Capitolo 17

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Noah rimase immobile all'affermazione di Julienne. La guardò negli occhi con il cuore che batteva a mille per l'ansia. Julienne aveva un sorriso in volto, non sembrava affatto turbata, anzi, sembrava rilassata, come se si fosse liberata di un enorme peso, un peso che forse si è portata per tanto, che non la faceva stare bene né con gli altri né con se stessa. «Non è stato tanto bravo a nasconderlo.» Disse riferendosi a Gabriel. «L'ho sorpreso più volte a fissarti, come se io non esistessi, come se alla fine dei conti anche se stava con me la sua anima fosse da un'altra parte.»

«Julienne...»

«E poi al compleanno di Alexia avevo già i miei dubbi, ma mi dissi che era impossibile, che uno come Gabriel non poteva mai essere omosessuale. Però poi non vi trovai in casa, entrambi eravate spariti. E dove potevate essere in mezzo a quella desolazione? La mia mente ha viaggiato, non puoi capire quanto ha viaggiato, avevo paura che mi stesse tradendo con un maschio, per giunta tu, uno dei miei amici più cari, ma mi sentivo tranquilla, perché non l'avresti mai fatto.» Julienne guardò Noah negli occhi. «E a Natale ne ho avuta la conferma. La presenza di Fabien non lo fece sentire a proprio agio, persino quando Fabien stesso non c'era, quando eravate fuori per le vostre uscite, Gabriel era intrattabile, irascibile. Non andavamo a letto da settimane ormai e non si faceva toccare. Mi ha anticipato sui tempi perché l'avrei lasciato io non appena tornati, ma ha dovuto rovinarci le vacanze. Sarò stata esagerata all'epoca ma... Noah essere lasciati da qualcuno che forse non ti ha mai amato è una doppia sberla morale in faccia, poi avanti a tutti voi... Non potevo rimanere in quello Chalet, il dolore era troppo perché, per quanto possa andare piano con le relazioni, alla fine sotto sotto con lui ci stavo bene, avevo abbassato i miei muri difensivi, ho provato a fidarmi ma... alla fine non è andata e, sinceramente, boh credo di essere contento che mi abbia lasciata per te, meglio tu che chiunque altra gallinetta o... gallo a quanto pare.»

Noah abbracciò la sua amica.

«Perché non mi hai detto niente? Aspettavo che me lo dicessi.» Disse Julienne.

«Mi sentivo in colpa...»

«E per cosa? Non le controlliamo noi queste cose Noah. Avete fatto qualcosa alle mie spalle?» Domandò Julienne.

«Un bacio da ubriachi.» Noah omise ciò che successe la notte prima che Julienne e Gabriel si lasciassero.

«E quale è il problema? Anche io mi bacio con Alexia da ubriaca.» Julienne rise e gli prese la faccia tra le mani. «Ero arrabbiata, ma dovevo sbollire. Sei sempre il mio migliore amico, ok?»

Noah si emozionò e la abbracciò.

«Tu sei per lui quello che lui è per me.» Sussurrò Julienne. «Ricordalo.»

Noah la guardò e annuì con la testa nonostante dentro di sé, in quel preciso istante, pensava totalmente ad altro, aveva riguadagnato la sua amica più cara, quel peso che si portava da tempo era stato finalmente seppellito. Forse era effettivamente colpevole e Julienne era stata anche fin troppo gentile con lui, ma l'unica cosa importante era che poteva riavere la sua amica tra le braccia. Aveva omesso alcuni particolari, aveva omesso che lui e Gabriel amoreggiarono sul tappeto la notte prima che accadesse tutto, aveva omesso dell'intimità creata su quella palazzina abbandonata nel bel mezzo della campagna invernale e, soprattutto, aveva omesso ciò che Gabriel gli aveva detto, la sua confusione sessuale, la sua quasi sicurezza di essere bisessuale e non omosessuale come crede lei. Era tutto troppo complicato, la sfera sessuale è così enigmatica che ci è spesso difficile definire chi è cosa, perché definire, perché etichettare? Noah iniziò a capirlo quell'inverno, imparò molte cose assieme alla sofferenza, alla gioia, alle lacrime e alle guance doloranti per le risate, imparò che non c'erano differenze nel differente, che forse non esistevano affatto differenti, esisteva semplicemente l'essere umano che si comportava da tale, che provava quello che voleva provare e che amava chi voleva amare, indipendentemente da cosa c'era lì sotto. Capì che forse un legame indissolubile andava oltre la sessualità, che una persona poteva anche non essere nulla ma amare come un forsennato, non provare più nulla ma sotto sotto sperarci ancora, essere distrutto ma sotto sotto ancora con quella fiammella di fiducia nel genere umano. Quella notte Noah raccolse l'ultimo tassello dell'enigma che stava avvolgendo la sua vita da ormai un anno, si godette tutto ciò che poté quella sera e, quando tornarono dagli altri, non pensò più a nulla, non pensò a Gabriel che, come sempre, buttava l'occhio ogni due per te, non pensò al ritorno a casa con gli altri mezzi brilli, si godette il panorama, la bellissima amicizia che aveva sviluppato nell'arco di un anno e che, inevitabilmente, lo aveva guarito durante lo scorso inverno senza che nemmeno se ne accorgesse. A settembre era spezzato a metà, privo di emozioni, privo di fiducia, con l'anima a pezzi e le aspettative a zero e lì, in quel 18 Maggio 2020, si rese conto di quanta strada aveva fatto e, se ripensava a tutto, una strana adrenalina attraversava tutto il suo corpo, una strana voglia di vivere gli dava alte aspettative per il futuro. Gettò il pensiero persino su Fabien e decise di chiamarlo.

«Pronto?» Disse Noah con un tono entusiasta.

«Noah? Sei davvero tu?»

«Come stai?» Noah si allontanò dagli altri e Gabriel lo guardò.

«Bene, non mi aspettavo una tua chiamata... è passato così tanto tempo.»

«Lo so è che... mi andava di sentirti, stavo tirando le somme dentro di me e mi sei venuto in mente.»

«Ah si? E che ne stavi traendo?»

«Che è stato un anno fantastico.»

«Mi fa piacere sentirtelo dire. Le cose sono cambiate?»

«Non lo so se qualcosa è cambiato.» Noah guardò Gabriel. «Ma ho più consapevolezza in me, non lo so, è strano.»

«Strano? E perché mai?»

«Perché diventare grande mi spaventa. Ho vissuto un inverno da diciottenne nonostante sia un po' più grande ed è arrivato il momento di iniziare a prendere decisioni importanti nella mia vita.»

«Come è giusto che sia.»

«Già... a lavoro tutto bene?»

«Sì, tutto bene.» Fabien sorrise. «Hai bevuto?»

«Un po'.»

Fabien rise. «Hai qualcuno che ti accompagna a casa?»

Noah guardò Gabriel. «Avrò sempre qualcuno che mi riporterà a casa.»

«E con Gabriel?»

«Nulla.» Noah sorrise. «Nulla.» Ripeté.

«Capisco... comunque se ripassi da Courmayeur ricordati di chiamarmi, ora devo andare sto finendo una incisione.»

«Certo, lo farò. Buon lavoro Fabien e... grazie.»

«A presto Noah.»

Noah rimase immobile nel bel mezzo di quel posto. Si avvicinò al gruppo e continuò a cantare e ad urlare a squarcia gola. Passò una serata indimenticabile, una di quelle serate che si ricordano per sempre, comunque vadano le cose nel futuro perché, sotto sotto, continuava a ripetersi nella sua testa una semplice ed unica frase, una frase che avrebbe utilizzato da quel momento fino alla fine dei tempi.

"È valsa la pena arrivare fino a qui."

Come un tuono all'improvviso: Parte IIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora