Epilogo

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Due mesi dopo

«Haz, sei in casa?» Lo chiama Louis non appena varca la soglia della porta dell'appartamento di Harry. Il posto è, ormai, familiare ad entrambi: il riccio ci ha spostato tutte le sue cose poco meno di due mesi prima ed il maggiore passa lì la maggior parte del suo tempo, tornando a casa soltanto una volta ogni tanto per recuperare un libro o fare colazione con i suoi fratelli. Essenzialmente vivono insieme, anche se in realtà il tempo che riescono a dedicarsi non è tantissimo; entrambi devono studiare e sono spesso impegnati. Per questo hanno stabilito una regola: il venerdì è la serata sushi, in cui si siedono sul divano e mangiano cibo giapponese fino a scoppiare, ridendo e coccolandosi davanti ad un film. 
Louis poggia gli ordini sul tavolino nella sala e si avvia verso la camera da letto.
«No, non penso tu capisca! Non me ne frega niente, non ho intenzione di prendermi tutta quella merda e diventare un avido egoista come te!» Sente la voce urlare dall'altra parte della porta. Probabilmente è al telefono con suo padre. Harry vuole lasciare gli studi e cercare la sua strada, ma il padre continua ad insistere perchè finisca l'università e prenda le redini della catena d'alberghi non appena lui sarà in pensione; non c'è bisogno di dire che il riccio non ne abbia nessuna intenzione.
«Come ti pare, non mi interessa.» Sbuffa infine, buttando giù il telefono proprio quando Louis entra nella stanza. «Hey.» Si avvicina subito, lasciandogli un soffice bacio sulle labbra e circondandogli il busto con le braccia, alla ricerca di un po' di conforto.
«Tuo padre?» Chiede Louis, passandogli una mano sulla schiena e poggiando le sue labbra sulla fronte dell'altro, cercando di calmarlo.
«Mhmh.» Un mugolio esce dalla bocca di Harry, che annuisce con la testa ancora poggiata alla sua spalla. «Vuole bloccare il mio conto finchè non mi laureo, ma ho già parlato con il mio avvocato questa mattina, non lo può fare.» Borbotta staccandosi, prendendo la mano dell'altro per trascinarlo fino al divano ed accoccolarsi a lui una volta seduti.
«Pensi che ci sarà bisogno di prendere provvedimenti legali?» Inizia ad aprire le borse contenenti la loro cena, passando ad Harry i nigiri.
«Spero di no, ma non ne sarei così sicuro.» Sbuffa il riccio, sistemandosi le bacchette tra le mani. «Ora basta parlare di Des, guardiamo The Notebook?» Scuote una mano per aria, come a scacciare l'argomento.
«Di nuovo? L'abbiamo visto due settimane fa, Harreh!» Si lamenta Louis, mettendosi più comodo appoggiato allo schienale, con la vaschetta degli uramaki sulle cosce.
«Per favore?» Pone, quasi come una domanda. E Louis vorrebbe davvero vedere per una volta un film d'azione, ma il viso di Harry prende quell'espressione a cui proprio non riesce a dire di no. 
«Ti odio, avevamo detto niente occhi da cucciolo!» Si lamenta, mettendosi in bocca un pezzo di sushi bagnato di salsa di soia.
Quando l'altro non dice niente e continua a fissarlo con quello sguardo, non è in grado di resistere. «Va bene, stronzo! Mettilo su.» Mette il broncio, girando lo sguardo verso la televisione.
«Lo so che mi ami.» Squittisce il riccio al suo orecchio, alzandosi poi senza dargli il tempo di rispondere. Afferra il telecomando e si riaccomoda accanto al suo ragazzo intrecciando le loro gambe. 
«Hai ragione.» Afferma all'improvviso, realizzando solo in quel momento quanto le parole di Harry siano vere.
«Cosa?» Lo guarda confuso il riccio, con le sopracciglia aggrottate.
«Ti amo.» Sputa fuori velocemente, fissando i suoi occhi in quelli del più piccolo.
Non se lo sono mai detti prima, e la lunga pausa che precede le parole del riccio gli fa chiedere se sia troppo presto.
«Anche io, Lou. Anche io ti amo.» Si sporge verso di lui, catturando le sue labbra in un bacio dolce e pieno d'amore, che non fa altro che confermare le loro confessioni.

Un anno dopo

La vista sulla città di Londra da quel modesto appartamento nel cuore della città, non è molto, ma loro già ne vanno pazzi.
«Lou, dovremmo prendere questo!» Harry si gira verso di lui, che sta ispezionando con occhi critici ogni angolo della camera da letto. Non è molto grande, decisamente più piccola di quella che hanno condiviso a Doncaster fino a quel momento, ma lui deve ancora cominciare a lavorare, i soldi nel conto di Harry non sono infiniti- nonostante lo siano sembrati nell'ultimo anno- ed il lavoretto del riccio ad un bar spostato dal centro in cui ha trovato posto, non renderà abbastanza per potersi pagare un posto più grande.
«Haz, questo è molto bello, soprattutto per il prezzo che ha, ma sei sicuro di non voler vedere altri posti? Magari troviamo qualcosa di meglio.» Gli si avvicina piano, il ticchettio delle sue vans nuove di zecca sul parquet è l'unico rumore udibile, fino a che l'agente immobiliare non si schiarisce la gola, attirando l'attenzione dei due, Harry stretto in un abbraccio da dietro e Louis dalle braccia avvolte attorno al suo busto. 
«Dunque, mi sembra di aver capito che ne volete vedere altri, ma questo è da tenere in considerazione, giusto?» La donna sulla cinquantina è palesemente a disagio, ma Louis non riesce a capire se sia omofobia o solo disagio dovuto al loro non riuscire a staccarsi neanche per un secondo. Nel dubbio, comunque, lascia un bacio casto sulla schiena del riccio e si stacca.
«Esatto, grazie Linda.» Le sorride gentilmente.

Inutile dire che, come sempre, l'intuito di Harry non aveva sbagliato di una virgola.
Si ritrovano, infatti, una settimana dopo, a trasportare pacchi su per le scale del primo palazzo che avevano preso in considerazione.
«E questo è l'ultimo!» Esclama Louis, una gocciolina di sudore a scendergli sulla fronte.
«Lou!» Un urlo arriva da una delle stanze presenti nell'appartamento.
«H, tutto bene?» Chiede, non appena raggiunge l'altro in camera da letto.
«Che ne dici di testare il letto? Sai, almeno siamo in grado di cambiare se non ci piace il rumore che fa.» Muove i fianchi per enfatizzare il concetto. Il riccio è, infatti, seduto sulle ginocchia al centro del letto, completamente nudo e dai lunghi capelli ricci a coprirgli una parte del viso.
«Haz...» Inizia, con tono canzonatorio, avvicinandosi, però, al riccio. «Dovremmo iniziare a sistemare la roba nelle scatole, sai?» Dice, una volta arrivato in piedi davanti al riccio, prendendo il suo viso con una mano.
«Ne sei proprio sicuro? Mi piacerebbe tanto provare il letto, in questo momento.» Risponde, la voce profonda e suadente. 
«Ne sono sicurissimo, avremo tutto il tempo del mondo sta notte per provarlo.» Si abbassa abbastanza per potergli baciare le labbra a cuore.
Ovviamente Harry cerca di approfittare della situazione ed il bacio diventa in pochi secondi un contatto rovente.
«Non mi freghi, Haz. Lo proviamo dopo il letto, va bene?» Si stacca, tenendo una mano fissa sulla sua guancia.
«Pft,- sbuffa il riccio,- come ti pare.» Mette su un broncio adorabile, che non fa altro che intenerire il maggiore.
«Andiamo a sistemare almeno la roba per la cucina? Almeno possiamo mangiare.» Gli lascia un piccolo bacio sul naso, strofinando poi i loro due insieme. «Dai, mettiti dei pantaloni addosso e vieni di là. Ti amo.» E dopo l'ennesimo sfioramento di labbra, finalmente raggiunge sul serio il salotto, iniziando ad aprire il primo scatolone.

Quando l'ora di cena arriva, decidono di ordinare delle pizze, entrambi troppo stanchi per cucinare.
«Io vado a letto, sono stanco morto.» Sbadiglia Harry mentre i titoli di coda prendono il posto delle immagini del film che hanno appena finito di guardare.
«Va bene, io sto ancora alzato un attimo.» Annuisce, alzando il braccio dalle spalle del riccio per facilitargli l'uscita dal groviglio di coperte e gambe in cui si ritrovano.
«Buonanotte.» Gli augura, abbassandosi per lasciargli un leggere bacio sulle labbra.
«'Notte, ti amo.» Sussurra contro le labbra del suo ragazzo che si piegano in un sorriso.
Non ha tutto questo sonno, e si ritrova a pensare a quanta strada abbiano fatto insieme nel giro di poco più di un anno.
Si ritrova a ricordare gli sguardi scambiati di sottecchi al centro, di quanto entrambi siano cresciuti e quanto ora stiano genuinamente bene.
Ripensa al loro primo bacio, alle sensazioni che gli aveva fatto provare sotto pelle e a come quelle sensazioni si ripresentino ancora ogni qualvolta che si sfiorano. Pensa di essere davvero tanto fortunato ad averlo trovato. Pensa di amarlo con tutto se stesso, come non amerà mai nessuno. Pensa così tanto che si fanno le due del mattino, il giorno dopo ha un colloquio ad una scuola superiore, e quando controlla l'ore decide che sia meglio andare a dormire.
Spegne la televisione, che ora trasmette un programma sui coccodrilli, e spegne l'unica luce fioca che illumina la stanza, andando verso la porta della camera ed aprendola con più delicatezza possibile e cercando di non fare rumore per non svegliare Harry.
Gli occhi, ormai abituati al buio, riescono a captare un fogliettino cadere non appena la maniglia si abbassa.
Lo raccoglie da terra, mettendo piede nella stanza e sedendosi sulla sua parte di letto. Accende la lampada che giace ancora inutilizzata sul suo comodino, cercando a tentoni l'interruttore.
«Non ci credo...» Sussurra stupito, scuotendo la testa con divertimento. 
Non dovrebbe essere così sorpreso, ne è sicuro, è pur sempre di Harry che si parla, ma il sorriso a trentadue denti che gli si stampa sul viso  è inevitabile.
Sono due fiori, i soliti che Harry disegnava e lasciava alla sua porta per comunicargli qualcosa che al tempo non riusciva a comprendere. Ma ora? Ora sì. Uno verde ed uno blu, a rappresentare la stabilità che sono riusciti a trovare insieme, la calma, l'equilibro e l'armonia con cui vivono un giorno dopo l'altro, sostenendosi a vicenda e facendo di ogni minimo dettaglio dell'altro un bene prezioso, come le fossette di Harry o gli occhi di Louis.
Sul foglietto, una frase scritta nell'elegante calligrafia ordinata del riccio: "A noi e alla nostra felicità costante, ti amo. -H". 
Louis lo ripone, dopo averlo fissato per fin troppo tempo, nella scatolina in cui ancora conserva tutti gli altri e si stende a letto, passando un braccio attorno alla vita del suo ragazzo e sussurrandogli parole dolci all'orecchio, sapendo che grazie al sonno pesante non si sarebbe svegliato, fino ad addormentarsi con il cuore riempito di gioia.

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