Capitolo 14: Persi

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Correva veloce. Dopo aver sentito quell'urlo per un attimo era rimasto impotente, immobile a fissare il vuoto, poi quando ne sentì un secondo, ma questa volta quasi mostruoso, decise di precipitarsi al suo seguito. La sua fronte era imperlata di sudore; quanti corridoi aveva percorso? Dieci forse? Non lo sapeva, aveva perso il conto da ormai qualche minuto. La strada gli pareva infinita. Continuava a evitare buche e cadaveri da un tempo a lui sconosciuto. Probabilmente ore. Era come se qualcosa non volesse fargli raggiungere l'origine di quel grido. Assorto nei suoi pensieri, perse la concentrazione. Quando rinvenne un cadavere era proprio davanti alla sua strada. Cercó di saltare ma calibró male la spinta, inciampó sul cadavere e cadde, dimenandosi per uscire da quel putridume. Si alzó frettolosamente. Riprese a camminare. I pantaloni zuppi di sangue. Infine arrivó a quello che sembrava l'ennesimo corridoio. Ma c'era qualcosa di differente. Uno di quei cadaveri, questa volta, era più recente. Si avvicinó di malavoglia, qualcosa in quel cadavere non lo convinceva. Cercó di ispezionarlo ma era ridotto così male da essere ormai irriconoscibile, poi notó qualcosa al suo fianco: un coltellino svizzero. Vi era incisa una M. Osservó il cadavere un'ultima volta, aveva capelli scuri, corti e portava gli occhiali. Un brivido si impossessó di lui. Mike. Quella parola riecheggió nella sua mente come fatale. Lasció cadere il coltellino, inorridito, e fece qualche passo indietro. Cadde all'indietro proprio in una breccia nel muro, si rannicchió preparandosi a una brutta caduta ma atterró su qualcosa di morbido. Sentì un odore familiare, sollevó la mano. Arrivata a contatto con quella cosa. Sangue. Giró la testa di lato e la vide. Eliza era morta e distesa in una posizione innaturale. Aveva le mani congiunte al petto, gli occhi chiusi e un piccolo sorriso. Come se stesse solo dormendo. Era ferita profondamente, ferite da arma da taglio, le stesse che aveva Mike. Rimase a fissarla per un po' tra lo sconcerto e il dolore. Poi si alzó uscendo dalla breccia, e lo vide. In fondo al corridoio di spalle si poteva notare un ragazzo, si e no della sua età, teneva stretto un lungo e affilato coltello sporco di sangue ancora fresco, e i suoi vestiti erano imbrattati dello stesso sangue. Si giró. Aveva un'espressione indecifrabile. Pronunció solo due parole. -Ciao, Rob-.

***

La fissava immobile. Rachy l'aveva gia richiamata più volte ma Jenny proprio non ce la faceva. Si sentiva così impotente. L'aveva abbandonata quando era più in difficoltà. L'aveva delusa, ma soprattutto l'aveva lasciata a morire. Si aggrappó a una piccola speranza "Magari é fuggita" pensó. Ma non ci credeva tanto nemmeno lei. Camminarono, instancabili. Il loro obiettivo doveva essere trovare gli altri. Non si sarebbero dovute fermare davanti a niente, ma ormai non avevano più nemmeno una meta precisa. Nella testa di Jenny regnava il caos. Il caos peggiore di tutti. "Un caos silenzioso". Un silenzio martellante che le irrompeva in testa. Che le faceva capire che non sapeva più cosa fare. Le sue idee si erano come bloccate. Poi una voce. -Vedo che state cercando qualcosa, o meglio qualcuno...- pensò che quella voce venisse dalla sua testa ma non era così. Tanto che pochi attimi dopo, Rachy gridò in risposta -Dove sei?! Fatti vedere!!-. Senza fiatare dall'angolo opposto a loro uscì una ragazza. Aveva la pelle olivastra e capelli corvini con stiature bionde raccolti in una coda. Le osservava divertita. Alzò le mani in segno di difesa e dopo qualche attimo parlò. -Ehi, datti una calmata. Si da il caso che io sappia cosa state cercando...o meglio chi...e posso garantirvi che è in un bel mare di guai-.

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