BRIAN P.O.
Poggiato allo stipite della finestra della mia camera, le mani imprigionate nelle tasche dei pantaloni, guardo le auto susseguirsi veloci sulle larghe strade di New Orleans. La mia stanza, la 498, è l'unica che dà sul quartiere francese, quelle dei ragazzi affacciano tutte sul cortile interno dell'albergo. Posso ritenermi fortunato di questa casualità, guardare le automobili che sfrecciano nella notte è uno dei miei passatempi preferiti quando sono fuori casa, quando sono in tour, quando torno da solo (e ciò non sempre accade) nella mia camera d'albergo, quindi per dieci mesi all'anno su dodici. Potrei stare ore e ore a osservarle, a vedere il chiarore dei fari di una avvicinarsi, abbagliarmi come il sole nel bel mezzo della notte e poi schizzare via, lontano, in un baleno, veloce, così veloce che lo scintillio dell'auto successiva sta già illuminandomi gli occhi. I miei occhi, i miei occhi nocciola dalle verdi screziature che tanto fanno innamorare di me le ragazze, oltre al mio essere timido, impacciato, educato, romantico, sensibile...
-E pensare che fino a dieci anni fa avrei pagato per essere l'opposto di quello che sono- penso tra me e me accasciando la fronte al vetro della finestra. Si, avrei dato anche la mia Red pur di essere un po' più basso e col naso meno pronunciato. No, la Red forse proprio no, ma tutto il resto si.
-La Red Special non si tocca, è lei la mia signora- continuo a pensare -Come diceva sempre Lilibeth-
La mia Lilibeth. Quando Freddie ha avuto l'intuizione di invitare anche lei e le ragazze alla festa non potevo credere che la sua mente fosse ancora capace di partorire idee sensate in tutto questo marciume. Questa festa è davvero un obbrobrio, se fosse stato qui mio padre l'avrebbe definita uno scandalo, una vergogna e in questo caso non avrebbe affatto esagerato. Forse stavolta avrei persino potuto dargli ragione. Il Jazz Party è una di quelle feste in cui dovrei essere totalmente ubriaco per sentirmi a mio agio e nel primo quarto d'ora in effetti ci sono andato giù abbastanza pesante con gli shots, soprattutto di vodka.
-Ma poi è arrivata Lilibeth- sussurro, lasciando che il caldo vapore del mio respiro si schianti e si frantumi, come il mio cuore malato d'amore, sul lucido vetro di questa finestra bovindo. Non appena l'ho vista, poggiata al tavolino a pochi passi da me, sarei voluto sprofondare dalla vergogna. -Ma io sono sempre stato una persona seria, ma come mi son fatto trascinare a ballare con quello... quella... non so nemmeno chi cavolo era e se era un uomo, una donna o cos'altro!- impreco ad alta voce, tanto qui dentro non può sentirmi nessuno, sono tutti nel seminterrato a divertirsi, ubriacarsi e scopare una delle groupies che abbiamo pagato proprio per questo -Poi quegli stramaledetti giornalisti giapponesi che mi hanno fermato proprio mentre stavo andando da lei! Un tempismo perfetto, perfetto come il mio che sono sempre stato un imbranato cosmico in queste cose-
Alzo la fronte dal vetro e mi accascio ancora allo stipite della finestra. Sbuffo, non so se per la noia, la tristezza o la delusione, sì, la delusione per aver buttato all'aria, ancora una volta, la possibilità di poter cambiare la mia vita. Non immaginavo che Lilibeth sarebbe salita davvero sull'attico, conoscendo poi il vero motivo per il quale ciò è successo direi che è stata più che altro una sfortunata casualità che ha originato una fortunata consuetudine, la consuetudine di ritrovare la donna che amo nel punto più vicino alle mie amanti: le stelle. Come ad Amburgo, quella sera che mai dimenticherò e che, adesso so con certezza, anche lei non ha dimenticato. Sono passati cinque anni, ma il ricordo è ancora vivido nella mia mente: il panorama notturno della città, le luci, il freddo nella Spa, la sua mano gelida sul mio giovane viso.
-Proprio come stasera- rammento -Chissà se anche lei ha tremato quando mi ha accarezzato... Io... per me il mondo si sarebbe anche potuto fermare in quell'istante-
Chiudo gli occhi nel tentativo di rivivere quella sensazione, quel brivido che ha percorso la mia schiena quando le sue dita hanno sfiorato la mia guancia, ma non potrà mai essere lo stesso se lei non è qui con me. Deluso, riapro gli occhi e riflesso nel vetro intravedo il mio volto, ora non più giovane come cinque anni fa -Ora, ora ho... ho il volto da uomo- continuo, parafrasando l'affermazione di Lilibeth di poco prima. Lei invece è sempre stupenda, ora è una donna, non è più una ragazza, ma è una donna bellissima, la donna di cui m'innamorerei ogni giorno.
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On a Trip to Fame - Brian May Fanfiction
FanficLa tua assenza ha lasciato un vuoto che riempie tutto lo spazio del mio cuore Anonimo