Nox.

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Quella fredda mattina Sirius era a casa dei Potter, non che fosse una sorpresa, oramai Lily lo considerava il terzo coinquilino, o il quarto o il quinto se si teneva in considerazione la quasi costante presenza anche di Remus e Peter.

Stava parlando con James dell'ultima partita di Quidditch in cui l'Irlanda aveva vinto per l'ennesima volta: sembravano imbattibili, inarrestabili, tant'è che era stata aperta un'inchiesta per scoprire se utilizzassero pozioni o incantesimi per incrementare le loro prestazioni sportive.

Sia Black sia Potter, erano concordi sul fatto che quella squadra fosse semplicemente forte, non c'erano bisogno di trucchi nel momento in cui si possedevano giocatori forti e affiatati come loro.

Erano talmente tanto concentrati sulla conversazione, che non si resero conto dell'arrivo di Lupin ed Evans.

Questi ultimi avevano l'espressione di chi portava notizie nefaste, lo sguardo spento di chi non sapeva come comunicarle e le labbra screpolate di chi si era torturato in continuazione quello inferiore dall'agitazione.
Lily aveva anche gli occhi lucidi e James lo notò subito quando Remus si schiarì la voce per annunciare la loro presenza.

Stavano vivendo nel bel mezzo di una guerra, una battaglia in cui sembrava che il male avesse tutte le carte in regola per assopire i ribelli, i disertori.
Felpato e Ramoso attendevano in silenzio lo schiaffo morale che sarebbe giunto a momenti, l'ennesimo amico portato via troppo presto a causa di persone folli le quali combattevano per un uomo, un serpente oramai, che ambiva alla purezza del sangue.

Si erano chiesti in più occasioni come questa causa potesse aver avuto un tale seguito, ma Sirius non si era sorpreso: ancor prima dell'arrivo di Voldemort, la sua famiglia si adoperava affinché nessuno venisse "contaminato".
Non si sarebbe meravigliato se qualcuno dei suoi antenati fosse stato un valido sostenitore di Grindelwald.

Nessuno aveva ancora proferito parola: la ragazza aveva lo sguardo basso, nonostante di sottecchi lo volgesse verso Remus, quest'ultimo si passò una mano sul volto stanco prima di accomodarsi accanto al giovane Black.

«Sirius, è successa una cosa.»

L'interpellato si mise subito sull'attenti: se Lunastorta lo aveva chiamato col vero nome, allora era successo qualcosa di grave che lo riguardava, seppur non riusciva ad immaginare cosa visto che le persone a cui più teneva erano in quella stanza.

«Parla. Che aspetti?»

Lupin si prese ancora qualche istante prima di sganciare la bomba poiché era consapevole che non sarebbe stato semplice da accettare.

«Regulus, è morto. Abbiamo scoperto che Voldemort stesso lo ha ucciso. Deve aver trasgredito alcune regole, altrimenti non si spiega l'uccisione di un Mangiamorte da parte del capo.»

Ora la stanza era inondata dal vuoto, almeno per Felpato.
Un vuoto nel cui era stato in grado di percepire il suono che fa un cuore quando si spezza. Come quando cammini in un sentiero di montagna e un albero decide di cadere: non si percepisce alcun rumore, fin quando non tocca terra.

Così era successo a Sirius.
Non aveva mai sentito il suo cuore cedere, eppure in quel momento doveva essere crollato sul pavimento della sala per essere stato in grado di percepire quello stridio.

Remus e James sapevano quanto il giovane tenesse al fratello, quanto avesse sofferto per lui sia quando era ancora a casa Black, poiché lo proteggeva dalla famiglia, sia quando Regulus aveva interrotto il loro rapporto una volta dopo che era scappato dai Potter.

Ricordavano le notti insonne del loro amico, le lacrime celate agli occhi di chiunque anche dei Malandrini, lo sguardo perso nel vuoto quando lo vedeva passare nei corridoi e non riceveva nemmeno un saluto.
Sirius era tante cose, ma non senza cuore.

Un giorno venne a sapere che si era arruolato nelle fila di Voldemort e lui se ne era dato la colpa: se solo fosse rimasto a casa forse sarebbe riuscito a portarlo sulla retta via, se solo si fosse preso maggiormente cura del fratello ora sarebbe potuto essere nell'Ordine della Fenice e, magari, non sotto metri terra.

«Felpato, mi dispiace.» sussurrò Lily posando una mano sulla sua spalla, mentre si lasciava andare a un pianto silenzioso pensando a come si potesse sentire Sirius: lei sarebbe stata distrutta se Petunia fosse stata uccisa.

James non parlò, non disse niente, semplicemente lo abbracciò. Non era un abbraccio di consolazione, di circostanza, era un abbraccio di chi cercava di ricomporre i pezzi, di limitare i danni irreparabili che, altrimenti, sarebbero stati troppo ingenti.
Anche Remus si unì a quel groviglio di braccia e corpi, ogni parola sarebbe stata di troppo.

Il giovane Black reagì solo dopo qualche istante: lacrime amare, bollenti, sgorgavano dalle grigie iridi del giovane nelle quali vi si stavano svolgendo temporali di emozioni, soprattutto di sofferenza.

«Dove... Dove l'hanno sepolto?» chiese titubante non certo di volerlo sapere poiché rimanere nell'ignoranza, forse, sarebbe stato meno doloroso.

«Alla Cappella dei Black. Credo tu sappia dove si trovi.» rispose Lily in quanto nessun altro sembrava voler interrompere quel silenzio.

Sirius sapeva esattamente dove andare. Si beò ancora un po' del calore dei suoi migliori amici, dell'affetto che stava ricevendo dalla famiglia costruita a Hogwarts, attese solo di essere in possesso della giusta lucidità prima di congedarsi da casa Potter.

Aveva voglia di fare due passi, di lasciare al vento freddo la possibilità di risvegliarlo da quell'incubo, ma la tomba era troppo lontana per potersi permettere tale lusso.

La smaterializzazione, in meno di un secondo, lo fece trovare di fronte alla dura e cruda realtà.
"Regulus Arcturus Black" recitava l'anonima lapide in rigoroso marmo nero.

«Non ti ho portato nemmeno dei fiori.» mormorò fra sé rimproverandosi quell'ulteriore mancanza nei confronti del fratello.

«Sei stato uno stupido, non dovevi diventare un Mangiamorte. So che la nostra famiglia si aspettava questo da noi, ma tu avevi una scelta come ce l'ho avuta io! Perché non mi hai ascoltato quando ti ho detto di scappare con me? Perché non sei venuto a chiedermi aiuto quando le cose stavano andando per il verso sbagliato con Voldemort? Sono così arrabbiato con te, ma soprattutto con me stesso. Ti ho abbandonato. Se ti fossi stato più vicino forse ora non saresti morto. Mi dispiace, mi dispiace così tanto. Sei così stupido, Reg.»

Sirius era caduto sulle ginocchia, aveva fatto tramutare ogni spillo piantato nel cuore in lacrime taglienti, mentre continuava a colpire la lapide con una tale forza che le nocche sanguinavano, ma a lui non interessava: cercava un dolore più forte che potesse surclassare quello della morte del fratello.

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