio sguardo gelido.

"Meno male che ti dovevi controllare" borbottai poco dopo, pensando, dentro di me, che, però, quello che si doveva controllare ad ogni minimo contatto fisico, anche casuale, ero io.
"Infatti scherzavo, Jimin. Vado rapidamente a cambiarmi, così poi andiamo" concluse lui con lo stesso tono delle parole precedenti, dirigendosi, poi, in camera sua ed iniziando a spogliarsi senza nemmeno chiudere la porta.

Io cercai di distogliere lo sguardo il prima possibile, solo per evitare che qualcosa la sotto si risvegliasse da solo, intendiamoci, e, poi, mi diressi a piccoli passi verso il bagno per mettermi il costume.

Ecco, fu in quel momento che sperai che la giornata trascorresse il più velocemente possibile...

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