Capitolo 4

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La sveglia del telefono gli fece aprire gli occhi. Rimase per un po' a fissare il soffitto. Aveva un respiro profondo, non sapeva se era dovuto al risveglio traumatizzante o a qualcos'altro. Iniziò a pensare a tante cose, iniziò a porsi mille domande, domande che alle 10:30 del mattino nessuno dovrebbe porsi. Finalmente mise i piedi a terra. Il contatto con le mattonelle ghiacciate lo svegliò ancor di più. Si mise i calzini e si diresse in bagno. Si sciacquò velocemente il volto per poi notare la faccia distrutta che aveva. Si guardò allo specchio. Si osservò a fondo, come se si stesse analizzando, come se cercasse di dirsi qualcosa. Guardò la sua solita catenina d'oro, era bagnata. La asciugò velocemente con un asciugamano e si diresse in cucina.

«Buongiorno Gabriel.» Disse sua madre.

«Giorno.» Rispose lui.

«Solito?»

«Sì.»

La madre iniziò a mettergli davanti una tazza di cereali e ci versò del latte freddo e un po' di caffè.

«Dov'è quel malato di mio fratello?» Domandò tra un boccone e l'altro.

«A scuola, oggi ricomincia.»

Gabriel rise.

«Solamente perché è stato bocciato qualche anno in più di te non ti rende migliore di tuo fratello!» Disse la madre rimproverandolo. «Guardati. Cosa stai facendo della tua vita? Perché non ti trovi un lavoro, uh?»

Gabriel fece finta di non sentire, era nel suo mondo. Era la solita solfa di ogni giorno.

«Mi stai ascoltando?» Domandò la donna.

«Vado a vestirmi, devo andare in palestra.»

«Capirai, ormai ti vedo solamente quei cinque minuti la mattina e qualche altro a pranzo.»

Quando scese di casa con il suo borsone fece il solito tragitto. Prese il telefono e iniziò a sentire qualche canzone.

"Buongiorno cucciola." Mandò un messaggio a Julienne.

Il messaggio fu consegnato ma non ricevette una risposta immediata. «Ma che le prende ultimamente.» Disse tra sé e sé.

Passarono le ore, l'allenamento finì, nulla di troppo entusiasmante. Preferiva andare in palestra la mattina per poter scacciare i pensieri che spesso non lo facevano dormire la notte ma, soprattutto, perché non c'era quasi nessuno. Era solo, libero di poter sfogare la sua rabbia repressa nel modo più salutare che conosceva: la violenza.

"Giorno." Rispose Julienne.

"Ti sei appena svegliata?"

"No."

"Perché non hai risposto prima allora?"

"Cosa c'è ora? Devo anche risponderti un secondo dopo che mi mandi un messaggio?"

"Cos'è? Ti è venuto il ciclo per caso?"

"Senti, ci sentiamo più tardi."

"Vengo sotto casa tua alle 16:30, d'accordo?"

"Come vuoi."

Tirò un sospiro come per calmarsi. Portò la sua mente erroneamente all'unica persona che non gli aveva mai causato alcun tipo di problema. Rimase imbambolato sulle panchine dei giardinetti, erano di strada ogni volta. Rifletté sul perché di determinate situazioni, rifletté soprattutto sulle parole di Daniel.

"Chissà cosa starà facendo."

"Chissà se si sente con qualcuno."

"Chissà se mi odia."

Come un tuono all'improvviso: Parte IIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora