𝟏. 𝐒𝐄𝐂𝐑𝐄𝐓 𝐑𝐄𝐕𝐄𝐀𝐋𝐄𝐃

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Era passata ormai più di un'ora e mezza da quando Skadi era entrata alla Wells Fargo & Co per depositare un assegno per le tasse universitarie della Columbia University di New York. Da due anni studiava fisica in una delle più rinomate università della Grande Mela, era riuscita ad ottenere una borsa di studio impegnandosi a fondo nello studio di quella materia che tanto l'aveva affascinata da bambina, per non dover pesare economicamente su Margaret, anche se era stata proprio quest'ultima ad incitarla ad iscriversi ad essa.
La fila sembrava infinita e il tempo non passava più, per di più le si era scaricato il cellulare e non poteva avvisare sua nonna del suo ritardo.
«Il prossimo», una voce piuttosto seccata si era fatta sentire dall'altra parte del vetro. Guardò attonita il tabellone in alto cercando il suo numero e notò che finalmente era arrivato il suo turno.
«Salve, sono Turner. Skadi Turner, avevo già preso prenotazione per rilasciare un assegno» disse all'uomo occhialuto davanti a lei, prima che questo potesse chiederle qualcosa, per evitare di perdere altro tempo e poter tornare finalmente a casa. Si soffermò a guardare l'etichetta sul petto della maglia grigiastra, e scoprì che il suo nome era Alvin. Alvin doveva essere piuttosto stufo del suo lavoro perché quel giorno non traspariva sicuramente gioia da tutti i pori. Quello di tutta risposta la guardò per un attimo, e Skadi fu certa che il suo sguardo stava guizzando dai suoi capelli ai suoi occhi, perché erano visibilmente scattati quando si era rivolto all'ennesimo cliente che gli si presentava davanti. Tornò quindi a cercare il suo cognome al computer e lei non dette peso agli sguardi che stava ricevendo da quando era entrata in quel posto.
«Mi passi l'assegno, 2 dollari di commissione, e lasci una firma sul tablet, grazie. Il pross–»
Purtroppo, Alvin non poté finire di parlare, che sbiancò a ciò che vide davanti a sé, e non erano gli strani capelli della ragazza.
Quattro uomini armati di pistole e coperti in volto da delle maschere nere, come i vestiti e le scarpe che indossavano, fecero irruzione all'interno della banca, mentre uno di loro, probabilmente il capo, gridava a tutti di buttarsi a terra e tenere le mani ben in vista. Per un istante Skadi alzò gli occhi al cielo, e pensò alle lasagne che Margaret stava preparando con tanta cura a casa, probabilmente cercando di cacciare via uno Skoll super affamato dalla cucina, e si rattristò all'idea che quel giorno non sarebbe riuscita ad assaggiare quel pranzo così tanto agognato. Sbuffò, si girò e si sedette a terra, guardando bene i quattro saccheggiatori generare un grande caos all'interno del locale. Uno di loro non era ben addestrato, e lo capì perché la mano che teneva la pistola stava tremando vistosamente, e iniziò a preoccuparsi che se avesse continuato a muoverla così tanto avrebbe fatto partire un colpo a caso dall'arma.
«Prendi, butta tutti i soldi qui dentro, avanti, avanti! Non ho tutto il giorno idiota».
Il leader ruppe il vetro che lo divideva da Alvin con il calcio della pistola e gli buttò addosso una grossa busta nera in cui infilare i soldi. Skadi pensò che Alvin avrebbe preferito di gran lunga passare tutta la giornata a dire "Il prossimo!" invece che trovarsi un'arma puntata contro. Cercò di sembrare invisibile al rapinatore che aveva le sue scarpe a dieci centimetri dalla sua faccia e pregò che quello non si accorgesse di lei. Intanto notò con la coda dell'occhio che lì dentro c'erano dei bambini, spaventati e in lacrime, degli anziani che non avevano la più pallida idea di cosa fare, e una donna incinta, probabilmente al sesto o settimo mese di gravidanza, dato che aveva un grosso rigonfiamento sotto la maglia, che si era appoggiata ad un bancone reggendo il pancione, cercando di proteggerlo come più poteva con le sue braccia, anche se inutilmente. La donna alzò lo sguardo e incrociò quello di Skadi, che per un istante lesse tutto il terrore nei suoi occhi.
«In fila. Ho detto di mettervi in fila, forza! Tutti qui, per terra. Tu mantieni le mani in alto, mi hai sentito?»
Un altro degli uomini con il volto coperto sparò in aria dimenando l'arma qua e là, ora su un anziano, ora su un ragazzo, per incitarli a muoversi. Si voltò verso di lei, le puntò la pistola contro e le disse di unirsi agli altri.
«E tu saresti la dea della morte con quei capelli?»
Se la situazione non fosse quella che era e se non avesse avuto quattro uomini armati vicino, non avrebbe esitato a tirare un pugno in piena faccia a quell'idiota, ma affondò le unghia nei palmi delle mani e seguì gli ordini. Sì sedette sotto ad uno dei banconi, affianco ad un bambino dalla pelle olivastra e degli occhietti vispi, fin troppo calmo per essere nel bel mezzo di una rapina, stretto alla sua mamma, che stava pregando in una lingua che lei non conosceva e guardandosi attorno con gli occhi sgranati.
La situazione stava ormai degenerando, quando uno degli uomini sbraitò contro la donna incinta che non riusciva a muoversi dal bancone, sotto shock, per andarsi a sedere con gli altri. Qualcuno cercò di parlare per far notare al gorilla che non era una buona idea gridare contro una donna che aspetta un bambino, ma quello continuò a strillare e le prese un braccio con forza, facendola cadere a terra. Quella si portò istintivamente le mani alla pancia, preoccupata più per la creatura che portava in grembo che per se stessa, urlando di paura.
«Ti prego, ho un bambino, ti prego, lui è innocente, almeno lui!»
Il bambino che Skadi aveva di fianco si sporse per vedere ciò che stava succedendo e sussurrò tra sé e sé, «Qui ci vorrebbe un supereroe», più incuriosito che spaventato dalla situazione. Skadi lo sentì bene, guardò lui e poi di nuovo la donna incinta a terra, e si voltò a guardare tutte le persone presenti all'interno di quella banca. Erano tutti esterrefatti da ciò che stava succedendo, c'era chi piangeva silenziosamente, chi provava a scrivere messaggi al telefono senza farsi notare, chi invece pregava il proprio dio con le mani incrociate, come la signora che le stava di fianco. Sospirò, si maledisse e decise che quello forse era un buon momento per mettere in azione i suoi poteri, pur avendo deciso di non utilizzarli da ormai cinque anni. Si concentrò sull'uomo davanti alla donna col pancione, respirò a fondo, e grazie alla telecinesi riuscì a spingerlo di circa tre metri. Il rapinatore cadde a terra e con lui la pistola, e prima che potesse riprenderla tra le mani Skadi la fece scivolare lontana da lui. Tutti quanti si girarono a guardare la scena, i quattro saccheggiatori iniziarono a gridare con ancora più forza e a puntare le armi a casaccio, in cerca di chi avesse osato spingere un loro compagno, mentre Skadi, seminascosta dal bancone a cui era appoggiata, apriva il palmo della mano e lo ruotava, richiudendovi le dita. Un'altro uomo venne sbattuto a terra, proprio sopra al primo, e la pistola del capobanda scivolò dalle sue mani, per aleggiare davanti a quello che due secondi prima era stato il suo proprietario, puntata alla sua fronte. L'uomo strabuzzò gli occhi, i suoi amici lo guardarono sbigottiti, e dal punto in cui erano stati fatti ammassare tutti gli ostaggi si alzò un generale stupore. Il bambino accanto a Skadi gridò «Wow! Allora sono arrivati i supereroi, mamma guarda!» e lei distolse per un attimo lo sguardo dalla scena per sorridergli. Si voltò di nuovo e notò che il rapinatore stava tentando di recuperare la pistola, ma lei fu più veloce e fece in tempo a spostarla in alto per poi sbattergliela con così tanta forza al centro della faccia, che quello cadde portandosi le mani al naso. Gliel'aveva rotto? Non lo sapeva, ma sperava fortemente di sì. Nessuno credeva ai propri occhi, si stava ormai creando un caos generale all'interno della banca, e l'unico uomo che era rimasto davanti alla porta da sentinella dovette raggiungere i suoi compagni per aiutarli. Skadi si sforzò un altro po', guardò bene le quattro persone anonime davanti a lei e spinse appena il palmo in avanti, così che tutti e quattro i rapinatori vennero lanciati contro il muro con forza, tanto da sfondarlo e farveli cadere dentro. La gente, incuriosita e spaventata allo stesso tempo, iniziò a correre verso l'entrata, Alvin si alzò dalla sedia e scappò a sua volta, incurante della massa di contanti che aveva lasciato davanti alla cassa e che stava volando via mentre lui correva. Uno dei rapinatori, sconvolto da ciò che era appena successo, provò ad alzarsi e a gridare di non uscire fuori, ma fu ormai troppo tardi perché tutti quanti si stavano accalcando all'uscita e stavano fuggendo, senza dargli più ascolto. Qualcuno si preoccupò di aiutare la donna incinta ad alzarsi e ad accompagnarla all'uscita, mentre la mamma del bambino che Skadi aveva affianco lo stava prendendo in braccio per scappare via a sua volta. Il bambino abbassò lo sguardo verso di lei, che aveva ancora la mano tesa in avanti, e le fece un grande sorriso a trentadue denti.
Erano ormai quasi tutti fuori quando decise di alzarsi anche lei, ma mentre si stava dirigendo all'uscita uno degli uomini, quello che Skadi credeva meno addestrato e pronto ad affrontare un saccheggiamento in piena regola, uscì fuori dalle macerie lasciate dallo schianto al muro, barcollante e coperto di polvere biancastra, puntando la sua pistola contro la mamma e il bambino. «No!»
Skadi gridò e l'uomo non fece in tempo a voltarsi verso di lei, che fu scagliato contro le vetrate della banca, per romperle in mille pezzi creando un gran frastuono e atterrando sulla strada, ormai incosciente e sanguinante dalla testa. La pistola cadde a terra, ai piedi della donna, che si voltò verso di lei, mentre il bambino che le stava in braccio le chiedeva –Sei un supereroe? Una supereroina? Come ti chiami?–si accorse ben presto di aver fatto un grosso errore, ma la donna la osservò per un po', poi le sorrise, con un sorriso uguale a quello che le aveva fatto il bambino prima, «Grazie, chiunque tu sia», e corse fuori, attenta a scavalcare il corpo esanime del rapinatore. Quel sorriso generò dentro di lei una strana sensazione. Si sentiva appagata dall'aver aiutato qualcuno, e dall'aver salvato delle vite, non credeva di riuscire a fare ancora uso dei suoi poteri avendoli relegati lontano dalla sua mente, ma era terrorizzata da ciò che poteva succedere da quel momento in poi se qualcuno avesse messo in giro avesse scoperto che lei era una sorta di alieno capace di muovere gli oggetti e uccidere la gente.
Prima di uscire fuori, diresse lo sguardo ai tre rimasti bloccati dentro le macerie, e dato che ormai erano tutti fuori di lì, incanalò dell'energia alle braccia, e alle punta delle dita, facendole vibrare, e un grosso pezzo di muro cadde addosso ai tre ladri, facendoli lamentare dal dolore. Sì volto, si alzò il cappuccio della felpa, si mise le mani nelle tasche del giubbotto, e uscì da quel posto infernale, consapevole di non aver potuto mangiare la lasagna e di non aver potuto pagare la retta universitaria per un branco di rapinatori incapaci.

~•~

Per quanto fosse autunno, quel pomeriggio faceva piuttosto caldo, il sole batteva forte su New York e Skadi aveva deciso di fare una delle sue solite passeggiate attorno al laghetto, portando con sé il suo blocco da disegno. Erano state settimane difficili, più volte la notte si risvegliava sudata e ansimante da un incubo che le impediva di dormire. Non se lo ricordava mai del tutto, ma riuscì a rievocare alla mente solo un particolare dell'incubo che ormai avevo rovinato il suo sonno da due settimane: nel buio totale c'era una mano, dalla pelle pallida, ma fin troppo fine e curata per sembrare quella di un uomo, che tratteneva un oggetto cubico, il quale emanava una strana luce bluastra, così accesa e brillante che aveva paura di perdere la vista solo osservandolo. La mano era rivolta a lei, cercava di porgerle l'oggetto, ma proprio mentre Skadi provava a prenderlo questo svaniva per lasciare il posto a delle ombre di cui non riconosceva le figure, che sembravano coperte da un mantello e incappucciate. Una di queste parlò, con una voce profonda e gutturale che le scompigliava i visceri:

«Il Tesseract si è ridestato. Si trova su un piccolo mondo, un mondo umano. Vorrebbero avere il suo potere, ma il nostro alleato conosce il suo funzionamento come nessuno. Egli è pronto per governare, e seguiranno i nostri Chitauri, la nostra forza. Il mondo sarà suo. L'universo, vostro. E gli umani... Cosa possono fare, se non bruciare?»

La figura incappucciata si voltò verso di lei, mostrando un volto inumano, segnato da orribili cicatrici, e degli occhi infuocati che sembravano scavare dentro i suoi così a fondo da risucchiarle l'anima in un sospiro.

L'incubo finiva sempre così, o per lo meno Skadi a quel punto si svegliava urlando, pregna di sudore, con le coperte del letto buttate a terra e Skoll che ogni volta saltava sul letto e le si sdraiava accanto, per quanto potesse con tutta la sua stazza.
Fu mentre stava per sedersi nell'erba fresca e resa umida dalla rugiada mattutina che Skoll entrò nella sua mente.
C'è qualcuno.
Skadi si voltò, notando Skoll a ridosso del lago, girato verso la fitta boscaglia con le orecchie puntate in avanti e la coda dritta, in ascolto.
Sono in tanti.
Alzò lo sguardo verso gli alberi, non riuscendo a guardare oltre la prima radura, ma non vide null'altro se non rami, sterpaglia ed erba alta.
Ci stanno osservando. Sento la presenza di venti umani attorno al lago.
Abbassò lo sguardo al lupo, che non distoglieva il suo da un punto preciso della boscaglia.
Non muoverti, Skoll.
Skoll voltò il capo verso di lei, abbassò le orecchie e mostrò i denti, ringhiando ferocemente e piegando il collo cercando di sembrare più grosso di quanto non fosse.
È dietro di te.
«Skadi Turner? Buono bello, non c'è bisogno di mostrarmi i denti».
Skadi si voltò, la matita stretta nella mano, che aveva preso con sé per disegnare, pronta a infilzarla nell'occhio di qualunque persona ci fosse dietro le sue spalle. Questa idea aveva dovuto averla qualcun altro prima di lei, perché la persona che le si mostrò davanti aveva un occhio coperto da una benda nera, e l'altro ben aperto ad osservarla, senza nessuna ombra di timore.
Prima che potesse dire qualsiasi cosa, l'uomo dalla carnagione scura e gli abiti neri si presentò:
«Agente Nick Fury, direttore dello S.H.I.E.L.D., gradirei uno scambio di chiacchiere con lei se la sua tenera bestiola ce lo concede».

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Spazio autore
Eccoci tornati con il primo capitolo del libro! Finalmente una faccia conosciuta, il buon vecchio Fury mi mancava troppo. Non nascondo che da quando ho visto Captain Marvel pensare al perché della benda sull'occhio mi fa ridere SEMPRE.
Questo è un capitolo di introduzione, non è successo niente di speciale, apparentemente.
Per rendervi facile capire come Skadi e Skoll comunichino, da qui in avanti i loro scambi di battute saranno sempre in corsivo. È qualcosa che avviene nella loro mente, nessuno oltre loro due può capire come comunichino, e credo che questa sarà una componente fondamentale in tutto il libro.
Lasciate una stellina se vi è piaciuto il capitolo, come sempre vi saluto e vi aspetto nel prossimo capitolo!❤️

𝐆𝐎𝐃 𝐎𝐅 𝐖𝐈𝐍𝐓𝐄𝐑 | MarvelDove le storie prendono vita. Scoprilo ora