Claudio's POV
Il gran giorno è arrivato.
Quando io e Alice abbiamo lasciato casa di nonna Amalia solo un paio di giorni fa ho realizzato che il tempo è trascorso più velocemente di quanto avrei mai potuto immaginare. Ero fermamente convinto che sarebbe stato tremendamente imbarazzante e tanto interminabile, e invece è stato tutto fuorché questo.
Tralasciando il momento in cui Alice mi ha privato della sua presenza per aiutare nonna Amalia in cucina, posso dire di aver trascorso una serata piacevole all'insegna di qualcosa che a me è quasi ignoto: la famiglia.
È stato inevitabile perdermi nei pensieri del mio passato nell'essere spettatore del rapporto che c'è tra Alice e Marco, che per quanto non mi sia nuovo mi ha stupito per quanta complicità si celi dietro.
La stessa che io non ho mai instaurato con nessun componente della mia "famiglia", se così la posso definire. Non sono abituato a tutto questo, alle spalle ho un passato decisamente diverso rispetto a quello di Alice e per me è stato strano anche solo partecipare ad una cena di questo tipo.
Probabilmente per Alice è stato del tutto normale, mentre per me è come pensare a qualcosa che a noi non è stato concesso il lusso di poter fare: le cene di famiglia non sono mai state contemplate dai Conforti, non ho mai capito se per mancanza di tempo o semplicemente perché in qualche modo hanno sempre prevalso rivalità e contrasti, fatto sta che l'ultima volta in cui ho visto i miei parenti tutti quanti seduti allo stesso tavolo è stato in occasione della mia comunione.
Nemmeno in occasione del Natale si riusciva ad organizzare qualcosa insieme, c'era sempre qualcosa di più importante da fare da una parte o dall'altra. E così mi sono abituato anche io, e negli ultimi anni mi sono adattato a tal punto da non volerlo più trascorrere nemmeno con i miei genitori: il Natale per me era diventata l'occasione in cui potevo concedermi di essere soltanto Claudio, senza preoccupazioni o obiettivi da perseguire.
A volte mi soffermo a pensarci e credo che non sarei sicuramente in grado di gestire un qualcosa di simile. Quando Ambra mi ha confessato di essere incinta ho temuto il peggio, perché la visione di me come padre è tanto lontana quanto assurda ai miei occhi.
Ma ora la mia mente è proiettata ad un unico pensiero: Washington.
Anche questa settimana è letteralmente volata, io e Alice siamo stati impegnati a sbrigare gli ultimi preparativi prima della partenza, abbiamo preparato i bagagli in tempi record ed oggi, in una caldo sabato di metà giugno, ci ritroviamo su un taxi che sfreccia tra le vie di Roma incredibilmente poco affollate rispetto agli standard a cui siamo abituati.
Ancora qualche ora e saremo su quell'aereo, giusto il tempo di passare in ospedale da Sergio ed effettuare il check-in in aeroporto. Alice ha insistito affinché ci fermassimo da lui per un saluto e per quanto le parole di Calligaris siano ben impresse nella mia mente, alla fine ho ceduto alla sua richiesta.
Mi accorgo che siamo di fronte all'ospedale soltanto quando l'autista del taxi frena improvvisamente per parcheggiare in uno degli stalli vuoti proprio lì davanti.
In un attimo Alice ed io scendiamo e ci dirigiamo verso l'entrata, ormai conosciamo alla perfezione il percorso che conduce al reparto in cui Sergio è ricoverato.
Eppure questa mattina è tutto piuttosto strano, perché quando giungiamo lì dov'è ubicata la sua stanza troviamo una serie di poliziotti a sorvegliare la zona, impedendo qualsiasi tipo di accesso.
"Ma che succede?" domanda Alice, probabilmente dando voce ad un pensiero.
Lo so io che succede, ma di certo non posso rivelarglielo. Probabilmente hanno anticipato i tempi di trasferimento in Toscana per permettere a Sergio di condurre l'operazione sotto copertura quanto prima e stanno sorvegliando la sua stanza proprio perché nessuno possa avervi accesso, d'altronde le sue condizioni sono ormai migliorate e trattenerlo in ospedale non avrebbe alcun senso.
Anzi, considerando le intenzioni che Calligaris mi ha illustrato, è anche piuttosto pericoloso.
"Io vado a chiedere spiegazioni" annuncia la mia allieva, e non mi dà nemmeno il tempo di fermarla che ha già raggiunto uno dei poliziotti in divisa che sosta poco distante dalla stanza di Sergio.
Dalla posizione in cui mi trovo non riesco a cogliere alla perfezione lo scambio di parole tra i due, l'unica cosa che comprendo è di dover intervenire quando sento il poliziotto alzare la voce.
"Alice" la richiamo, arrivandole proprio dietro.
Sembra non volerne sapere di darmi retta, tanto è intenta a snocciolare alla guardia tutti i motivi possibili e immaginabili secondo cui seguendo la sua logica lei dovrebbe poter avere accesso a quella stanza.
"Alice" ci riprovo, questa volta afferrando la sua mano e facendo intrecciare involontariamente le nostre dita.
Rivolgo uno sguardo di scuse al poliziotto e cerco di allontanarmi da lì, trascinando con me anche l'instancabile signora in giallo.
"Guarda che stavo per convincerlo, ora a causa tua dovrò articolare tutto il discorso da capo!" afferma con risolutezza, incrociando le braccia al petto come una bambina che fa i capricci.
È incredibilmente tenera e come sempre del tutto imprevedibile.
"Lo sai anche tu che non ti faranno mai entrare lì dentro" inizio, ma il tono canzonatorio svanisce non appena riprendo a parlare "Perché non ti arrendi e ti limiti a venire con me? Sergio potrai sentirlo più tardi, mentre se tardiamo ancora rischiamo di perdere l'aereo"
Mi guarda, forse indecisa se cedere con tanta facilità alle mie richieste o magari trattenersi un altro po', valutando il da farsi.
Alla fine non dice nulla, si limita a voltarsi facendomi finire dritti in faccia i suoi capelli rilegati in una coda disordinata e prosegue verso l'uscita dell'edificio.
So che ora sarà ancor più difficile fingere di non avere una risposta alle sue domande quando effettivamente l'avrei eccome, ma ciò che conta ora è riuscire a salire su quell'aereo.
Devi tenere Alice fuori dalle indagini
Le parole di Calligaris riecheggiano nella mia mente con insistenza, risvegliando in me quel senso di preoccupazione che negli ultimi giorni è stato messo a tacere dai mille impegni e dai preparativi per la partenza.
Il tragitto verso Fiumicino è insolitamente taciturno. Alice non si è ancora decisa a rivolgermi la parola da quando siamo usciti dall'ospedale e conoscendola non lo farà fin quando non avrà una motivazione abbastanza valida, almeno a detta sua.
L'unica nota positiva di tutta la situazione è che il viaggio è piuttosto breve, e ben presto siamo arrivati.
Corrispondo al taxista l'importo richiesto e afferro le due valigie riposte nel bagagliaio, la mia e quella di Alice.
Alice si avvia verso le porte scorrevoli che consentono l'accesso all'interno dell'aeroporto pochi passi avanti a me, continuando imperterrita a non rivolgermi la parola.
Sospiro e la raggiungo, osservandola mentre è intenta a scrivere un messaggio sul suo cellulare, probabilmente indirizzato a Sergio.
Non mi resta che sperare che davvero non cambi idea da qui al momento della nostra tanto agognata partenza.
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L'Allieva 3 - Un'irreversibile consapevolezza
FanfictionNella vita di Alice Allevi una cosa sola è certa: la sua eterna incertezza. Anche una banalità come comprare un nuovo paio di scarpe può diventare il dilemma che la affliggerà per giorni, a volte persino per mesi. La stessa incertezza fino a qualche...