1977 - Samantha

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-Sei proprio un bel tipo - scoppiai a ridere, guardando Clara, la mia amica di sempre, mentre parlava, anzi, no, delirava sul nuovo ragazzo che era arrivato in classe da qualche settimana.

-Come fa a non piacerti? È la perfezione: così sicuro di sé, così ben vestito, ha l'aria di uno pieno di soldi, uno che può farti fare la bella vita...

Clara era così: era sempre alla ricerca di qualcuno che pensasse a lei e al suo futuro.

Voleva sposarsi in fretta, possibilmente appena finito il liceo, così da non dover perdere tempo all'Università. Voleva trovare un uomo che la mantenesse, che le potesse garantire lo stile di vita che suo padre le aveva sempre garantito fino a quel momento, quindi era alla costante ricerca di un uomo che potesse renderla felice, dandole ciò che desiderava.

Non la giudicavo per volere qualcosa del genere, ma io ambivo ad altro.

Stavo per terminare il liceo, mancava solo un mese alla fine della scuola e mi avrebbe poi atteso l'ultimo anno. Dopo il diploma, avrei continuato a studiare, perché volevo diventare giornalista. Mamma e papà ancora non lo sapevano: cioè, sapevano che sarei andata all'Università come desideravano, ma non certo a studiare giurisprudenza. Dato che non avevano convinto Lorenzo a intraprendere la strada dell'avvocatura, puntavano tutto su di me, ma io non sarei diventata avvocato, non faceva per me.

Volevo scrivere, volevo essere cittadina del mondo: volevo parlare alla gente, volevo condurre inchieste scomode, parlare di mafia e corruzione, parlare di politica ed esprimere le mie opinioni.

Volevo essere come Dacia Maraini. Volevo diventare Natalia Ginzburg. Volevo viaggiare ed essere trasgressiva come Anaïs Nin, di cui leggevo i libri di nascosto.

Volevo scrivere disperatamente, perché avevo così tante idee e opinioni che, se non le avessi espresse, sarei scoppiata.

-Non è proprio il mio tipo - commentai alzando le spalle.

-Meglio così - rispose dandomi una gomitata - meno concorrenza. Non potrei mai competere con quel tuo faccino da Venere tascabile.

Alzai un sopracciglio e scoppiai a ridere di cuore.

Due passi in centro, un po' d'aria fresca e di chiacchiere leggere con la mia migliore amica prima di ributtarmi sui libri per gli ultimi compiti in classe e interrogazioni: ero abbastanza tranquilla, perché la mia media voti era alta, ma non volevo comprometterla commettendo qualche leggerezza proprio alla fine.

-Sei ridicola... - commentai e non potei fare a meno di roteare gli occhi, dato che trovavo quell'argomento abbastanza imbarazzante.

-Sei tu ridicola, considerato che continui a far finta di non accorgerti che hai addosso gli occhi di tutti i ragazzi dell'ultimo anno. Tante volte mi chiedo perché sei così carina e così cieca: è una contraddizione in termini, dato che una come te dovrebbe fare strage di cuori e avere una lista di fidanzati lunga come le lamentele di mia madre.

-Questa poi - alzai lo sguardo poi, sgranando gli occhi, esclamai: - guarda, è arrivato il circo!

La presi per un braccio, trascinandola verso una serie di artisti di strada che si stavano esibendo per pubblicizzare l'arrivo del circo in città.

Milano era una grande città, ma di rado il circo passava per le zone più vicine al centro: di solito si stabilivano nella periferia, per non disturbare il decoro del centro storico.

Come una bambina, mi soffermai a guardare saltimbanchi e contorsionisti che sfilavano davanti ai miei occhi, come se si esibissero solo per me, colorati, bizzarri, clown con grandi parrucche di paglia gialla e nasi di plastica rossa, una ballerina che volteggiava sulle punte.

Senza tempo - TERZO INSTALMENT DELLA STORIA DI GABRIEL E CHLOÉDove le storie prendono vita. Scoprilo ora