No. 13/6: Oxygen mask/"Stop, please" (J12)

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Questa potrebbe essere l'ultima one shot di questa raccolta, ma se domani mi viene uno slancio di ispirazione ne faccio un'altra (-:
Torniamo all'accoppiata principale: siamo in un AU in cui Anakin è sopravvissuto allo scontro finale, dopo il quale finisce al centro medico. Siamo a livelli di tristezza cosmici.
WARNING: qualche pensiero suicida. Non si sa mai.

La storia è dedicata a tutti quelli che con la mascherina si sentono morire (-:
Questa one shot rimane anche valida per il prompt J12 richiesto da LexiStrange (Vader e Luke, non riuscire a respirare). Perdona il ritardo, spero ti piaccia.
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Ad Anakin davano molto fastidio i rumori: senza la maschera e con le orecchie danneggiate irreparabilmente dopo Mustafar, era qualcosa che poteva aspettarsi. Il cinguettio costante del biomonitor agganciato al suo braccio gli faceva venire voglia di distruggere l'apparecchio a mani nude.

Ma il suono ritmico della maschera a ossigeno che lo stava mantenendo in vita gli faceva provare sensazioni molto peggiori . Era un rumore che non riusciva a non collegare a Vader, era qualcosa che gli ricordava cosa era stato per gli ultimi vent'anni. Era la litania cadenzata della sua coscienza piangente.

Raggiunse il dispositivo con la mano sinistra - l'unica, in realtà - e lo spostò a lato. Com'era bello respirare così, anche se l'aria che gli arrivava ai polmoni era ben poca! Si sentiva libero. Si sentiva Anakin.

Ma il sogno finì; iniziò a sentire una pressione sul petto, gli mancava l'aria. Una mano piccola mise la mascherina al suo posto e tutto tornò come prima.

Anakin risalì al proprietario di quella mano e mise a fuoco la figura di suo figlio, che al momento lo stava guardando con aria implorante. Aveva l'aspetto di un guerriero esausto: era pallido, con le palpebre cadenti e gli occhi lucidi, le spalle curve e i capelli arruffati. L'ex Sith sentiva che avrebbe fatto qualsiasi cosa lui gli chiedesse: aveva l'impressione che il ragazzo non avrebbe retto il minimo dispiacere, si sarebbe lasciato morire.

"Perché non la tieni?" chiese Luke. "Non voglio che tu muoia".

Anakin sospirò, anche se a fatica, e sopportò la maschera.

"Mi sento come prima, Luke" spiegò. "Capisci?".

Il giovane Jedi annuì stancamente e sprofondò nella sedia su cui si era appollaiato.
"Capisco" mormorò. "Ma tienila. Per favore".

Per quanto amasse Luke, però, Anakin si sentiva impazzire al suono del respiratore. Lo tenne per diversi minuti, cercando di annegare nella Forza l'uragano di emozioni che lo colpiva con violenza. Rimorso, vergogna, sensi di colpa... doveva allontanare tutto, liberare tutto nella luce.

Ma non ce la faceva, non riusciva a sopportare il peso di vent'anni di peccati. Era così facile... liberarsi della mascherina e lasciarsi andare, respirando come Anakin e non come Vader. Dopo tutta la fatica che aveva fatto per tornare alla luce, sentiva ancora l'eco del Sith uscire dalla sua bocca: era troppo.

Gettò un'occhiata a Luke e vide che si era addormentato, schiacciato dal peso della lunga giornata. Chiese mentalmente scusa al ragazzo e si tolse la maschera a ossigeno.

Il suono non c'era più, era in pace.

Questa volta, Anakin arrivò davvero vicino alla fine: rimase senza supporto vitale per un paio di minuti interi, una cascata di interminabili secondi in cui il suo respiro si fece sempre più incostante. L'istinto di sopravvivenza gli diceva di rimettersi la maschera e di sopportarne il suono in silenzio, ma la sua volontà era più forte.

La sua energia vitale era agli sgoccioli quando si accorse con orrore che Luke si stava stiracchiando.

Vide come in un holo al rallentatore la figura di suo figlio che lo vedeva, si alzava di scatto e correva verso di lui, gli strappava di mano la maschera a ossigeno e gliela premeva con forza quasi violenta sul viso.

Sentì l'impulso di lottare e provò a spostare la mano del Jedi dal respiratore, ma lui non cedette e aspettò che i livelli di ossigeno tornassero stabili.

Quando fu sicuro che il padre sarebbe sopravvissuto, l'autocontrollo di Luke crollò e il ragazzo si gettò sul petto di Anakin singhiozzando incontrollabilmente.

"Basta, per favore! Basta! Basta!" gridò disperato, piangendo nel camice da ospedale dell'ex Sith. "Perché vuoi morire? Non mi vuoi bene abbastanza?". Era una scena straziante, Anakin distolse lo sguardo.

Luke non disse più una frase compiuta per qualche minuto, un arco di tempo in cui non fece altro che aggrapparsi a suo padre con tutte le sue forze e mormorare spezzoni sconnessi di basta e per favore.

Solo allora Anakin si rese conto dell'enormità di quello che aveva fatto. Egoisticamente aveva pensato di liberarsi dai propri fantasmi, ma così facendo avrebbe tolto a suo figlio la sua unica famiglia. Come aveva fatto a essere così stupido? Luke era ciò che amava di più nella galassia, non poteva farlo soffrire in quel modo!

"Certo che ti voglio bene, Luke" mormorò alla fine Anakin mentre stringeva tra le proprie braccia il figlio disperato e gli accarezzava i capelli, la schiena, il viso.
"Ti chiedo scusa. Non succederà più. Pensavo... pensavo...".

Il ragazzo si allontanò leggermente dal padre per guardarlo negli occhi.
"Pensavi che non mi importasse di te, forse?" chiese.

Anakin sentì nella sua voce il peso del dolore di un tradimento, ma vide l'affetto più sincero nei suoi occhi velati di lacrime. Gli venne da piangere e non poté fare a meno di catturare di nuovo il figlio di un abbraccio. Poteva percepire la paura che provava, e si detestava per esserne stato la causa.

"Scusami" ripeté. "So che ti importa ed è per questo che ti voglio bene. Mi perdonerai... di nuovo?".

"Sempre" mormorò Luke. "Ma per favore, devi voler bene anche a te stesso... Non solo a me".

Anakin annuì pensosamente a quella inaspettata perla di saggezza. Sarebbe stato difficile, ma forse valeva la pena di stare in vita per vedere come sarebbe andata a finire.

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