Radura

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Tanto il rancore non mi da la stessa libertà che provo quando chiudo gli occhi e tu ritorni qua. Cit. Come in film.
"Pov. Stephan"

Avevo intenzione di farle conoscere tutto,  di non avere più segreti. Penso che una relazione si basi sulla fiducia e se non c'è fiducia non c'è amore. Così scesi e preparai il cestino per il pic-nic e presi un po di soldi, volevo farle capire quanto fosse importante per me. Scese, bellissima come al solito, e la feci accomodare nella mia decappottabile.

"Dove si va?"

"Sorpresa" volevo che stesse tranquilla

"Va bene"

Arrivammo circa venti minuti più tardi. La presi in braccio e lei si attaccò a me, con meno paura di prima. Corsi ed arrivammo subito alla radura. La poggiai sull'erba,  dolcemente, e iniziai a sistemare il pic-nic.

"Cosa c'è Stephan?"

"Niente"

"C'è qualcosa, te lo si vede in faccia"

"Stavo pensando, a Josh"

"Perché? "

"Più a cosa ho provato,  ma ora voglio farti vedere una cosa"

"Cosa?"

" Voglio solo che tu capisca che anche se ti amo tu potresti essere perennemente in pericolo"

"Mi fido di te, qualunque cosa tu mi mostri"

Iniziai a correre,arrivai alla fine della radura, mi arrampicai, sempre con la stessa rapidità e saltai giù, e con forza arrivai al suolo, formando un cratere per quanta forza ci misi. Corsi ancora e, con la mano in direzione dei fiori, li presi delicatamente mentre correvo, e glieli porsi.

"Vedi con quanta rapidità ho fatto questo?" E le indicai il cratere.

"Si"

"Ma non hai paura."

"No"

"La mia era una affermazione, tu volevi sapere quanti anni avessi?"

"Si"

"Sono nato nel 1887 a Chicago,ma morto, così il medico di turno, per non dare un dolore che avrebbe potuto uccidere letteralmente mia madre, mi ignettò un siero sperimentale, che avrebbe potuto far battere il mio cuore, ma non si sapeva se avrebbe funzionato, e per quanto tempo..."

"Dio"

" Il problema è che sono passati anni, e l'unica persona oltre me che è stata capace di ignettarsi il siero è stato Josh. E poi non so ancora quando e se morirò. "

"Capisco"

"Quindi, siamo soli, orfani da più di cento anni"

"Mi dispiace, ma non ho ancora paura di te"

"Sbagli, dovresti averne"

"Un po di paura la ho"

"Alleluia una reazione da umana"

"Dovresti far ridere?"

"Dai scusami, e allora di cosa hai paura?"

"Di perderti"

"Non mi perderai"

"Grazie"

"Prego" le dissi cercando di rassicurarla ma il problema era che non ne ero convinto neanche io.
"Pov. Jade "

" Aspetta,alzati, c'è qualcuno."

"Chi?" Non mi rispose, si vedeva sul suo volto la preoccupazione mista alla rabbia.

"JOSH" quasi lo ringhiò per la furia che stava provando.

Perché? Perché doveva rovinare questo momento? Lo faceva apposta? Si poteva essere così stronzi? E poi come faceva a sapere dove eravamo? Ci aveva seguiti?

"Ti stai tartassando di domande Jade, non lo fare"

"E tu sai calmo"

"Io lo ammazzo se ti tocca un'altra volta"

"No, non lo faresti fratellino"

Ma lui è deficiente? Era nato con qualche menomazione al cervello? Voleva il pestaggio?

"Ciao bellissima"

"Non la chiamare bellissima, NON TU" sembrava che stesse per ucciderlo.

"Decido io come chiamarla fratellino e poi sai che ho le migliori delle intenzioni"

"Ciao Josh"

"Come stai?"

"Magnificamente prima che arrivassi tu"

"Come siamo acide oggi"

"Trattamento di favore Josh". Io non lancio frecciatine, no, gli scaravento direttamente l'arco, senza farmi problemi.

"Andiamo Jade" si forse era meglio o avrei così tutto il giorno. Doveva calmarsi, o gli sarebbe scoppiata la vena del collo. Gli saltai in braccio e in un lampo arrivammo alla macchina, mi fece sedere e mi allacciò la cintura. Si posizionò al posto di guida e inizio a correre pure con l' auto per arrivare a casa sua. Mi prese in braccio e mi portò direttamente in camera da letto. Si sedette sul letto e mi misi a cavalcioni accanto a lui e come questa mattina gli girai la testa per poterlo guardare.

"Come devo dirtelo, amo te, non farti i complessi."

Appena dissi l'ultima parola mi ritrovai sotto di lui, con le sue labbra sulle mie, affamato.

"Sei mia" disse come se volesse farmelo entrare in testa o forse era solo per autoconvincersi del fatto.

"Non sai cosa ho provato stammattina quando lui ha poggiato le sue labbra sulle tue..." lo disse e spostò i suoi baci sulla clavicola lasciandosi dietro una scia umida.

" Non lo fare più, non li sopporterei, le sue labbra sulle tue, la tua pelle sulla tua..." gli tolsi di nuovo la maglietta e lui fece lo stesso con la mia, voleva sentirmi sua, e io volevo sentirlo mio, anche se era tremendamente più vecchio e chissà con quante se l'era spassata. Volevo che fosse mio e non sapevo come. Spostò le sue mani sul gancetto del reggiseno, slacciandolo e facendomi diventare di tutte le sfumature del rosso. Non andò oltre, non voleva farlo così forse, era uno razionale quindi si limitò a questo. Era un dio, era il mio dio personalizzato, e nessuno avrebbe potuto togliermelo.

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