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La luce abbagliante che vede Louis non appena apre gli occhi gli da l'impulso di richiuderli immediatamente. Li deve sbattere per qualche secondo prima di riuscire effettivamente a vedere qualcosa.
Il suo corpo è indolenzito e le gambe, che quasi non sente più, sono sommerse da una spessa coperta che arriva spiegazzata fino al livello del suo bacino. 
Il primo pensiero che gli attanaglia la testa è il ricordo di qualche ora prima, riesce a presumere guardando l'ora dal suo cellulare.

«Ti prego, non pensarci neanche!» Ridacchia in risposta a Stan, uno dei suoi compagni di squadra. Quest'ultimo si alza per poi essere seguito da Louis. La terra sotto i suoi piedi sembra però venire a mancare, facendolo cadere sul campo da calcio mentre la sua vista si oscura ed i suoi sensi si disperdono.

«Cazzo...- sospira sottovoce mentre cerca di staccarsi il pulsossimetro dall'indice della mano destra- Dan questa volta mi uccide.» 
In quell'esatto istante, è proprio il suo patrigno ad entrare nella stanza d'ospedale in cui si trova. 
«Louis! Lascia quell'ago nel tuo braccio o giuro su Dio, te ne faccio pentire!» Sono le prime parole a lasciare la sua bocca, non appena si rende conto che Louis è questa volta impegnato a trovare un modo per togliersi anche la flebo dal braccio. 

Il ragazzo con uno sbuffo ed alzando gli occhi al cielo si gira verso l'altro, guardandolo in silenzio, lo sguardo puntato negli occhi del più grande con una punta di sfida al suo interno.
«Ce ne possiamo andare a casa ora?» Cede infine.
«No.» La risposta è secca, non ammette repliche.
«In che senso no? Si invece!» E ovviamente, Louis replica.
«Nel senso che non ce ne andiamo a casa.» Dan si inoltra nella stanza per iniziare a recuperare alcuni degli effetti personali del figliastro. «Andiamo a Londra.»
«E che ci dovremmo fare a Londra? Ho gli allenamenti domani e domenica prossima c'è la partita di inizio stagione! Non posso andare-»
«Oh si invece! Eccome se ci verrai- si ferma dal sistemare una maglietta in un borsone per guardare Louis- Questa volta non la passi liscia!»
«Si, certo.» Sbuffa una risata sarcastica il più giovane, sapendo che in ogni caso non gli succederà nulla e che dopo un paio di giorni si saranno tutti dimenticati di questo piccolo imprevisto. 

«Sono serio questa volta, Lou.» Sospira. 
È in quel preciso istante che Louis realizza che questa volta è diverso. Non capisce il perchè, non comprende il problema, ma sa che non è come quando è successo un paio di settimane fa.
Eppure è stato incosciente per lo stesso periodo di tempo, forse qualche ora in più ma a chi importa

«Beh, ad ogni modo non posso andare a Londra, come ho già detto deve iniziare la stagione e sono il capitano, quindi non posso lasciare gli altri da soli. Altrimenti sai che succederebbe? Probabilmente Stan finirebbe a fare il capitano e... oddio- si ferma a realizzare quello che ha detto- Stan diventerebbe capitano!» Ridacchia divertito. «No, non posso lasciare quei poveri ragazzi con Stanley come capitano.» Enfatizza sul nome del suo amico, che nonostante sia fantastico come portiere, non ha decisamente la staffa da capitano. 

«Okay Dan, qual è il problema? Perchè sul serio, non capisco questo grande dramma per niente.»
«Vedi? È proprio questo il problema!» Esclama a voce forse un po' troppo alta Dan. Prende un respiro per calmarsi, gli occhi chiusi per un paio di secondi prima di riprendere il discorso, con voce pacata «Non vorrei doverti costringere, ma tu non vuoi andare dallo psicologo, non mangi, sono mesi ormai che sei un fantasma. Sei svenuto quindici volte negli ultimi due mesi, Louis! E io- sospira, gli occhi blu dell'altro sono fissi sul suo viso- non so più cosa fare ma non voglio e non posso lasciar perdere. Ho già perso Johannah, non posso permettere che te ne vada anche tu.» Abbassa lo sguardo per poi concludere «Ho contattato un centro di recupero fuori Londra. Mi hanno assicurato che è un bel posto, pieno di ragazzi come te e credo che ti potrebbero sul serio aiutare lì.»

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