6 - L'incubo

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Durante la notte, Harry cadde giù dal letto. Un urlo che riecheggiò per tutta la casa squarciò il silenzio delle quattro del mattino.
«Ma che diavolo...?!», Harry si guardò intorno restando il comodino per prendere gli occhiali. Lui trovò e li inforcò sul naso. Un altro lamento giunse alle sue orecchie, si alzò di scatto. «Piton...», mormorò tra sé. Ci mise due secondi a prendere la bacchetta, accenderla e correre nella stanza accanto. Piombò nella camera e si avvicinò al letto di Piton. Questo non faceva che agitarsi nel sonno.
Harry lo scosse paio ed svegliarlo. «Professore... Professore! Signore, si svegli!, gli gridò sottovoce. Piton scattò in avanti a sedere, con gli occhi sgranati e il sudore che gli imperlava la faccia.
«Si calmi... Era solo un incubo», tentò di rassicurarlo Harry, sedendosi di fianco a lui. Piton lo guarda ma non si calma. Lo guarda con occhi scuri e senza luce, colmi di paura. Respirava a fondo, una mano sul cuore, l'altra stretta intorno al lenzuolo.
«Signore! È a Little Wiggins! Si calmi! Era solo un incubo...»
Piton respirò a fondo e continuò a guardarlo come se non fosse veramente lì, come se cercasse una minima prova che fosse veramente lì. «Harry...», sussurrò pianissimo.
Harry rimase sorpreso dal fatto che usasse il suo nome. «Sì, signore... Sono Harry», annuì con tono dolce e calmo per tranquillizzarlo, «E lei è qui. Era solo un incubo»
«U-un i-incubo...», balbettò il professore, «Un incubo...», ripeté e si passò una mano sul viso.
«Sì, un incubo. Ma adesso è qui. È passato. Si calmi...»
«Un incubo...», ripeté ancora e si passò una mano sul viso.
«Ha gridato e mi ha spaventato. Le va di dirmi cos'ha visto?, tentò Harry.
«Torna in camera tua»
«Può aiutare parlarne», insistè Harry.
Piton lo guardò senza dire nulla. Si sistemo seduto con la schiena contro la testiera del letto e guardò la parete di fronte su cui la bacchetta accesa di Harry gettava ombre lunghe e minacciose. Rabbrividì, poi fece un respiro profondo. «C'era Silente... E il Signore Oscuro. E tu. Tutti e tre che mi guardavate. Poi Silente è caduto dalla Torre di Astronomia», spiegò e alzò lo sguardo verso Harry. Lo guardò negli occhi. «Il Signore Oscuro ha alzato la bacchetta, l'ha puntata su di te e ti ha... Tu mi hai guardato negli occhi. Ho visto i tuoi occhi spegnersi, ledere la vita... Di nuovo ho visto quegli occhi verdi... Senza vita»
Harry rabbrividì nel vedere il suo sguardo. Gli occhi di Piton erano vuoti e tristi. Aveva sognato la sua morte. «Sono qui, ora... Era solo un incubo...»
«Uno dei tanti... Speravo che con il coma non sarebbero più arrivati quando oggi mi sono risvegliato... Ma non potevo sperarci veramente. Mi perseguitano. Sono ormai parte integrante della mia vita...»
«Mi dispiace signore..».
«Potter... Cosa volevi sapere di preciso da me? Cosa volevi chiedermi?»
«Io... Volevo sapere meglio cos'è successo... Il suo rapporto con mia madre... Sono invadente, lo so, ma ho bisogno di sapere alcune cose»
«Ne hai tutto il diritto», sospirò Piton, Passandosi una mano tra i capelli, «Tua madre è era l'unica donna che io avessi mai amato con tutto me stesso. E non la dimenticherò mai. Nemmeno quando la vidi con tuo padre. Ci ho provato, ma è impossibile. Non puoi dimenticare una persona che ti ha dato troppo da ricordare. E tua madre mi ha dato tanto, tutto... I momenti felici che ho sono con lei. Perché non riusciva a farmi ridere anche quando il mondo mi crollava addosso, quando avevo problemi con mio padre a casa ed ero distrutto per mia madre soprattutto. Ma ho commesso un errore enorme. Il primo di una lunga serie. Ho offeso tua madre. Me ne sono pentito immediatamente, ma l'ho fatto. L'ho chiamata in quel modo. E l'ho allontanata da me. Ho perso l'unica persona che mi capiva e che sapeva tutto di me. E con gli anni, vedendo che non accettava le mie scuse, ho provato ad andare avanti, a superarla. Ma non era possibile. Non mi è possibile dimenticarla»
Calò il silenzio per un po'. Harry non aveva la minima idea di come rispondere. I loro occhi si incrociarono e su scambiarono un'occhiata. Harry era afflitto dal dolore del professore. Aveva visto cosa aveva passato. E aveva visto i suoi occhi pieni di lacrime e dolore l'istante prima di entrare in coma. E ora si sentiva male per lui. Soffriva per lui. Lo ascoltò in silenzio. Non riusciva a proferire parola. Neanche per consolarlo. Non aveva il coraggio di dire niente che potesse alterare e smettere di parlarle. Sentiva il cuore pesante e colmo di dolore. Un uomo che aveva trovato la sua unica amica e che poi l'aveva persa. Aveva commesso un errore di cui si era pentito, ma mai liberato. Non era stato perdonato dalla donna che amava e di conseguenza neanche da sé stesso. Non si era mai perdonato di aver allontanato quel fiore delicato della sua vita. E così aveva perso l'occasione di dichiarare il suo amore. Un uomo che amava una donna, un uomo che ha continuato ad amarla anche dopo la morte. Neanche nei romanzi su leggevano queste storie. Era una storia grande, più grande di tutte. Che nessuno poteva capire ,se non avesse visto ciò che aveva visto Harry. E con lui l'intera comunità magica. Perché Harry aveva mostrato a tutti i ricordi così da scagionare Piton. Piton... Severus Piton... Che uomo. Un coraggio che nemmeno il più valoroso dei Grifondoro aveva. Aveva ragione Silente, e questo Harry lo aveva capito fin troppo tardi, che a volte lo smistamento avviene troppo presto.
«Tua madre, quand'ero piccolo, era l'unica amica che avevo», riprese il professore, «La osservavo perché nella zona dove abitavo io ce n'erano pochi di maghi e streghe. E quando vidi tua madre volare come una piuma giù dall'altalena, ho capito che era anche lei una strega e sono rimasto ad osservarla. Andavo ogni giorno. Perché speravo di poterci parlare. Io non avevo amici. Nessuno. E tutto a causa della pessima reputazione che aveva la mia famiglia. Mio padre era conosciuto da tutti quanti. E purtroppo anche io e mia madre ci rimettemmo. Pagammo le conseguenze per essere stati imparentati con un mostro del genere... Tua madre, in questo, era l'unica. L'unica che si sia fatta avanti con me e mi abbia accolto. Ha superato i giudizi che le persone avevano per me. Mi è stata accanto. E quando i miei litigavamo e io scappavo, tua madre mi accoglieva e mi ascoltava»
«Da quel che so mia madre era così», commentò Harry, sottovoce, «Le piaceva ascoltare. E voleva sempre aiutare i suoi amici. Chiunque. Era buona...»
«Oh, sì... Tua madre era la donna più buona del mondo. Non esiste donna migliore. Era speciale. E faceva sentire me speciale... Me, che avevo sempre avuto problemi, il bambino isolato, figlio di Tobias Piton, il mostro. Lei non badava a queste cose. Lei vedeva com'ero veramente, sotto l'aspetto esteriore. Riusciva a scavare dentro di me e a tirar fuori il mio lato migliore... Era unica»
«Già...», Harry sospirò e lo guardò ora con sguardo triste. Notò il viso di Piton farsi triste e sofferente. Una lacrima scese addirittura sulla sua guancia, sperando di nasconderla. Ma ad Harry non sfuggì. Azzardò e allungò una mano per portarla sulla spalla del professore. Questo non si mosse. Ne spostò gli occhi da quelli del ragazzo. Quegli occhi verdi. Li stessi di lei. Non meritava di guardarli, eppure non riusciva a distogliere lo sguardo. Era come attratto dalla calamita dei ricordi di quel verde smeraldo. Chiuse gli occhi per un istante e subito l'immagine di Lily e poi Harry che morivano sotto i suoi occhi gli attraversò il campo visivo come dei flash. Riaprì di scatto gli occhi e annaspò una mano sul materasso alla ricerca di qualcosa. Harry abbassò la mano in quel momento, facendo cenno di volersi alzare, ma si bloccò: Piton gli stava stringendo la mano. Lo guardò sorpreso, ma comprensivo. Il professore sembrò supplicarlo. Lasciò andare la mano del ragazzo lentamente, respirando a fondo.
Harry interpretò il suo sguardo e il suo gesto. «Resterò qui, se la fa stare più tranquillo», disse in tono calmo e rassicurante, «Lei cerchi di riposare»
Piton lo guardò, poi annuì e si rimise sdraiato per bene sotto le coperte Harry gliele sistemò di nuovo, poi si sedette al suo fianco. Con la bacchetta accesa puntata contro la parete. Aspettò che il professore si addormentasse, e ci volle te lo. Ormai si erano fatte le 6 del mattino e pensò che se avesse provato a dormire qualche minuto, sarebbe stato più facile aiutarlo il giorno dopo. Si alzò quando capì che era ormai crollato in un sonno profondo, ma non ebbe il coraggio di andarsene quando lo vide figurarsi nel letto e lo sentì mugugnare. Non osò andare via. Si sedette di nuovo sul letto, posò i gomiti sulle ginocchia e posò il mento suo palmi delle mani. Si addormentò, stanco, e senza accorgersene scivolò di lato, posando si di fianco sul materasso. La testa vicina alla spalla di Piton.

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