Distratta penso al ciglio di solitudine
che mi avvolge caldo come quel materasso macchiato
che ha accolto il nostro ultimo bacio.
Quanto dovremmo mai soffrire per amare?
Quanto saremo mai disposti ad abbandonare noi stessi
e camminare in una nebbia umida?
Cos'è poi questa fantomatica solitudine?
Non siamo forse tutti ombre vaganti e
comparse tutte uguali di un finale rovinato dalla morte incombente?
Non siamo allora, forse alla rincorsa di un brivido
che sfugge dalle nostre stesse mani
come sabbia scivola sotto le onde?
Non pensiamo a quel bacio come un ricordo
e lo osserviamo assenti e tristi.
Ma allora cos'è tristezza?
Se non scappare da un momento poetico per rifugiarsi
nella paura inconsolabile di essere limitati dal tempo,
determinati da numeri e scalfitti da parole?