Capitolo 1

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«Qualcuno ha sentito Noah negli ultimi giorni?» Domandò Anthony.<<No, io non lo sento da tre settimane. Ho provato a chiamarlo ma non risponde.>> Disse Julienne.

<<Avete provato ad andare a casa sua?>> Chiese Alexia mentre portava la sigaretta alla bocca.

<<Non vorrei che pensasse che siamo troppo invadenti.>> Rispose Anthony guardandosi attorno.

<<Io ci vivo vicino, al massimo faccio un salto. Persino nel gruppo chat non scrive più nulla.>>

Disse Joseph alzandosi e abbracciando da dietro Alexia.Gli occhi di Anthony guardavano terra.

<<Forse vuole solo esser lasciato in pace.>> Disse Gabriel che era lì, mano nella mano con la sua amata.

Anthony lo fissò intensamente.

<<Tu dici?>> Domandò poi pur sapendo la verità.

<<Stavo solo...>> Iniziò Gabriel.

<<Lo conosci davvero così bene? Uh? Non vi siete mai parlati prima, giusto? Perché ti immischi in questa questione?>> Disse Anthony.

Gabriel rimase in silenzio, tutti puntarono gli occhi su di lui, divenne il centro mediatico del momento. Nessuno capì quella discussione, solamente loro percepirono cosa stesse cercando di dire l'altro, solamente loro due, d'altronde, conoscevano la verità.

<<Anthony ora non esagerare come sempre.>> Disse Alexia. <<Stava solo cercando di dare una mano, quello strano è Noah.>>

Anthony tacque.

<<Cosa volete fare questa sera?>> Domandò Joseph.

<<Io la mia macchia non la metto a disposizione.>> Disse Anthony alzandosi. <<Mi è passata la voglia di uscire.>> Poi se ne andò sotto gli occhi increduli del gruppo che amava tanto.

Gabriel si alzò e cercò di raggiungerlo. Proprio quando Anthony entrò nella sua macchina, Gabriel lo bloccò e aprì la portiera.

<<Che problemi hai?>> Domandò Gabriel.

Anthony lo guardò confuso. <<Sei serio o sei davvero così idiota?>>

<<Attento a come parli, lo sai che con me finisce male.>>

Anthony si alzò dalla vettura ed uscì fuori sbattendo la portiera.

<<Non ti senti neanche minimamente in colpa per ciò che hai fatto?>> Domandò.

<<E cosa avrei fatto?>> Chiese di ripicca Gabriel.

<<Certo, ora cerchi di negare ciò che è successo, magari cancellalo anche dalla testa, ma io ricordo, come te e come lui.>>

<<Io non...>>

<<Se non hai avuto le palle di amare Noah almeno abbi le palle di lasciarlo stare.>> Disse per poi entrare in macchina. <<E se pronunci ancora da quella bocca marcia il suo nome, ti giuro che te ne pentirai.>>

Gabriel guardò il suo ex migliore amico andare via con una sgommata per via, probabilmente, del nervosismo. Quando qualcuno gli disse la verità nuda e cruda in faccia, Gabriel non seppe cosa fare. Si guardò attorno e il suo pensiero andò a Noah. Strinse gli occhi, scosse la testa, finse un sorriso e tornò dagli altri.***Uno squillo del telefono interruppe la tranquillità che tanto stava cercando. Noah prese il telefono e quando vide il nome di Anthony lo spense nuovamente.Si rotolò nel letto e continuò a riposarsi, non era stanco, non aveva nemmeno sonno, ma se avesse dormito, per lo meno, non avrebbe sofferto.Qualcuno bussò alla porta della sua camera, era sua madre.

<<Posso?>> Domandò con la solita voce dolce che l'aveva sempre contraddistinta.

Noah fece solamente un cenno.La donna si avvicinò al letto del figlio per poi sedersi proprio al suo fianco. Lo accarezzò e bastò quel gesto a farlo crollare nuovamente.La donna guardò la scena impotente, col cuore che le piangeva e l'anima a pezzi. Sapeva perfettamente cosa stava succedendo, ma Noah non volle dirgli nulla. Sapeva perfettamente che la vita di suo figlio sarebbe stata ancora più dura, essere così "speciali" al giorno d'oggi non era affatto facile, sarebbe stata una strada in salita, solamente in salita, una salita fatta persino di dossi, e lei non avrebbe potuto far nulla se non sorreggerlo finché non avrebbe avuto forze. Un giorno non ci sarebbe stata più, ed è lì che anche lei fece cadere qualche lacrima sulle lenzuola già mezze fracide.

<<Vuoi mangiare qualcosina?>> Domandò trattenendo il singhiozzo.

Noah rifiutò col capo.

<<Devi pur mangiare qualcosa.>>

Noah la abbracciò e non proferì parola. La donna rimase al suo fianco, in quella stanza buia, fredda, triste. Si allungarono entrambi sul letto e lo accarezzò fino a quando non avrebbe preso sonno, come aveva sempre fatto quando Noah era più piccino. Spesso era solita raccontargli diverse fiabe con una voce dolce e melodiosa, come a cantargli una ninna nanna, per permettere al suo piccolo angelo di fare sogni tranquilli. Forse furono proprio quei gesti a fargli avere una percezione buona della realtà, forse era per quello che Noah era un sognatore e aveva ancora fiducia, forse era per quello che Noah non era ancora morto. Si sentì in colpa, profondamente. Sua nonna non fu per nulla premurosa nell'infanzia della madre, per questo Noah la reputava una donna molto forte, ma col figlio, beh col figlio fece diversamente. Gli diede tutto ciò che non aveva mai avuto: amore. Ma è l'amore a rendere debole una persona? Non lo sapeva, ci stava riflettendo anche lei ora che suo figlio era tra le sue braccia a piangere fino allo sfinimento.Dopo qualche ora il respiro di Noah si fece più pesante, era finalmente crollato. Posò il viso di suo figlio sul cuscino per poi rimboccargli le coperte ed uscire dalla stanza.***«Il gruppo non è più lo stesso.» Disse Julienne buttando la sigaretta che aveva poco prima in bocca a terra.
Era lì, sola con Anthony, come era loro solito fare.

«Dopo l'estate che abbiamo trascorso la vedo dura.» Rispose Anthony mentre fissava le macchine passare lungo la strada.

Era pomeriggio, faceva molto caldo, entrambi non avevano più alcuna meta da raggiungere. Il villaggio iniziava a mancare, e anche tanto.

«Perché di tutta questa faccenda io non ne so niente?» Domandò Julienne.

«Meno sai, meglio è.» Rispose l'amico. «E poi non spetta a me dirti certe cose.»

Julienne rifletté alle parole di Anthony e cercò di arrivarci da sola, ma come avrebbe potuto lontanamente sospettare ciò che realmente era successo quell'estate?Il telefono di Anthony squillò per un attimo, era la notifica di un messaggio.

"Ti va se ci vediamo? Solamente tu ed io però."

Era di Noah.Anthony sbarrò gli occhi, non fece capir nulla alla ragazza al suo fianco.

"Vengo sotto casa tua?" Domandò.

"Sì, sono già pronto." Rispose Noah.

«Julienne, devo andare. Ci organizziamo poi per questa sera.» Disse alzandosi dalla panchina su cui erano seduti.

«D'accordo, mi faccio un altro giretto e poi torno.»

«Non fare tardi come al solito.»

«Tranquillo!»

Anthony entrò in macchina, mise la prima marcia e volò verso la zona in cui abitava Noah. Non lo sentiva da quel famoso giorno, il famoso giorno in cui tutto iniziò ma allo stesso tempo tutto finì. Aveva così tante domande da porgli eppure voleva solamente vedere l'unica persona che, forse, gli voleva realmente bene.Arrivò sotto al cancello del palazzo in cui abitava Noah e lo vide, finalmente lo vide. Aveva un viso un po' diverso, ma era sempre lui. Forse un po' dimagrito, uno sguardo che non era propriamente il suo, ma pur sempre Noah.Quando l'amico entrò in macchina lo abbracciò.

«Quanto mi sei mancato.» Disse Anthony.

Noah, però, non ricambiò l'abbraccio.

«Tutto bene?» Domandò poi.

Noah fece un cenno con la testa.

«Dove ti va di andare?»

«Dove vuoi.» Noah finse un piccolo sorriso per poi indossare la cintura di sicurezza.

Durante il tragitto nessuno dei due parlò. Noah si limitò ad osservare la città che tanto odiava, cercò di non pensare al fatto che l'estate era realmente finita. Era fine settembre ormai e la vita si era avviata quasi per tutto, eccetto che per lui.Arrivarono ad una pompa di benzina abbandonata con uno spiazzale dietro in cui parcheggiare.

«Sei diverso.» Disse Anthony senza peli sulla lingua.

«Me lo dice anche mamma.» Rispose Noah sorridendo.

«Che hai fatto in queste settimane? Perché non mi hai chiamato prima?»

«Avevo bisogno...» Si fermò. Fece un profondo respiro, non voleva piangere più avanti a nessuno. «Avevo bisogno di un po' di tempo.» Disse sorridendo. «Dopo un'estate passata attaccati è giusto che mi prenda i miei spazi, no?»

Anthony sorrise anche se la battuta era palesemente una bugia.

«Già, immagino. Pensa io che ci sto a contatto con loro da più di quattro anni ormai.» Disse Anthony ridendo.

«E voi? Che avete fatto?» Domandò Noah.

«Abbiamo ripreso la solita routine. Un po' ai giardinetti, un po' in centro, un po' al parco, solita storia.»

«Bello schifo.»

«Mi manca il villaggio.» Disse Anthony.

«Manca tanto anche a me.»

Dopo alcuni secondi di silenzio, Anthony si accese una sigaretta. «Gli altri mi hanno chiesto di te, sai?»

«Gli altri chi?»

«Alexia, Joseph, Julienne, Daniel. Si stanno tutti chiedendo che fine hai fatto. Persino nella chat di gruppo non rispondi.» Disse ridendo.

«Non è nulla contro di loro, spero lo sappiano.»

«Lo sanno.» Anthony fissò Noah negli occhi.

«È che... quelle quattro mura... le quattro mura che per tanti anni ho odiato... mi stanno proteggendo. Mi sento al sicuro quando sto a casa, e non perché questa città fa schifo, non per la criminalità o il pregiudizio. Semplicemente se non vedo l'esterno non penso a ciò che c'è lì fuori.»

«Non ti manca il mondo esterno?»

«No.» Disse Noah tagliando corto. «Se sono uscito è perché mi andava di prendere una boccata d'aria fresca con qualcuno di cui mi fido, tutto qui.»

«Nessuno sa nulla.» Anthony lanciò la bomba. «Né io, ne lui abbiamo detto qualcosa.»Noah fece semplicemente un cenno con la testa. «Anche se sapessero non sarebbe un crimine.»«Lo so, è solo che spetta a te dire...»

«Ha rinnegato me, rinnegherà anche la sua estate.» Noah alzò la testa e sorrise. «E va bene così.»Anthony stette in silenzio ad aspettare.

«Aspetti un mio sfogo?» Domandò Noah quando vide che l'amico era in silenzio.

«No... è che...»

«Ho versato fiume di lacrime, ho portato mille volte la mano al petto per il dolore. Ho soffocato la mia rabbia, la mia malinconia in un cuscino. Spesso piangevo persino quando pisciavo, lì invece utilizzavo l'accappatoio per tapparmi la bocca alle tre del mattino. Vuoi sentirti dire questo? Vuoi che ti dica come mi addormentavo con le lenzuola bagnate di lacrime? Come il muco quasi mi soffocava e lasciavo che lo facesse? Non mi sono ammazzato, sono qui, mi vedi. Non cerco compassione, non cerco le solite frasette. Voglio un maledetto pomeriggio in cui lui non sia il protagonista di qualche conversazione. Ma se anche tu ora ti metti e lo ficchi in mezzo alla nostra conversazione allora io non so più che fare. Dovrei conviverci? Dovrei imparare ad incanalare il dolore come mi è stato detto di fare? Dovrei augurargli il meglio? Già lo faccio, non ti preoccupare.» Noah si fermò un istante. «Voglio tornare a vivere una vita normale. Voglio tornare a prima che lo conoscessi, a prima...» Si fermò di nuovo. «A prima, punto.»

Anthony abbassò la testa. «Torni a uscire con noi quindi?»

Noah aspettò un attimo prima di rispondere. Nella sua testa il fiume di parole che sgorgava cercava qualche via di uscita, aveva ancora tanto da dire e tanto da fare, ma non era il momento e neanche il caso. Si appoggiò alla macchina e ci entrò dentro. Si allacciò la cintura e aspettò che Anthony entrasse in macchina. Prima che potesse inserire le chiavi della macchina si bloccò.

«Stasera andremo al parco, vicino casa tua. Sei dei nostri?»

Noah osservò i cespugli che aveva difronte, prese un profondo respiro e si rilassò sul sedile per poi rispondere.

«Sì, sono dei vostri.»

Come un tuono all'improvviso: Parte IIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora