8 - Divertimento e risate

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«Io ti... Perdono»
Queste parole riecheggiano nella testa di Sirius per minuti interminabili. Ci volle un bel po' perché ricominciasse a parlare, riprendendosi dalla sorpresa. Era così sicuro di dover rinunciare, che ora che aveva ricevuto il sì non aveva la minima idea di come comportarsi. «Cioè tu... Tu mi stai dicendo che...?»
«Parlo una volta sola, Black», sibilò Piton, «Odio ripetermi»
«Hai ragione. Scusa. Grazie. Significa tantissimo per me. Veramente tanto. Grazie»
«Ma non credere che sarà un rapporto rose e fiori. Con calma. E sopratutto non dimenticherò. Questo confido tu lo sappia»
«Certo che sì. Lo so perfettamente. Infatti non te lo chiedo»
«Bene», annuì Piton, guardandolo.
«Bene...», annuì Sirius in risposta. I due si fissarono per un po' negli occhi. Nessuno osò parlare. Ma il silenzio, in quel momento, diceva tutto. Distolsero lo sguardo solo quando Harry bussò alla porta.
«Scusate. È pronta la cena...», disse, mettendo la testa nella stanza.
«Va bene... Arrivo», disse Piton, mettendosi di nuovo seduto, «Tu porta Black con te prima che lo uccida»
«Ah, ora mi uccidi? Non credo avresti il coraggio. Non sopporteresti di non avere più chi tratta male e con cui bisticciare come un bambino»
«Guarda che qui il bambino sei tu», Piton lo guardò male, «Sparisci e vai di sotto. Io arrivo»
«No... Harry, credi sia possibile portare di sopra la cena?»
«Certo che sì!», sorride Harry, intuendo subito.
«Bene. Allora forza. Serve una mano?»
«No, tranquillo. Vado e torno. Ci metto dieci minuti», Harry scese di sotto.
Piton guardo Sirius. «Che hai in mente?»
«Niente. Tu sta buono seduto.», disse Sirius. Piton sbuffò. Quando arrivò Hrry con la cena, stranamente non potrestò all'idea di mangiare tutti insieme. Visto che lui non poteva muoversi più di tanto... Prese il suo piatto di fettine di pollo e insalata e lo posò sulle gambe. Guardò i due quando ormai aveva la forchetta infilzata ad un pezzo di carne e un paio di foglie di insalata ad un passo dalla bocca. «Be'? Che aspettate? Vi sedete o no?», indicò con lo sguardo i bordi del letto. Harry e Sirius si guardarono, poi si sedettero. Harry prese posto ai piedi del professore, proprio di fronte, sul materasso, mente Sirius al fianco. Il letto era matrimoniale, quindi c'era abbastanza spazio. Mangiarono tranquilli, per un po' che rimase il silenzio.
Fu Harry a romperlo. «Allora avete risolto?», chiese.
«Direi proprio di sì», rispose Sirius con un sorriso che gli morì quando guardò Piton, «Se tu ne sei d'accordo, certo»
«Certo», rispose Piton, guardandolo e finendo la cena in pochi minuti.
«E meno male che deve riprendersi», rise Harry, guardandolo, «Ultimamente mangia molto velocemente»
«Sanno gli incubi», Piton alzò le spalle e li guardò entrambi. «Io credo che i tuoi genitori non potevano sceglierti padrino migliore, Potter»
«Tu stia dicendo a me che sono un ottimo padrino?», chiese Sirius incredulo, «Severus Piton che mi fa i complimenti? Il mondo dev'essere crollato»
«No, sto dicendo sul serio», continuò il professore, lasciando sorpresi sia Harry che Sirius, «Vedendo come vai a caccia di guai, non potevano metterti come ombra nessuno se non uno che crea guai ovunque vada. Così, al posto di proteggerti, fa casino insieme a te»
«Ah ecco! C'era la fregatura!», rise Harry, prendendo un cuscino e tirandola a Piton, che lo prese ghignando.
«Sei sempre il solito... Almeno io lo faccio divertire», rise Sirius.
«Attento a non esagerare o ti ritrovi senza figlioccio eh», disse Harry.
«Poi che ne sarà di te», sospirò falsamente dispiaciuto il professore, «In casa, da solo, senza nulla da fare perché non ha più un bambino a cui badare... Avrai bisogno di un adulto che badi a te, essendo tu stesso un bambino. E ti annoieirai a morte immagino»
«Io le cose da fare le ho», lo guardò Sirius, «E non sono un bambino»
«Come siamo permalosi», ghignarono Harry e Piton. Sirius sorrise guardandoli e loro distolsero lo sguardo
«E sentiamo», riprese Piton, «Cos'hai da fare di bello?»
«Sto facendo ricerche. Voglio fare l'Auror», sorrise fiero Sirius.
«L'Auror?», chiesero Harry e Piton.
«Sì... È un problema?»
«No! Assolutamente no», disse Harry, «Quando pensavi di dirmelo, sentiamo?»
«Quando sarei stato più sicuro», Sirius alzò le spalle.
«Ma guardalo», disse Piton, «Ne parla come se fosse nulla di che»
«Semplicemente credo di non essere poi così portato»
«Sei portato eccome», commentò il professore, stupendosi lui stesso delle sue parole, «Dopo il lavoro che hai fatto per Harry e l'Ordine, la protezione...»
«Quello lo hai fatto tu», lo corresse Sirius, «La protezione è stato merito tuo»
«Non ho fatto abbastanza», mormorò Piton.
«Quindi è questo che pensa...», Harry lo guardò sorpreso, «Lei ha fatto tutto quello che poteva fare. E mi ha aiutato. Mi ha protetto. Non sarei qui se lei non avesse fatto quello che ha fatto! Mi guardi! Le sembro un morto? Un fantasma? Uno distrutto? No. Sto bene. Sono qui. E questo tutto grazie a lei. Non mi faccia sentire le sue cose da autocommiseratore»
Piton inarcò un sopracciglio. «Io non mi...»
«Sì che lo fa», lo interruppe il ragazzo, «Lo sta facendo in questo preciso momento. Non lo neghi. Smetta di farsi problemi inutili. Lei mi ha protetto, quando nessuno lo aveva obbligato. Ha scelto lei di aiutarmi. E mi ha aiutato. Non c'è una cosa di cui io le faccio una colpa. L'unica è l'autocommiserazione»
Piton sbuffò e si passò una mano tra i capelli, distogliendo lo sguardo dal ragazzo.
Harry si spostò sul letto, mettendosi di fianco a lui. «Professore... Lei ha fatto tantissimo. E la ringrazio. Mi guardi...»
Piton non si mosse.
Harry gli posò una mano sulla spalla. «Professore... Mi guardi», ripeté con calma.
«Perché dovrei? Per guardare quegli occhi verdi colmi di delusione?»
«Ma lei mi ascolta quando parlo? Non le faccio colpe. Ora mi guardi»
Piton spostò lo sguardo sul suo, incrociò i suoi occhi e cadde nella trappola verde.
«La ringrazio per quello che ha fatto», disse Harry dolcemente, sorridendo.
Piton non disse nulla. Mise una mano su quella del ragazzo sopra la propria spalla e strinse leggermente la presa. Harry rimase sorpreso, ma non osò dire o fare nulla, solo gli strinse leggermente la spalla in sengno sincero. Sirius osservò la scena e sorride contento.
«Ora credo sia meglio riportare i piatti di sotto», disse Piton dopo poco, togliendo la mano.
Harry annuì, togliendo la sua. Prese i piatti, ma Sirius lo bloccò.
«Faccio io. Tranquillo», disse sorridendo e scese di sotto con i piatti.
«Vado a prendere l'Antidoto», disse Harry e corre in bagno, tornando poco dopo. Porse la bottiglietta a Piton, che la strappò e la buttò giù in un sorso solo.
«Le ferite come vanno?», chiese il ragazzo, posando la bottiglietta vuota sul comodino.
«Meglio», rispose Piton, «Quella che mi fa ancora male è quella sul collo. E anche quella sul braccio. Quelle più profonde, insomma. Ma sembra stiano guarendo»
«Vuole che le cambi le bende? Direi che sarebbe il caso. È da ieri sera che porta quelle. E se non vuole che le ferite tornino a far male per l'infezione...»
«Ho capito... Va bene», annuì Piton.
Harry su alzò e andò al cassetto del mobile infondo alla stanza dove aveva sistemato un bel po' di bende nuove e pulite, ne prese un rotolo nuovo, insieme ad una bottiglietta di Dittamo di scorta, e si sedette sul letto, accanto a lui. Piton si sollevò e si mise seduto. al centro del letto. Harry gli sciolse il nodo delle bende sporche e le sfilò via. Sospirò nel vedere tutte quelle cicatrici. Le ferite sulla schiena e sul petto si erano richiuse ma erano rimaste le cicatrici, che si mescolavano alle cicatrici già presenti, vecchie. Le uniche ferite rimaste ancora aperte erano quella sul collo e quella sul braccio. Le più profonde, dove il serpente aveva affondato le sue zanne fino in fondo.
«Le bende sul petto e la schiena non servono più, direi», disse, strappando il Dittamo, «Sono rimaste solo quelle profonde»
Piton non dispose e trattenne un sospiro di dolore nel sentire il Dittamo a contatto con la carne. Questa volta fece meno male. O era segno che le ferite stavano guarendo, o era qualcosa di peggio. Qualcosa che sentiva dentro di sé, ma che non riusciva a spiegare. Harry mise via il Dittamo e bendò il collo e il braccio del professore. Poi si alzò e buttò nel cestino del bagno le bende sporche. Mise tutto apposto e tornò in camera a sedersi sul letto.
Piton sospirò e si mise di nuovo contro la testiera. «Che razza di situazione...»
«Non si lamenti. Sta guarendo. Non dovrà sopportare tutto questo ancora per molto»
«Tu dici? Siamo solo alle prime ventiquattro ore. Non credo di riuscire a sopportarlo per altre... Quante sono? Seicentonovantasei ore?» , ghignò Piton.
«Spiritoso. Sono io che non la sopporterò. Questa è casa mia. Sì che ho chiesto io di averla a casa, ma se diventa troppo esigente la rispedisco al San Mungo.», ghignò Harry.
«Potresti farlo, sai? Tanto ormai ti ho detto ciò che volevi sapere»
«E che divertimento di sarebbe poi?»
«Ah, ora ti diverti?»
«Non immagina quanto»
«Vendiamo se ti diverti così», ghignò Piton, si protese in avanti e gli afferrò la testa, delicatamente, tenendola sotto il braccio e strofinando il pugno sulla testa.
«Così non vale!», protestò Harry, ridendo nel tentativo di liberarsi.
«Oh, io dico di sì, invece», rise anche Piton.
Sirius entrò in quel momento, li guardò, fermandosi sulla porta, e inarcò un sopracciglio. «Sembrate padre e figlio.», commentò divertito.

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