7 - Le scuse

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Il mattino dopo Piton si svegliò a causa di un raggio di sole che filtrava attraverso le tende della finestra e gli pizzicava gli occhi. Si strofinò gli occhi e si rigirò nel letto. Sentì la coperta tirarsi sotto il peso di qualcosa voltò la testa e mise a fuoco il volto di un ragazzo steso sulla schiena che dormiva beatamente. Povero ragazzo. Lo aveva costretto a fare tardi per un incubo. Sospirò e gli tornò in mente la notte passata. Piegò un angolo della bocca al ricordo di come Harry si era preoccupato per lui. Harry dormì per circa un'ora ancora. Piton restò a guardarlo tutto il tempo. Non osò muoversi. Non voleva svegliarlo. Non sapeva perché, ma vederlo dormire così beatamente gli scaldava il cuore. Gli dava la certezza di non aver buttato all'aria diciassette anni di protezione. A quanto pare, se pur non abbastanza, era riuscito a proteggerlo tanto da non dargli incubi la notte, preoccupazioni o una vita frenetica da passare a nascondersi dai possibili latitanti. Allungò una mano per accarezzargli la spalla, ma in quel momento Harry si mosse e la ritirò immediatamente, tornando serio, a fissare il soffitto.
Harry si svegliò, sbadigliando e strofinandosi gli occhi. Quando realizzò di essere sdraiato al fianco del professore, scattò a sedere. «Mi scusi...», mormorò.
«Nessun problema... Ti ho fatto fare tardi. È comprensibile»
«Era spaventato. E non me la sentivo di lasciarla solo...»
«Ti ringrazio per questo», tagliò corto Piton per non dover parlare delle sue emozioni. Si mise seduto facendosi leva con le braccia.
«Aspetti, non faccia sforzi così», disse subito Harry e lo aiutò. «Vado a preparare la colazione», disse poi e scese di sotto. Piton si passò una mano sul viso. Quella notte aveva parlato dell'incubo a Harry, aveva raccontato tutto, lo aveva addirittura supplicato di restare, prendendolo per una mano. Lui, Severus Piton, aveva supplicato Harry Potter. Ironica la cosa. Com'era caduto in basso, si ritrovò a pensare e a sorridere. Quando Harry bussò alla porta, tornò serio e si affrettò a mangiare il cornetto al cioccolato e a bere il caffè. Poi dovette prendere l'Antidoto ai Veleni Comuni. Infine sbuffò esasperato da quella situazione.
«Queste sono le conseguenze di chi sopravvive, signore», sorrise Harry che era rimasto lì a fare colazione con lui.
«Se tu ti fossi fatto gli affari tuoi anche questa volta, non dovrei passare tutto ciò...», disse il professore, voltando la testa e guardandolo.
Harry sospirò. «Non ricominci. L'ho salvata perché dovevo. Ora basta. Si riposi un po' di più. Oggi pomeriggio avremo visite...», disse e prese il piatto dei cornetti e le due tazze di caffè, scendendo di sotto.
«Visite... Come se non lo sapessi chi è...», sbuffò Piton. Si sdraiò e provò a chiudere gli occhi, ma l'immagine degli occhi di Harry senza vita gli continuava ad attraversare la mente, così scattò a sedere, tirando un pugno al materasso che gli provocò un gemito di dolore per la ferita. La giornata passò abbastanza tranquilla. Harry uscì un paio di volte per fare le spese necessarie per la casa e per le cure del professore. Quando sul tardi tornò con la terza busta di spesa, non era solo. Bussò alla porta del professore. Lui sbuffò e lo fece entrare.
«Professore... Mi scusi, ma di sotto c'è una persona che vorrebbe parlarle. La faccio salire?»
«No. Non sarà lui a vedermi in questo stato a letto», disse secco il professore, «Vengo io di sotto, aggiunse e si alzò in piedi dal letto, ma le gambe stanche gli cedettero e cadde quasi a terra.
«Aspetti!», Harry lo prese al volo dalle spalle appena in tempo. «Non si può permettere questi sforzi in queste condizioni», disse. Lo sorresse, facendogli mettere un braccio intorno alle proprie spalle e lo aiutò a scendere. Come Piton aveva immaginato, una certa persona era in piedi vicino al divano.
«Black...», disse Piton appena Harry lo adagiò sul divano.
«Piton...», lo salutò Sirius.
«Sei caduto così un basso da credere di poter venire da me a chiedere scusa?»
«Non sono caduto in basso!», si innervosì Sirius, «Non cado di certo in basso per parlare con te dopo mesi Piton! Non credere di essere chissà chi ora che sei sopravvissuto!»
«Sirius!», lo rimproverò Harry.
«Bene. Torna quando avrai le idee chiare», disse Piton secco, si alzò a fatica e reggendosi al bracciolo del divano, si voltò verso Harry. «Sai, ci ho ripensato. Credo che andrò a letto a riposare un altro po'», aggiunge, poi fece per salire, ma Harry gli si avvicinò e lo aiutò a salire di sopra. Prima gettò un'occhiata a Sirius. Ci avrebbe parlato dopo. Quando entrò in camera, Severus si lasciò andare sul letto, dove si sedette sbuffando contro la testiera.
«Che razza di idiota si presenta a casa tua per poi ricominciare così?!», sbottò.
«Signore, non può negare che anche lei ha... Esagerato ecco. Ha cominciato lei con le provocazioni»
«Dopo anni da passivo, una volta tanto che sono io non va bene, vero?!»
«Non dico questo... Solo poteva evitarlo. Sirius è seriamente dispiaciuto. Sì, signore, senza quella faccia. È seriamente venuto qui per scusarsi. Ma lei, se fa così, renderà tutto più difficile, anzi impossibile!»
Piton non rispose, spostò lo sguardo alla finestra e guardò fuori. Ormai era buio, anche se erano solo le sette di sera. Le prime stelle cominciavano a spuntare nel cielo, delicate e silenziose. Come se qualcuno le chiamasse e cercasse di tirarle fuori da un telo sottile. E loro, timide, tardassero a presentarsi e a mostrarsi in tutta la loro bellezza. Harry lo guardò sospirando, aspettando in piedi accanto al letto un suo ordine o una sia richiesta.
«Il giglio è un fiore delicatissimo e rarissimo, sai?», commentò Piton sottovoce.
«Come, scusi? - , chiede Harry confuso.
«Unico al mondo. Proprio come tua madre», Piton nascose un sorriso girando la testa completamente verso la finestra. «Se Black vuole chiedere scusa... Che lo faccia. Ma non si aspetti che tutto tornerà da capo come se nulla fosse accaduto»
«Lo so. E lo sa anche lui»
«Bene... Allora vai di sotto e stai con il tuo padrino. Io mi riposo un po'», concluse Piton. Harry annuì e scese di sotto. Piton rimase sul letto girato verso la finestra. Notò un baule ai piedi di essa. Si alzò a fatica e si andò a sedere sul baule. Poso le braccia sul davanzale e guardò le stelle. Due di esse erano già spuntate, splendenti e luminose più di qualsiasi altra.
Piton sospirò. «Siete voi quelle stelle, vero?», sussurrò, «Albus... Che cosa mi hai, fatto fare...? Eri un vecchio pazzo, questo nessuno può negarlo. Ma eri anche il mio confidente più grande... Perché hai permesso ciò? Guardami ora... Ma tu promettimi una cosa: se proprio te ne sei dovuto andare... Almeno promettimi che ti prenderai cura di lei. Lo so che è lì con te. Tu stalle vicino e bada a lei. Finché non sarà il mio turno e potrò rivederla finalmente... Tu, però, stalle accanto», spostò lo sguardo sulla stella accanto, «Lily... Mia dolce Lily... Il mio momento, per questa volta, l'ho scampato. E grazie a tuo figlio. Forse ha ragione, sai? Forse dovrei accettare questa seconda possibilità che la vita mi ha dato... Forse dovrei accettare il fatto di non meritare di vivere, come dice Harry. Harry... Che ragazzo meraviglioso. Mi ha tenuto compagnia stanotte... Mi è stato accanto. Ho avuto un incubo e lui c'era. C'è stato. Mi ha tenuto compagnia tutta la notte. Si è persino addormentato al mio fianco... È distrutto dalla stanchezza e siamo solo alla prima giornata. Non credo resisterà per un mese... Ma cercherò di starmene buono. Prima o poi ti raggiungerò. E allora ci potremo finalmente riabbracciare. E ti racconterò di come mi sono affezionato a tuo figlio. Sì, mi sono affezionato. Albus aveva ragione. Come sempre, del resto. Tuo figlio ora... Anzi, sempre. È sempre stato come un figlio per me. E lo sarà ancora. Finché vivrò, lo proteggerò. E lo tratterò come un figlio. Perché io gli voglio bene. Non lo ammetterò mai a lui, ma gli voglio bene. E sarà sempre così. Tu però aspettami. Ok? Aspettami. E non dimenticarti di me»
Interruppe i suoi pensieri perché qualcuno bussò alla porta. Non rispose, né si voltò. Restò a guardare le stelle.
«Posso?», chiese Sirius, entrando e chiudendo la porta alle sue spalle.
«Perché sei ancora qui?»
«Severus Piton che fissa il cielo. Non ti facevo un appassionato di Astronomia», disse Sirius, avvicinandosi a lui.
«Black, non credi di essere un po' cresciutello per continuare a mostrare la tua natura di babbeo?», chiese Piton seccato.
Sirius fece un bel respiro, analizzò un po' le punte delle sue scarpe, poi parlò. «Sì, in effetti. È per questo che sono qui. Per scusarmi di tutto ciò che ti ho fatto. Dopotutto lo hai detto. Sono un babbeo»
Piton ascoltò ogni singola parola. E, finito il suo discorso, si voltò senza dire una parola. Lasciò Sirius nel dubbio più totale. Questo per un bel po' di minuti. Poi, finalmente parlò.
«Quindi vuoi dire che sei qui per scusarti e pretendi che io ti perdoni? È questo?»
Sirius sospirò e lo guardò serio. «Sono qui per chiederti scusa. Sono anni che volevo chiederti scusa. Da quando sono uscito da Azkaban e sono tornato a far parte dell'Ordine. Anni in cui ho portato dentro il peso di quello che ti ho fatto, soprattutto lo scherzo al quarto anno... Quello credo sia stato il peggiore. Anzi ne sono sicuro. E ti chiedo scusa. Lo so che non basta. Lo so che è difficile, impossibile per te accettare le mie scuse. E non ti chiedo di dimenticare. Perché lo so che non si può. E so che ti ci vorrà tempo. Non ti chiedo chissà cosa... Ti chiedo solo di andare avanti e ricominciare. Ricominciare da capo. Come se fosse la prima volta che ci conosciamo»
«Io e te non ci siamo mai conosciuti», sbottò Piton, «Sapevamo i nomi l'uno dell'altro. E che tu eri un idiota insieme ai tuoi amici. Ma tu non hai mai saputo nulla di me. E io di te. E non mi interessa. Sto bene così, per quel che mi riguarda»
«Potresti almeno accettare le scuse?»
«Le scuse di uno che mi ha quasi ammazzato? No grazie. Tu credi davvero che ti perdonerò? Che supererò tutto così su due piedi? Sono passati anni, questo è vero. Ma il fatto che tu non sia venuto prima mi dà da pensare. E no, non ti perdono. Quindi, se sei venuto fin qui con questa speranza, poco mi dispiace, ti sei illuso. Puoi andare», concluse secco e si alzò per andarsi a mettere sul letto, ma vacillò sul posto. Sirius lo afferrò appena in tempo da sotto le braccia. Si affrettò ad aiutarlo a raddrizzarsi e lo fece sdraiare sul letto.
«Ce la faccio senza di te, grazie», gemette di dolore Piton, una volta sistemato.
Sirius sbuffò. «Stai bene?», chiese.
«Apparte il mal di schiena, sì. Grazie», rispose Piton. Lo guardò serio.
«Scusa...», disse Sirius e si allontanò dal letto. Poi si voltò verso la porta. «Bene... Credo che andrò allora. Sono venuto senza risolvere nulla. Scusa il disturbo.. Buonaserata», disse con un viso scuro e abbattuto.
«Black», lo richiamò Piton. Sirius si bloccò di scatto e si voltò. Il professore lo guardò negli occhi. «Io ti... Perdono»

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