Sto per infilare la chiave nella toppa, però mi fermo e la ritraggo, portandomela al petto e stringendola nella mano destra.
-E se... io... io ho paura, è questo il punto- rifletto -Ho paura che... ho paura di non riuscire a resistere ai... ai suoi occhi. Ma devo farcela, devo solo entrare e restituirgli le chiavi, tutto qui, posso farcela e...e nessun rimpianto Lilibeth, nessun rimpianto-
Spinta da una irrefrenabile quanto inaspettata fiducia in me stessa, inserisco la chiave nella toppa, la giro con delicatezza e uno scatto mi annuncia che la porta si è aperta, che non posso più tornare indietro. Afferro la maniglia, anch'essa dorata come la chiave, l'abbasso e spingo la porta verso l'interno della stanza. La camera è completamente buia e per un attimo balena in me il presentimento che Brian non ci sia, che sia tornato a divertirsi alla festa, d'altronde lì ne può trovare quante ne vuole di ragazze migliori di me e più disponibili. Quando però apro del tutto l'uscio e la luce ambrata del corridoio inonda la suite con il suo bagliore, lo scorgo proprio di fronte a me, poggiato allo stipite della finestra. Sussulto leggermente e lui si accorge di questo mio sbigottimento, tant'è che mi dice subito: -Scusami, ti... ti ho spaventata-
-No, no, Brian, sono io che... che non mi aspettavo fossi in camera, la luce è spenta-
-E dove potevo essere se non... se non qui ad aspettarti-A quelle parole gli rispondo solo sospirando. Estraggo le chiavi dalla toppa e richiudo la porta alle mie spalle: il buio torna a dominare nella stanza 498 del Fairmont Hotel. Se non fosse per le luci dei grattacieli di fronte che la illuminano con il loro chiarore, non riuscirei nemmeno a vedere Brian, in piedi, a pochi passi da me.
-Sono... sono solo venuta a riportarti queste- lo avviso, mostrandogli le chiavi della sua camera -Me le sono ritrovate in borsetta e... e non mi appartengono-
Brian non mi risponde, non dice nulla, continua a stare accasciato allo stipite della finestra, a fissarmi mentre io mi avvicino al comodino e poggio le chiavi accanto alla sua fedele Stereo Realist, la macchina fotografica che non dimentica mai di portare con se in tour.
-Ecco fatto- gli dico -Adesso che ti ho restituito le chiavi della camera posso tornarmene in albergo-
Ma appena sto per voltarmi verso la porta, Brian s'allontana veloce della finestra e colma quella breve distanza, fisica ma non mentale, che ancora ci divideva.
-No, no Lilibeth non andare via, per favore- mi supplica, stringendo dolcemente il mio braccio per non farmi scappare ancora una volta via da lui.
-Brian, quello che dovevamo dirci ce lo siamo detto meno di mezz'ora fa sull'attico, penso di essere stata chiara, io...-
-Lilibeth io sono cambiato- m'interrompe lui, liberando dalla sua stretta il mio braccio destro, intuendo che per ora ho abbandonato l'intenzione di scappar via -E...e non solo nei tratti del viso. Adesso sono un uomo, non più un ragazzo come tre anni fa. In questi anni che siamo stati lontani ho.. ho capito cosa ho sbagliato e... e ti chiedo scusa-Brian sospira e china il capo, chiudendo gli occhi. Le luci dei grattacieli che filtrano dalla finestra illuminano il suo volto spento e triste.
-Brian- gli sussurro avvicinandomi, tant'è che lui rialza il viso per guardarmi negli occhi -Anche io devo chiedere scusa a te, volevo importi una mia scelta di vita e non avevo alcun diritto di farlo-
-Se era una tua scelta di vita allora perché non hai fatto un figlio con qualcun altro? Perché non l'hai fatto con quel... con quell'attore, quel Daniel Bru... o come diavolo si chiama!- esclama, una punta di gelosia trasparire dalle sue parole e dai suoi occhi nocciola -Ho visto le foto mesi fa sui giornali, eravate abbracciati e lui ti...-
-Tra me e lui è stata una storiella di poco valore- gli spiego, la sua insulsa gelosia rischia di farmi perdere la pazienza -I figli non si fanno col primo che capita, si fanno con chi si ama e... e io ti amavo e ti...-
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On a Trip to Fame - Brian May Fanfiction
FanfictionLa tua assenza ha lasciato un vuoto che riempie tutto lo spazio del mio cuore Anonimo