𝟒. 𝐄𝐍𝐄𝐌𝐈𝐄𝐒

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I am Loki, of Asgard.
And I am burdened with glorious purpose.
ʟᴏᴋɪ, ᴛʜᴇ ᴀᴠᴇɴɢᴇʀs

Diede un diretto deciso al sacco da boxe con il pugno della mano destra, e fece lo stesso con la sinistra. Continuò così per un po', aumentando la tensione a tratti e cambiando posizione, a volte con dei pugni, altre con calci e ginocchiate. Quello era uno dei tanti modi in cui Skadi riusciva a rilassare i muscoli e la mente, e in quel momento ne aveva davvero bisogno.
Che Nick Fury la tenesse all'oscuro da tante, troppe vicende all'interno dell'agenzia, questo lo sapeva bene, d'altronde era stata arruolata da pochi mesi, e non poteva aspettarsi certo di essere a conoscenza di qualsiasi movimento lì dentro, doveva fare ancora tanta strada per potersi assicurare la fiducia del colonnello e delle due spie che aveva conosciuto da quattro mesi a quella parte.
Eppure, non poté non notare un collegamento tra il Tesseract e lei, o più specificatamente i suoi sogni oppressivi. Quell'oggetto doveva essere piuttosto preoccupante se il direttore aveva deciso di trasferirlo nel deserto del Mojave chiedendo espressamente che i suoi migliori agenti fossero trasferiti assieme ad esso. Fu così che Skadi, Occhio di Falco e Vedova Nera dovettero prendere le loro cose e traslocare in California, nel bel mezzo del nulla. Fury non si era preoccupato di spiegarle come mai dovettero prendere queste precauzioni, ma Skadi sapeva, aveva visto con i suoi occhi e sentito in ogni centimetro del suo corpo l'energia trasmessa dal Tesseract, per cui non doveva essere una buona idea lasciare che fosse studiato al centro di New York.
Una delle poche cose positive che poté constatare di quell'enorme struttura fu che era dotata di una grande palestra e di un sistema di aerazione decente, perché uscire fuori di lì significava sciogliersi nel caldo torrido californiano peggio che nell'acido. Non potevano muoversi di lì, erano stati esonerati da qualsiasi missione e Skadi non poté che esserne frustrata. Non le piaceva stare con le mani in mano, in quei mesi ci aveva preso ormai gusto ad impegnarsi nello spionaggio e accalappiare qualche cattivo ogni tanto, niente di così tanto rischioso fino ad allora, ma almeno non sarebbe rimasta ad oziare tutto il giorno.
«Tu non ti stanchi mai di prendere a pugni quel povero sacco da boxe?»
Clint Barton la stava osservando ormai da più di mezz'ora, accovacciato sopra di lei, come un falco che osserva la propria preda, dal punto più alto delle travi.
A volte, lui e la Vedova Nera la sorvegliavano per accertarsi che non si mettesse nei guai come suo solito. Per quanto Occhio di Falco credesse di essere discreto, non sapeva che la ragazza conoscesse la sua posizione sin dall'inizio.
«E tu non ti stanchi mai di pedinarmi?» chiese di rimando lei, non senza una punta di sarcasmo, continuando a prendere a pugni il sacco. Sentì un rumore dietro di lei, e non ebbe bisogno di voltarsi per sapere che Clint fosse sceso, ora alle sue spalle.
«Pedinarti? Non credo sia il termine giusto. Mi accerto che tu stia bene» l'uomo si appoggiò al muro e incrociò le braccia, guardando i muscoli della schiena della ragazza irrigidirsi quasi impercettibilmente.
Lei ebbe un attimo di esitazione, per poi alzare la mano destra, e scaraventare il sacco contro il muro senza doverlo toccare.
Finirà per romperli tutti, prima o poi, pensò tra sé e sé Barton, per nulla toccato dalla reazione della ragazza.
Skadi si voltò verso di lui, e srotolò con calma le bende bianche che le fasciavano mani e avambracci, per evitare di spaccarsi la pelle a forza di impatti contro le superfici.
«Certo, sto bene. Ma starò molto meglio quando tu e tutti gli altri eviterete di nascondermi qualcosa. Penso che non serva a molto, sai, sono una spia proprio come te» concluse, marcando particolarmente sulla parola spia.
Continuò a guardarlo solo per un altro attimo, cercando qualche reazione nel volto dell'altro, ma a volte quando discuteva con l'arciere le sembrava di parlare con un muro che non lasciava trasparire la minima emozione. Lo superò e prese la felpa e il borsone lasciati su una delle panchine, per poi incamminarsi verso l'uscita.
Clint la seguì, chiedendole a cosa si stesse riferendo, ma non ebbe nessuna risposta.
Più volte si era trovato a pensare che quel lavoro fosse troppo estenuante per lui, che avrebbe voluto lasciare tutto, crearsi una nuova identità e scappare in un paese tranquillo, come l'Australia, o la Thailandia. Non poter confidare tutto persino alle persone con cui lavorava, o come in quel caso, qualcuno che riteneva non un semplice compagno di squadra, ma un amico, lo affliggeva e rammaricava fino al midollo. Persino Natasha non sapeva molte cose di lui, eppure avevano trascorso quanto? Dieci anni, venti o più assieme? Era l'unica persona di cui potesse mai fidarsi ciecamente, non ci avrebbe pensato un attimo a riporre la sua vita nelle mani della vedova nera, nonostante ciò non aveva mai avuto il coraggio di raccontarle di un piccolo, grande pezzo mancante della sua vita. Non riusciva a fare assegnamento sulla rossa, figuriamoci se pensasse di arrischiarsi con una ragazza astrusa ed enigmatica come Skadi.
Fu così che decise di rivolgersi direttamente al colonnello.
«Mi dica agente Barton, quanto tempo ci ho messo per decidere se farla passare al livello 9?» domandò l'uomo vestito perennemente di nero.
«Un bel po', signore. Ma–» Clint venne interrotto prima di poter protestare «Un bel po' di anni. E ancora oggi non so se nutrire dei dubbi al riguardo. Non mi fiderei nemmeno di mia madre se potessi, quindi cosa le fa pensare che io possa confidare delle informazioni strettamente riservate ad una ragazzina?»
Clint si sporse in avanti dalla sedia su cui era seduto, per avvicinarsi al viso del direttore.
«Ho un presentimento. Una sensazione. Mi creda, penso che lei sia più legata di quanto crede al Tesseract, non so come, non so perché, ma Skadi potrebbe essere la risposta. E quando lei accetterà di fare affidamento su una ragazzina mi darà ragione».
L'arciere non aspettò reazioni o risposte dall'altra parte del tavolo dell'ufficio, spostò la sedia di lato, si alzò e sbattè la porta dietro di lui.

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