1995 - Gloria

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Dalla finestra della cucina, osservavo che, a petto nudo, era tutto intento a ripulire la nostra piscina.

Era una caldissima giornata di mezza estate e, tra un viaggio e l'altro, quando ci fermavamo a Milano, non perdevo tempo e lo chiamavo immediatamente.

Era veramente una delizia per gli occhi: alto quasi un metro e novanta, ventun anni, occhi blu scuro, quella studiata noncuranza tutta maschile di far sembrare i capelli al tempo stesso spettinati e sensuali, un sorriso sornione e consapevole della propria bellezza e un fisico scolpito e abbronzato.

L'estate precedente avevo messo gli occhi su di lui, forte anche dei racconti delle mie amiche che ne avevano decantato le prestazioni a letto, perché, sì, Tommaso non si tirava indietro di fronte a una bella donna, specialmente se più grande di lui.

Non era successo molto, perché aveva sostituito il vecchio manutentore solo verso la fine dell'estate, ma avevo gettato le basi per ciò che sarebbe successo quest'anno: avevo sfiorato la sua pelle, gli avevo sorriso, avevo fatto in modo che mi desiderasse, che quel desiderio diventasse un'ossessione, senza mai concedermi del tutto.

Aveva annusato il mio costosissimo profumo nell'incavo del mio collo, avevo fatto scivolare la mia mano ingioiellata lungo il suo petto muscoloso, gli avevo sussurrato delle magiche parole d'incantesimo all'orecchio e lui c'era caduto, come tutti gli altri.

Questo però significava che dovevo essere brava: prima di tutto a non farmi scoprire da Laerte, perché quella sarebbe stata una vera tragedia, ma dovevo anche mantenere alta la nostra tensione sessuale, prima di farlo cadere definitivamente nella mia trappola e non perché lui mantenesse alta la guardia e non volesse cascarci, ma perché adoravo giocare al gatto col topo e quel topolino, ora, era diventato estremamente eccitante.

Stava perdendo il controllo e sapevo che non ci avrei messo nulla ad averlo tutto per me, ma volevo averlo ai miei termini, quando avrei ritenuto fosse arrivato il momento giusto farlo.

I bambini non dovevano esserci, per cui li avevo spediti a casa di amici: sarebbero stati fuori per tutto il pomeriggio, anzi, avrei mandato io stessa l'autista a recuperarli. Con Claudio, specialmente, fuori dai radar, il gioco diventava facilissimo.

Laerte sarebbe stato fuori per lavoro tutto il giorno, per cui non avrei dovuto preoccuparmi di lui: tra le altre cose, avevo chiesto a una delle cameriere di avvisarmi nel caso fosse rincasato prima del previsto.

Insomma, avevo programmato tutto alla perfezione, perché quel giorno avevo deciso di tirare le somme di un gioco che giocavo da ormai un anno.

Quel giorno Tommaso sarebbe stato mio.

Volevo capire se le storie sul suo conto fossero esagerate o reali e, in caso affermativo, se gli sarebbe andato di diventare il mio amante, almeno per un po', perché mi piaceva proprio tanto e, probabilmente, non mi sarei accontentata di una volta sola.

C'era anche qualcosa di più: quel gioco pericoloso e, per il momento, ancora innocente mi faceva evadere dalla realtà, mi faceva sentire leggera, come se, per qualche minuto, avessi la possibilità di sfuggire al controllo di Laerte e vivere in un mondo tutto mio, dove potevo essere libera, felice, spensierata, dove potevo ridere delle dolci e vuote sciocchezze che Tommaso mi sussurrava all'orecchio, sentire il cuore in gola al solo vederlo e, come una ragazzina, pensare a cosa indossare per potergli piacere ancora un po' di più.

Mi morsi un labbro e uscii in giardino, avvicinandomi alla piscina con la mia distintiva falcata da passerella, consapevole di essere bellissima, in formissima, affascinante oltre ogni modo.

Lui, distratto dal rumore dei miei passi, alzò la testa nella mia direzione e un sorriso sornione e famelico gli si stampò sul viso: l'estate precedente era stato ancora timido nei miei confronti, ma non era uno stupido, per cui aveva perfettamente capito che lo desideravo.

Senza tempo - TERZO INSTALMENT DELLA STORIA DI GABRIEL E CHLOÉDove le storie prendono vita. Scoprilo ora