Quattro giorni che io e mia sorella non proferivamo parola l'un l'altra, quattro giorni che in casa regnava il silenzio e la tristezza che c'era stata in passato. Con mia madre parlavo poco e niente, ed Aria era fuori città con i genitori, nonostante mi chiamasse ogni giorno, non era la stessa cosa di averla vicina. Non sopportavo piú l'idea che Edith non mi parlasse, perchè teoricamente quella ad essere arrabbiata dovrei essere stata io. Eppure faceva l'offesa, non degnandomi neanche di uno sguardo. Inutile dire che in quei quattro giorni avesse portato quattro ragazzi diversi, ogni sera. Le avrei voluto urlare in faccia tutto quello che stava facendo, che stava sbagliando e se avesse continuato sarebbe entrata in un'ottica un pó sbagliata di 'brava ragazza' e finalmente, decisi di farlo. Raccolsi tutta la calma e il coraggio che avevo accumulato e mi diressi dura verso la sua stanza. Erano le 7:30 del mattino, e a breve sarei dovuta andare a scuola. Aprii la porta ed entrai, trovandola davanti lo specchio ad aggiustarsi. Si voltó velocemente, e corrugó la fronte, mantenendo un'espressione del tutto annoiata e disinteressata alla mia presenza.
«Noi due dovremmo parlare» spiegai, cercando di mantenere la calma.
«Non ho nulla da giustificare, mi hai lasciato sola ad una festa, perlopiú ubriaca» sputó, guardandomi dura. Cosa?!
«Dio, Ed!» urlai, alzando le mani in aria «mi prendi per il culo? Non voglio neanche descriverti come stavi avvinghiata a quel ragazzo, e inoltre, non è colpa mia se hai bevuto dieci bicchieri tra vodka e non so cosa. E poi, chi è che ha portato quattro ragazzi diversi, non contando Edward, negli ultimi giorni? Tu o io, Edith, rispondimi!»
Schiuse le labbra, come per dire qualcosa, ma le richiuse velocemente, continuando a mantenere l'espressione torva di prima. «Vaffanculo» ringhió, per poi sorpassarmi ed uscire dalla camera. Sono stata troppo aggressiva? Pensai, ma poi mi resi conto che doveva capire ciò che volevo intendere, ed uscii anche io dalla camera, arrabbiata e nervosa. Le ore a scuola sembrarono interminabili, senza la compagnia di Aria tutto sembrava molto piú noioso, tanto che a volte pensai che mi interessasse davvero ció che dicevano a lezione. A mensa decisi di sedermi con Tyler e Ron, insieme a loro c'era anche una biondina che mi sembrava conoscente, ma non ci pensai su.
«Sono Donnie, piacere» sorrise dolcemente, porgendomi la mano.
«Grace» ricambiai, sedendomi di fronte a lei.
«È la mia ragazza» spiegó Ron, arrossendo.
«Oh, non lo sapevo!» esclamai, tirando un colpetto sul braccio al ragazzo «non me ne avevi mai parlato» Donnie rise, addentando un pezzo del suo panino. Pensai che fosse una ragazza per bene, Ron la meritava, e sorrisi al pensiero che finalmente potesse essere felice con qualcuno. Quando finimmo, ci dividemmo, e mi ritrovai nell'aula di chimica insieme a Luke Jhonson. Mi accostai accanto a lui, che in risposta, mi guardò confuso.
«Parks» sorrise «dov'è Aria?»
«Fuori cittá con i suoi, ritorna domani sera» spiegai. Parlammo del piú e del meno, e un'ora passó velocemente. Lo salutai, incintandolo a scrivere alla mia amica, che sicuramente ne sarebbe rimasta entusiasta. Uscii fuori, finalmente libera. Camminavo guardando per terra, perció non mi accorsi che ero completamente andata a finire sopra qualcuno, il che mi fece portare a scusarmi.
«Tranquilla, tesoro» riconobbi la voce odiosa di Dennis.
«Oh, sei tu» bofonchiai, sorpassandolo. Mi bloccó da un polso, facendomi voltare. «Cosa vuoi, Wayland»
«Te» recitó, fissandomi. Sbuffai, levandomi dalla presa e continuando a camminare per la mia strada. Odiavo quel ragazzo, era il tipo piú riluttante e perverso che avessi mai conosciuto, un depravato che Aria identificava 'sexy'. Non era male, per carità, ma non avevo intenzione di essere amica di un ragazzo che pensava solo ed esclusivamente al corpo di una donna, era una cosa cosí fastidiosa ed irritante. Lo sentii ridacchiare e, nonostante lui non potesse vedermi, alzai gli occhi al cielo. Quando arrivai davanti casa, mi fermai davanti il vialetto che portava alla porta, non avevo voglia di entrare, era tutto cosí triste lí dentro. Cosí, non lasciando neanche lo zaino, mi diressi verso il parco. Lo raggiunsi velocemente, essendo ad appena due isolati da casa mia e cercando di non far notare nulla, mi diressi verso la siepe segreta. Fortunatamente a quell'ora il parco era poco affollato, cosí mi limitai a dare un'occhiata intorno. Era tutto come lo avevo lasciato; sospirai e mi distesi per terra, chiudendo gli occhi. Pensai di studiare per l'indomani, ma compresi che era una cosa inutile, cosí iniziai a leggere, fortunatamente tenevo Cime tempestose sempre nello zaino nell'ultimo periodo, essendo poco interessata alle lezioni e molto spesso essendo isolata dagli altri. Non mi accorsi che il tempo passó, e in men che non si dica erano già le quattro del pomeriggio. Mi alzai, e mi venne in mente un'idea alquanto stupida e infantile. Il piccolo spazio quadrato era una collinetta con al centro un albero, e la mia povera insana mente, pensó bene di farmici ballar sopra. Avevo lasciato la danza classica un anno prima, e fu liberatorio ritrovarmi in quell'ambiente dove mi trovavo cosí bene. Iniziai a volteggiare, e iniziai anche a ridere. Stavo facendo una cosa stupida. Quando sentii un'altra risata sovrastare la mia, mi fermai immediatamente, trovando il ragazzo dai capelli ricci intento a ridere, con una mano sulla pancia e le fossette bene in vista; con l'altra stringeva l'identica copia del mio libro.
Mi sentii tremendamente imbarazzata, ed ero consapevole che il mio viso fosse un miscuglio di colori. Abbassai lo sguardo, sistemando i capelli dietro un orecchio.
«Eri cosí» rise «cosí divertente» continuó, scuotendo il capo e avvicinandosi all'albero, per poi appoggiarvisi sopra.
«Tu non lo sei» sentenziai, prendendo il mio libro tra le mani. Non rispose, forse non mi aveva neanche ascoltato, mi irritava. Sorrise, beffeggiandomi. Sbuffai e mi sedetti a gambe incrociate in mezzo al prato. Non sapevo che dire, quel ragazzo non era venuto per una settimana e doveva venire proprio mentre ero intenta a volteggiare come una bambina? Era cosí strana l'idea di accettare qualcun'altro in quel posto, lo avevo frequentato per un anno, e lo sentivo di mia proprietà, era davvero un posto perfetto per rilassarsi, e adesso c'era qualcuno ad impedirmelo.
«Ragazzina, vuoi continuare a fissarmi per il resto della giornata?» sussultai, spostando lo sguardo e abbassandolo, attorcigliando qualche filo di erba tra le mani.
«Come hai scoperto questo posto?» volevo una risposta chiara, era impossibile scoprirlo.
«Era il mio» sottolineò, alzando lo sguardo verso di me «posto segreto quando stavo ancora a Spring Hill, ma a quanto pare qualcuno è stato anche piú furbo di me» ammiccó, corrugando la fronte. Ma allora non era nuovo qui in città, e paradossalmente, lo aveva trovato prima lui il giardinetto, cosí mi sentii tremendamente in imbarazzo.
«Oh, non preoccuparti, non crei nessun disturbo..» disse «se non parli» finí, sorridendo e riabbassando lo sguardo sul libro. Scossi la testa confusa, borbottando un «odioso».
«Hai detto qualcosa?» sentenzió. Scossi la testa, alzandomi e passando una mano sui jeans, ripulendoli. Rise, e pensai che forse rideva troppo. Alzai gli occhi al cielo, oggi non ne andava una bene. Mi voltai e andai verso l'uscita, diretta verso casa. Iniziai a credere che Harry avesse spifferato a tutti il mio piccolo momento da 'ballerina' ma lasciai perdere, fregandomene, avevo problemi piú grandi da affrontare. Arrivando a casa, trovai mia madre dormire sul divano del salotto, doveva essere stanca. Le misi una coperta sopra e salii in camera. Mi soffermai davanti la porta di Edith, ma decisi di non voler litigare di nuovo e ritornai da me. Mi cambiai e mi sedetti sopra il letto, decidendo di chiamare Aria.
«Grace?» rispose dopo poco. Sentii confusione in sottofondo e mi chiesi se stesse realmente con i genitori.
«Aria! Come va lí?» sbuffai, socchiudendo gli occhi.
«Grace, mi senti? Ti richiamo dopo, sono alla festa di mio cugino, scusami» e chiuse. Benissimo, anche la mia migliore amica mi aveva piantato. Decisi di leggere, ma non trovai Cime tempestose in camera, e pensai fosse di sotto, ma non avevo voglia di scendere, cosí mi arresi, poggiando le spalle alla testiera. Sentii bussare, e dissi "avanti" nonostante sapessi che era Edith.
«Ehi» sussurrò flebilmente, avvicinandosi al letto «uhm, devi scusarmi, per averti trattato in quel modo, non dovevo»
«Non preoccuparti» sorrisi debolmente «l'ho fatto per te. Ho paura che tu prenda una brutta strada, Ed»
Sospiró, annuendo e sussurando un impercettibile «Lo so» mi sentii soddisfatta, speravo davvero che Edith potesse riprendersi dalla rottura con James, sapevo bene che era così per quel motivo, e sapevo anche che mia sorella non amava del tutto quello che stava facendo. Il solo bere le faceva voltare lo stomaco, una volta, e mi soprendeva vederla così, conoscendola bene per quel che era. La invitai a rimanere con me quella notte, e mi chiese nuovamente scusa, facendomi ridere. Era troppo buona per avercela con me più di una settimana. Fortunatamente, il giorno dopo sarebbe ritornata Aria, le avrei chiesto aiuto su Edith, ma non potevo parlarle del 'nuovo'- si fa per dire- ragazzo, non sapeva del posto segreto al parco, e non volevo neanche dirglielo. Non perchè non mi fidassi o temessi qualcosa, semplicemente perchè conoscendola, sarebbe voluta venire, ed era già stato occupato abbstanza per renderlo visibile ad un'altra persona. Mia sorella, invece, sapeva che avevo un posto tutto mio dove mi ritiravo quando le cose andavano male, ma non sapeva dove, quindi avrei anche potuto parlargliene, ma decisi che per il momento era meglio far passare la cosa e concentrarsi sui suoi problemi, poi avrei pensato a tutto il resto, come sempre, d'altronde.
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Secret || Harry Styles
FanfictionVicini e lontani, unicamente sempre insieme. Nel giorno e nelle notti, nel buio e nella luce. Sempre e unicamente insieme. All’ombra di una ferita troppo grande per essere rimarginata ci muoviamo incerti verso un futuro che ci spaventa. Ma siamo in...