Capitolo 3

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-Che cos'è quel simbolo?- chiese Simon guardando meglio il creato di mia sorella

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-Che cos'è quel simbolo?- chiese Simon guardando meglio il creato di mia sorella.

Era tutto perfetto ma quel simbolo emanava in me un senso di inquietudine che mi portò a distogliere lo sguardo da esso per portarlo sul mio migliore amico che aveva un'espressione curiosa.

-Non ne ho idea, in realtà non volevo disegnarlo- mormorò Clary guardando meglio quella che avevo il sospetto fosse una runa.

-Lo sapete che ci sono persone che si sono svegliate parlando francese?- disse Maureen a me e Clary.

Quando stavo per fargli notare che non era una cosa chissà quanto strana lei aggiunse la chicca.

-Senza nemmeno averlo mai studiato- finì per poi posare la sua bomboletta spray assieme a Simon.

Guardai ancora un po' la runa e poi non ce la feci più.

-Io vado a prendere un gelato- esclamai vedendo un camioncino lì vicino.

-Gelato? Sei proprio sicura Aurora?- mi chiese scettico Simon con un sopracciglio alzato, chiamandomi con il mio secondo nome.

-Naturalmente Lewis- sorrisi per poi guardare Clary.

-Tu vuoi qualcosa?- le chiesi e lei scosse il capo in un "no".

-Maureen?- interrogai l'altra ragazza che scosse il capo con un sorriso riconoscente.

-Bene, allora vado- sospirai iniziando a camminare ma la voce di Simon mi fermò.

-Hey! E a me non lo chiedi?- esclamò indignato guardandomi offeso.

-Vorresti qualcosa Simon?- ridacchiai guardandolo.

-Mi prendi un po' di gelato anche a me?- sorrise innocente e non potei non annuire.

Una volta ripresa la mia piccola camminata verso il camioncino presi due gelati uno al cioccolato per me e uno a vaniglia per Simon, il suo preferito.

Durante il viaggio di ritorno però sentii qualcuno sbattermi contro facendomi quasi cadere il mio adorato gelato.

-Sai al mio paese di solito di chiede scusa quando ci si scontra con qualcuno- sospirai offesa vedendo che il ragazzo non si era nemmeno voltato per scusarci.

Al suono della mia voce si voltò e mi guardò confuso.

Le sue iridi iridi blu si scontrarono con le mie castane e rimasi immobile, come paralizzata.
Lui guardava me, io guardavo lui e onestamente non riuscivo a smettere.
Sentivo in cuore battere e un senso di disagio mischiato a curiosità invadermi.
Più lo guardavo più mi domandavo cosa si nascondesse davvero dietro quello sguardo di ghiaccio.
"Gli occhi sono lo specchio dell'anima" dicevano, eppure io vedevo solo sentimenti freddi e vuoti in quegli occhi che ora sembravano più confusi che mai. Il clacson di una macchina mi risvegliò da quell'incanto dannatamente inspiegabile mentre il mio cervello riprendeva coscienza e riprendeva facoltà di movimento

Impossible ➪ Alec LightwoodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora