A Un Passo Dalla Morte.

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La neve aveva sempre esercitato un certo fascino su Daphne Rosier.
La incantava con la sua danza soave e delicata per poi posarsi su tutto ciò che le stava attorno, rendendolo bianco e immacolato, quasi puro.
Eppure era proprio in quei momenti, che tutto tornava a galla: specialmente i brutti ricordi, gli incubi.
Quegli auror piombarono a casa sua proprio durante una nevicata, ma ciò non vuol dire che portarono la pace e il candore.
Lei e suo fratello li videro sfondare la porta d'ingresso e nessuno potè credere ai propri occhi.

Chi li aveva mandati? Cosa volevano dalla loro famiglia?

Ma prima che i due bambini potessero formulare una di quelle domande: il padre, Bram Rosier, venne arrestato sotto i loro stessi occhi e da quel momento in avanti potettero considerarsi completamente orfani.
L'uomo fu sottoposto a un processo e dichiarato colpevole di cospirazione contro il ministro della magia, per poi essere spedito ad Azkaban.
Daphne aveva solo nove anni e a quell'età non si riesce a concepire il male, soprattutto se ti dicono che il cattivo in questione è tuo padre: l'uomo sempre elegante, con il completo nero e la valigetta ventiquattro ore, tipica di chi lavora all'ufficio misteri.
Suo fratello maggiore Evan invece, era già abbastanza grande da capire cosa fosse l'umiliazione e l'odio verso chi gliel'aveva procurata.
Non avrebbe mai perdonato l'uomo che gli aveva strappato via il suo eroe senza ritegno, così si ripromise vendetta.
Daphne tentava disperatamente di riscaldare le sottili mani, sfregandole contro la pelliccia nera che la avvolgeva, ma senza alcun successo.
Se ne stava seduta sulle radici della vecchia quercia, che dominava la collina del cimitero di Nesrin; non curandosi della neve che bagnava l'orlo del suo abito lilla.
Con la mano scostò un mucchietto di ghiaccio, per riuscire ad accarezzare gli steli verdi del prato ben curato.
Chiuse gli occhi e si lasciò andare in un lungo sospiro, riempiendo i polmoni di aria gelata.
Volse lo sguardo al cielo, osservandolo attraverso le fronde scure che ergevano sopra di lei e lo trovò estremamente triste e atono.
Era l'otto gennaio, l'inverno era più freddo che mai, le vacanze di Natale erano giunte al termine e l'indomani sarebbe ritornata ad Hogwarts.
Il dolce sguardo della ragazza si posò sulla lapide grigia al suo fianco e la sfiorò con le dita, avvertendo la ruvidezza della pietra e il gelo del metallo della targa dorata.

"Melian Sullivan Rosier, 13 settembre 1929 -26 febbraio 1963.
Amatissima madre, moglie e grande strega."

Si chiese come sarebbe stato crescere con quella donna al suo fianco: immaginò una mamma che la sera le rimboccava le coperte dopo averle letto una delle fiabe di Beda e il Bardo e che le asciugava le lacrime ogni volta che Evan le faceva un dispetto.
Ma era perfettamente consapevole che quelle sarebbero rimaste nient'altro che fantasie.
Chiuse gli occhi, mettendo su un leggero broncio, mentre giocherellava con lo smeraldo attaccato alla catenella dorata che portava al collo.
Era l'unico ricordo tangibile che possedeva di Melian.
Suo padre le aveva raccontato che era un cimelio della famiglia Sullivan, che tutti i membri della casata ne possedevano una.
Ma non si trattava di un semplice gioiello: dato che il colore dello smeraldo era capace di segnare il momento esatto della morte del suo portatore.
Quello di Daphne, aveva cominciato a scurirsi esattamente ventitré ore e quarantacinque minuti prima, sancendo la sua fine nel momento in cui sarebbe diventato nero.

Che disgrazia, non trovate?

Faceva parte della stirpe dei Rosier, alcuni dei maghi più affermati del mondo magico viste le loro capacità.
E a Daphne non poteva che essere capitato il peggio: una vita insulsa, breve e spiacevole.

Solo quindici minuti.

Fissò ancora una volta la lapide, cercando di concentrarsi unicamente sul suo respiro, calmo e regolare.
Quella che considerava la sua famiglia non provava alcuna sofferenza per la morte, anzi, la festeggiava, essendo vista non come una fine ma come una sorta di rinascita.
Lei però, non l'aveva mai pensata a quel modo e aveva sempre detestato quando, all'annuncio di una dipartita i suoi zii organizzavano feste e banchetti, dandosi alla più completa gioia.
Dire addio non era una cosa bella, faceva male, ed era per questo che si era nascosta.
Preferiva morire da sola, piuttosto.

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