1997 - Lorenzo

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Quella era la sera: avevamo rimandato fin troppo.

Fissai la mia immagine riflessa allo specchio: ero un uomo adulto, ma lo specchio rifletteva ciò che avevo sempre visto ogni volta che mi guardavo in faccia. Ero stato un teppista, ai confini della legalità, molto spesso oltre alle regole imposte dalla società: avevo rubato, spacciato e giocato d'azzardo con la mia vita e con quella degli altri.

Solo Fabiana era riuscita a cambiarmi, con pazienza e con un amore che non mi aveva mai dimostrato nessuno.

Ma quella sera facevo un salto nel passato, perché, se qualcuno minacciava la mia famiglia, minacciava me.

E io non amavo essere minacciato.

Vestito di nero da capo a piedi, mi legai i capelli rasta in una coda di cavallo.

-Dove stai andando? - chiese Fabiana, comparsa silenziosa come un ninja sulla soglia della porta del bagno. La guardai, senza risponderle, perché non avevo idea di cosa dirle: uscivo a fare il culo ad un teppistello di quartiere? A difendere la vita di Gabriel? A tirare fuori il peggio di me?

-Esco per una birra con gli amici, non mi aspettare sveglia.

-Ok... - annuì, gli occhi chiari che brillavano come pietre preziose sul suo viso di porcellana. Fabiana era la donna più bella che avessi mai conosciuto ed era tutta mia, ancora adesso, dopo tutti quegli anni passati insieme, mi stupivo che, tra tanti, avesse scelto proprio me. Ai miei occhi era bella come il primo giorno e, ogni giorno che passava, ero sempre più innamorato di lei: avevo lottato per lei, pianto, mi ero disperato, avevo rischiato di bruciare tutto, anche me stesso e tutta la mia vita e, accidentalmente, anche la sua. Ma adesso era mia e lo sarebbe stata per sempre, perché avrei fatto qualsiasi cosa, pur di renderla felice.

Ma non quella sera.

No, quella sera l'avrei delusa.

-Stai tranquilla. C'è qualcosa di cui mi devo occupare, è importante.

-Starai attento? - domandò, assottigliando gli occhi, gli splendidi zigomi che mettevano in risalto un volto perfetto, un insieme di doti fisiche che raramente si trovavano raccolte in un'unica persona.

-Starò attento - le promisi, annuendo.

-Non ti chiederò cosa devi fare - incrociò le braccia al petto, mi si pose davanti e mi guardò dritto negli occhi, con quello sguardo che solo lei riusciva a farmi, facendomi sentire inerme, in colpa, in difetto - ho la sensazione che sia meglio che non lo sappia. Spero che ne valga la pena, spero che tu sappia quello che stai facendo. Non buttare tutto quello che abbiamo costruito alle spalle, non rovinarlo.

-Lo faccio per la nostra famiglia.

-È Gabriel? - chiese, leggendomi nella testa alla perfezione. Sbuffai, distogliendo lo sguardo, ma lei, un metro e sessanta di caparbietà e testardaggine, si mise sul mio passo e mi prese il viso tra le mani, obbligandomi a guardarla - È per Gabriel?

-È per Gabriel - confermai, reggendo il suo sguardo e quegli occhi indagatori che riuscivano ancora adesso a farmi sentire a disagio.

-Non dirmi nulla e fai quello che c'è da fare - si morse un labbro, come una leonessa pronta all'attacco.

-Non dire niente a Samantha - annuì lentamente, quasi a prendere le misure di ciò che le stavo chiedendo. Avevo sempre chiesto troppo al suo altissimo senso della morale, avevo preteso che non vedesse, che chiudesse gli occhi, che, per molto, accettasse il mio stile di vita e i miei complicati modi di fare. Per molto tempo ero solo riuscito a pretendere cose da lei e lei non mi aveva mai fatto mancare la sua fedeltà, il suo appoggio e il suo amore.

Senza tempo - TERZO INSTALMENT DELLA STORIA DI GABRIEL E CHLOÉDove le storie prendono vita. Scoprilo ora