16 - Confessioni

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Non andava in ufficio da una settimana. Si alzava, si faceva una rapida doccia, si vestiva con cura, con sempre meno cura, preparava la borsa , faceva colazione con sua madre e Emine, mangiando sempre meno, chiacchierava con loro, come se niente fosse, del più e del meno, di piccoli problemi quotidiani e con loro rimetteva a posto le tazze, preparava la borsa e poi inventava un qualche problema, un intoppo, un ritardo e restava in ciabatte a guardare sua madre che usciva e saliva in macchina verso l'ufficio, la guardava dalla finestra sorriderle e salutarla, sparire nel traffico.
Solo in quel momento, da dietro i vetri guardava Mehdi che , come da una settimana a quella parte, ogni mattina era lì, appoggiato alla sua auto, davanti al loro cancellino, col suo tisbih fa le dita, con la sua aria seria e inamovibile, la guardava silenzioso. Restavano lì qualche attimo a guardarsi e poi lei lasciava ricadere la tenda e tornava dentro.
"Non uscirai nemmeno oggi? Non gli darai ascolto? Vuole solo parlarti" le disse l'amica
"Vuole solo parlarmi..."
"no beh magari vorrebbe anche qualcosa di più ma si accontenterà di parlarti, è una settimana che viene qua tutti i giorni.. ascoltalo"
"Se lo ascolto gli darò ragione qualunque cosa mi dica e non voglio, non voglio più ascoltarlo Emine..."
"Non smetterà di venire..." Elif iniziò a piangere dalla sua cameretta "...vado a preparare Elif. Tu apri quella porta, cavolo e levati questo pensiero"
Tornò alla finestra, lui era ancora lì, si stava fissando la punta delle scarpe, era una bella giornata di sole, aveva i jeans ed una camicia chiara chissà se Benal gli stira le camicie, liscia e accarezza quel tessuto come se accarezzasse lui, si ritrovò a pensare...o lo farà Mujigan, la cara servizievole sorella.." chissà come sarà stato idilliaco l'andamento in quella grande casa ora che lei non c'era più, che sua madre Sakine si era definitivamente trasferita a Konya...chissà... sentiva Kibrit regolarmente, quella ragazzina aveva una sensibilità enorme, non le parlava mai di Mehdi né della casa. Solo scuola, amicizie, piccoli successi. Ne era così orgogliosa. "Resterai mia madre vero?" le aveva chiesto un giorno "resterò al tuo fianco sempre come una madre" le aveva risposto.
Doveva dirle del bambino.
Un giorno.

Vide Nuh arrivare, come ogni giorno. Suonava, aspettava fuori dalla porta che Emine gli aprisse, le sorrideva, innamorato perso e poi usciva insieme a lei e alla bambina. Stavano piano piano riallacciando i rapporti con Sultan che si era innamorata persa di Elif.
Ricordava l'ansia dell'amica al pensiero del suo rientro nel quartiere, arrivare dopo tanti mesi con una bimba, da sola, non sposata, non sarebbe stato facile.
Nuh aveva risolto tutto con semplicità.
Si era presentato una mattina, le aveva parlato, da solo in salotto e poi erano usciti tutt'e tre avviandosi verso il negozio di Sultan, dovevano attraversare tutto il quartiere. Avevano camminato tranquilli salutando con qualche cenno della testa qua e là qualche conoscente incuriosito da quel terzetto, arrivati nel centro del quartiere lui aveva fatto un cenno verso Emine che aveva sorriso e annuito, aveva preso Elif dalla carrozzina e se l'era appoggiata sul petto facendole posare la testolina su una spalla. Elif aveva ripreso a dormire tranquilla, le piccole manine appoggiate ai lati del viso, sbavando un po' sulla sua camicia. Era apparso un sorriso beato sul viso di Nuh, come se avesse raggiunto la soglia del Paradiso con quel piccolo peso da portare, cauto e orgoglioso.
Nessuno avrebbe chiesto se quella era la figlia di Nuh ed Emine, se n'era assunto la responsabilità, con naturalezza, con amore.
Sarebbero andati avanti così, da amici, senza impegno, donando a Elif un futuro meno pesante. Chissà cosa avrebbe riservato il futuro a quella coppia, per adesso si accontentavano, anzi erano felici, di una normalità anormale, di un equilibrio da cercare ogni giorno. Sultan li aveva accolti come se non fossero mai partiti, aveva pianto davanti alla nipote, che portava il nome di sua madre, aveva accarezzato le guance della figlia, aveva offerto un tè, così sulla soglia dell'emporio. E la vita era andata avanti.

Chissà come sarebbe andata avanti la sua vita. Avrebbe avuto anche lei un figlio o una figlia da crescere, voleva farlo senza un padre?
Nuh suonò, gli aprì lei "Buongiorno Nuh, Emine arriva subito"
"Buongiorno cognata, bella giornata eh" le rispose l'amico "hai intenzione di farlo entrare?" le chiese sottovoce facendo un cenno verso Mehdi ancora appoggiato all'auto "Oggi ..." gli rispose "oggi forse è quel giorno".
Emine arrivò con la bambina e ci fu un attimo di confusione fra carrozzina e copertine, biberon da prendere, un piccolo pelouche che non si trovava, il ciuccio di riserva...."pensavo che potremmo portare Elif al mare, che dici Emine?'"
L'amica sorrise e i tre si allontanarono per la loro passeggiata.
Zeynep era rimasta lì sulla porta aperta, guardò Mehdi che la fissava dall'altra parte della strada e rientrò in casa, verso il salotto, lasciando la porta spalancata.
Mehdi capì il segnale ed entrò, chiudendo piano il battente dietro di sé.
La casa aveva un buon profumo di colazione appena fatta, il toast, il latte caldo, piccoli giochi qua e là, era una casa vissuta, viva.
Gli balenò la visione della sua grande casa, senza più sua madre, regno delle sue sorelle, con l'ordine maniacale di Mujigan, la remissione di Cemile. Ormai in quella casa nemmeno Yasemine e Kibrit ridevano più.
"Vieni Mehdi, siedi qui" sentì la voce di Zeynep che lo chiamava e entrò nella stanza, si mise seduto sul divanetto davanti alla poltrona dov'era lei. Poteva guardarla negli occhi.
"Come stai?"esordì " come..."
lei lo bloccò subito con un cenno della mano. "non voglio parlare del bambino adesso. Come vedi, sto bene".
Mehdi chinò la testa, gli faceva male questa sua freddezza, ma la capiva.
Iniziò a raccontare " Vorrei solo provare a spiegarti alcuni miei comportamenti. Però devo partire da lontano. Ricordi mia madre, Zeliha, la sua dolcezza, la sua comprensione, la sua solidità. Non è sempre stato così. Mio padre era un riferimento nel quartiere, sempre pronto ad aiutare tutti, a sostenere i più deboli, a trovare un lavoro ai disperati, una casa a chi la perdeva, una famiglia ai bambini soli.
Era un anima buona e caritatevole, dicevano tutti, rispettata e temuta che nessuno osava contraddire. Era così , per tutti. Probabilmente era la sua missione, la sua volontà, il suo modo di dare un contributo alla vita di questo quartiere. Oppure aveva solo sete di protagonismo, di ribalta, voleva solo essere il grande padre di tutti.
Non l'ho mai capito, eppure ero così fiero di lui, anche se lui non mi ha mai fatto da padre, in quella grande casa ero sempre solo con le mie sorelle, aspettavo come una festa il giorno che poteva passare con me qualche ora, e non ne ricordo molte di quelle occasioni, mentre mi ricordo le sere solitarie di noi, ad aspettarlo a cena, mentre lui era chissà dove a risolvere chissà quali problemi.
Aveva un carattere difficile, a tratti iroso, se trovava situazioni difficili c'erano anche volte che le risolveva con la forza. Per me era un'idolo e mia madre ha sempre temuto questa somiglianza col suo carattere...comunque... in tutta quella attività benefica aveva trascurato il suo lavoro, l'officina era sua, e mia madre iniziò ad andare a lavorare. Trascurando me. Mantenevamo noi stessi e aiutavamo tante persone. In tutto questo c'era un certo prestigio nel quartiere. Io ne ho sofferto molto. Di fatto è per questo che sono stato cresciuto da Mujigan che, è vero, ha rinunciato a molto per starmi vicino".
Si fermò un attimo e la guardò. Zeynep stava in silenzio aspettando il seguito di quella storia, fino ad allora era più o meno come se l'era immaginata.
Mehdi prese un po' di aria.
"Avevo 18anni, stavo finendo le scuole superiori, alla fine mi sentivo fortunato, sarei andato all'Università l'anno successivo, avevo la mia vita di ragazzo normale, un padre speciale, una madre speciale, sorelle amorevoli...
Venne Cemile a prendermi a scuola, era strano , ero grande per essere aspettato da una sorella fuori dal liceo. "Papà sta male" mi disse. Corsi a casa. Lui non c'era, non c'era mia madre, non c'era mia sorella. Erano tutti in ospedale. Lui era già morto. Gli avevano sparato dopo una lite. Il mio mondo cambiò in un attimo."
Zeynep vide il tormento passargli negli occhi "mi dispiace non deve essere stato facile per un ragazzo..."
Lui alzò lo sguardò e la fissò "Niente è mai stato davvero facile, Zeynep. Niente per me lo è mai stato, mio padre voleva che fossi come lui, mi portava con sé a trovare i suoi protetti, mi spingeva a fare del bene, mi voleva rispettato. Ricordo quando camminavamo per le strade del quartiere e tutti ci salutavano con ossequio, lui, col suo tisbih mano salutava, accarezzava i bambini, chiedeva alle donne del quartiere se avevano bisogno...loro lo ringraziavano sempre...ero così orgoglioso di lui...."
"Beh mi pare che tu ne avessi motivo..."
Lui scosse piano la testa "no, Zeynep..no"
"Con chi aveva litigato..." chiese lei. Lui fece una piccola pausa, poi "il padre di Celal..." le disse secco.
"l padre di Celal ha sparato a tuo padre?". Era incredula.

Doğduğun Ev Kaderindir - UnofficialDove le storie prendono vita. Scoprilo ora