Quell’estate era stata strana per Remus: l’aveva passata insieme ai suoi amici, come ormai succedeva da anni, ma al contempo era venuto a contatto con una pratica babbana.
Ricordava ancora il volto del signore che gli era seduto vicino mentre attendevano l’autobus – seppur non l’avrebbe mai ammesso a James, Lupin preferiva di gran lunga le scope a quel mezzo pieno di gente odorante di sudore e il vociare troppo alto per i suoi gusti.
Non era stata la barba simile a quella di Silente a colpirlo, tanto meno quegli occhietti porcini che gli rammentavano Gazza, ma il fumo che usciva dalle labbra così sottili da sembrare inesistenti.Inizialmente si era chiesto se anche quell’uomo fosse un mago e stesse utilizzando una qualche sorta di incantesimo, eppure nessuna bacchetta era nelle sue mani, solo una piccolo bastoncino bianco era stretto fra il grasso indice e il dito medio. Stava andando a fuoco, almeno così sembrava.
Ad ogni respiro l’oggetto non identificato pareva bruciare e diminuire lentamente, fino a quando non venne gettato a terra col fumo che ancora saliva in vortici sottili come quelli che provenivano dai calderoni durante le lezioni di pozioni.
Senza farsi vedere dalle altre persone, Remus raccolse quello strano affare – scottandosi un dito – e subito lo infilò in tasca per poi salire sul bus appena arrivato.Durante il tragitto si chiese continuamente a cosa potesse servire quel bastoncino e dove si potesse comprare: forse da Mielandia, forse era solo un incantesimo su una bacchetta di liquirizia o forse no.
Con lo sguardo cercò l’uomo di prima, certo di trovare le risposte, e quando lo individuò si rese conto che fra le mani teneva un pacchetto bianco e rosso con su scritto “Marlboro” e borbottava qualcosa sul fatto di dover andare in tabaccheria a comprare le sigarette.
Un ampio sorriso si distese sul volto del ragazzo poiché sapeva cos’era una tabaccheria, ma non cosa fossero le sigarette. Sceso alla fermata camminò per un po’ alla ricerca di questa “tabaccheria” a cui chiedere le “sigarette” fino a quando adocchiò il negozio dove entrò senza alcun indugio.
«Buongiorno, vorrei delle sigarette.» affermò Lupin accarezzando con la lingua la parola babbana così strana e al contempo intrisa di un divieto nascosto.
«Quale vuoi?»
A quella domanda non era pronto. Come cosa voleva? Non si trattava di un oggetto unico nel suo genere? Volgendo lo sguardo alle spalle del commerciante si rese conto di quanti pacchetti ci fossero dai colori e nomi strani, ma trovò le cosiddette “Marlboro” bianche e rosse.Le indicò, poiché era insicuro sulla pronuncia del nome e, al momento del pagamento, si chiese se i soldi babbani fossero giusti – poteva conoscere a memoria tutte le rune antiche, ma gli affari babbani erano decisamente più complicati.
Non capì esattamente il perché quell’uomo gli dette delle monete indietro, tuttavia chi era lui per disdegnarle?
Una volta uscito prese una sigaretta e l’annusò. Aveva un odore strano, però gli piaceva. Con un po’ di difficoltà tenne la sigaretta – avrebbe ripetuto quel termine mentalmente in continuazione – fra le dita proprio come aveva fatto l’uomo e l’accese con un incantesimo non verbale.
Era incantato dal lieve fumo che saliva e si modellava al venticello estivo, si sentiva un po’ Sirius Black: il ribelle era lui, ora.
Ricopiò ogni singolo gesto del signore, anche se al primo tiro iniziò a tossire sentendo l’aria mancare. Il sapore era… strano, non riusciva a darne una definizione adatta, eppure gli piaceva. Ci riprovò, in fin dei conti se c’era riuscito quell’energumeno, perché non doveva farcela lui?
Man mano che la sigaretta giungeva al termine, Remus comprese il sottile gioco tra l’aspirare e l’inspirare, assaporando la tensione scemare dalle spalle e, nel frattempo, leggere gli ingredienti dell’oggetto babbano che sembrava magico per gli effetti che percepiva.
Ovviamente non conosceva nemmeno la metà di tutti quegli elementi.
Quando fu il momento di tornare a Hogwarts, Lupin nascose molti pacchetti nel baule e uno in tasca: aveva sempre pensato che i genitori si sarebbero opposti a quel suo vizio e per questo aveva mantenuto il segreto con loro, ma era conscio che non sarebbe resistito un intero anno senza fumare, soprattutto lui che fumava una confezione intera ogni due giorni.Sentiva l’impellente necessità di accendersi una sigaretta, tuttavia era consapevole che il padre e la madre sarebbero rimasti fino alla partenza del treno.
Fortunatamente a distrarlo dalla voglia di tabacco – l’unica sostanza che ricordava – fu la visione regalatagli da Felpato, Remus credeva che dovesse essere considerato illegale per quanto fosse bello.
Scosse il capo cacciando quel pensiero, poiché, dannazione, era il suo migliore amico, però come poteva smettere di ammirarlo quando quegli occhi glaciali non avevano smesso mai di fissarlo? Si sentiva nudo sotto quello sguardo, privo di protezioni, privo di ogni ragione, privo di buon senso.
Una maledetta sigaretta. Aveva bisogno di una stramaledettissima sigaretta.
Senza esitare salutò i suoi prima del previsto utilizzando la scusa di essere un prefetto e il dover controllare i vagoni prima di potersi sedere con gli amici, non aveva intenzione di fare da balia per tutto il tragitto ai nuovi arrivati e ai serpeverde che mai ascoltavano.
Nessuna replica gli venne mossa, solo tanti abbracci, baci e raccomandazioni. Ora doveva solo evitare Sirius. James e Peter non erano ancora arrivati, il che gli permetteva di sottrarsi a mille domande sul perché si stesse comportando in quel modo.
In suo soccorso venne Marlene, eterna spasimante del giovane Black. Lupin l’aveva spesso paragonata a Ramoso: nessuno dei due demordeva, ma Potter aveva una speranza, lei purtroppo no. Lo sapeva solo perché l’amico gli aveva detto di non provare interesse per alcuna ragazza.
Con una velocità degna di un cacciatore di Quidditch, Remus salì nell’Hogwarts Express gettandosi letteralmente in uno scompartimento vuoto dove le finestre davano al lato opposto della banchina, cosicché poteva nascondersi – era sempre stato bravo a farlo.
Sfilò il pacchetto dalla tasca e con un gesto fluido prese la sigaretta accendendola ancor prima che potesse giungere alle labbra.Il primo tiro lo rilassò leggermente, il secondo lo fece già sentire molto meglio. Socchiuse gli occhi godendosi la sensazione di benessere desiderata da fin troppo tempo, ma non si rese conto del ragazzo appoggiato con le spalle sulla porta, le braccia incrociate e uno sguardo ammaliato.
Solo un formicolio sulla pelle gli permise di accorgersi di essere osservato e, dopo un’altra boccata di fumo, decise di capire chi fosse l’intruso nella sua bolla di quiete.Di certo non si aspettava di vedere il giovane Black, pensava più a Lily che lo cercava per il giro di controllo, invece si ritrovò le labbra accarezzate dai caldi ghiacciai di Sirius.
«Perché sei scappato?»
Di tutte le domande che Felpato poteva porgli, considerando la sigaretta, l’unica cosa che gli importava era il motivo per cui fosse fuggito da lui. Quanto lo odiava quando faceva così, quando si comportava ambiguamente dando un briciolo di speranza al suo cuore, quando gli permetteva di sentirsi amato.
«Ti ho lasciato parlare con Marlene, sembrava un discorso interessante.» rispose in tono neutro per cercare di non far trapelare le emozioni.
Ci teneva a quella ragazza, era anche sua amica, ma era difficile far tacere la gelosia.
Con un borbottio esagerato, seppur incomprensibile, il giovane grifondoro si sedette al fianco di Remus lasciando che le loro ginocchia si scontrassero delicatamente. Nessuno dei due fiatò, nessuno dei due spostò la gamba.
«Cosa stai facendo?»«Sto fumando.»
«Che significa che stai fumando?»
Lupin capì di aver terminato il momento di pace, ma era felice di averlo così vicino a sé in quanto gli era concessa un’altra tipologia di tranquillità quella che faceva battere il cuore velocemente.Stava per rispondere quando James e Peter entrarono nello scompartimento e con loro anche una ragazza dai capelli color fuoco esasperata – Remus sapeva che invece ne era lusingata – dal corteggiamento di Potter.
«Vi spiegherò tutto dopo, ora vado con Lily.»
Aveva accuratamente utilizzato il plurale poiché sapeva che anche gli altri malandrini avrebbero voluto imparare a fumare.Prima di seguire la giovane, che aveva appena rifiutato l’ennesimo invito a uscire di Ramoso, Lunastorta lanciò un ultimo sguardo a Felpato il quale lo stava già osservando: sembrava chiedergli di leggerlo come era solito fare con i libri, di comprendere che c’era molto di più nei suoi gesti e parole, di capire quanto necessitasse della sua presenza.
Un’altra sigaretta, aveva bisogno di un’altra stramaledettissima sigaretta.
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Prior Incantatio
Short StoryIl Prior incantatio si lancia su un'altra bacchetta per vedere qual è l'ultimo incantesimo che essa ha lanciato. Poiché «le parole sono, per la mia opinione non tanto umile, la nostra fonte di magia più inesauribile, capace sia di ferire che di cura...