undici

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-ehi, ci hai messo tanto.- disse Emiliano venendomi incontro appena arrivai al cortile -mi hanno fermato due.- risposi camminando affiancata a lui -sembri incazzata, è successo qualcosa?- domandò, scossi la testa -sei sicura? Lo sai, puoi dirmi tutto.- sorrise dolcemente stringendomi a lui -Emi, ti giuro, va tutto bene.- gli sorrisi mentre notai con la coda dell'occhio Michele e Samuele che mi guardavano, uno deluso e l'altro arrabbiato. Non capisco da dove nasca la sua rabbia nei miei confronti, non sono stata io quella che ha deciso di fare un piano per sbattermi in carcere da sola, e farmi pagare delle colpe che in parte non sono tutte mie. 

-è per colpa loro?- domandò Emiliano facendosi serio -non darci peso, andiamo dai.- dissi tirandolo per la giacca della divisa aperta -che cazzo ti hanno detto?- domandò mentre fermò le mie mani prendendomi per i polsi e attirandomi verso di lui -nulla.- risposi -non dire cazzate.- rispose facendosi ancora più serio, i suoi occhi trasmettevano odio e quasi mi facevano paura, ma sapevo che non me ne avrebbe mai potuto fare, non sarebbe successo, non lui. -parla.- disse serio, presi un grande respiro -va bene d'accordo.- dissi sbuffando -il problema principale non è stato Michele, lui nonostante l'errore si è dimostrato di essere con la testa a posto e abbiamo tranquillamente parlato. Samuele è la testa di cazzo, ma non ci dare peso.- dissi cercando di rassicurarlo -continui a scusarlo! Ti avrà trattato di merda, porca troia!- dissi innervosito -Emiliano non sono problemi nostri ormai, hanno sbagliato loro. Non dovrebbe interessarti, fidati.- dissi, il moro prese un grande respiro. -vieni con me, parliamone chiaramente.- disse prendendomi per mano e conducendomi in una zona appartata del cortile dove c'era una porta anch'essa chiusa. Emiliano si guardò attorno e spostando un sasso prese una chiave -come...- sussurrai -per le spiegazioni dopo, sii veloce.- disse aprendo la porta e entrando con me subito dopo.

Mi condusse attraverso un piccolo corridoio con una porta di legno, ma questa sembrava non avesse alcun problema di chiavi. Emiliano l'aprì ed entrammo. Era una piccola stanza, al suo interno era presente unicamente un letto a una piazza e mezzo, e sembrava abbastanza vecchio -come conosci questo posto?- domandai confusa, lui sorrise -è la bellezza di essere stato qua a lungo.- disse ridendo -e di aver visto diverse amanti.- continuò, lo guardai -non mie, che cazzo pensi.- si scusò -le guardie qua dentro sono peggio di noi.- alzò le spalle e rimasi in silenzio, si sedette sul letto, indicò il posto al suo fianco, sbattendo leggermente la mano sul materasso, lo raggiunsi e mi sedetti anch'io. Posò la mano sulla mia coscia -voglio sapere cosa ti ha detto. Siamo qua così almeno hai la sicurezza che non gli spacco la faccia subito.- rise, sbuffai -solite cose, che immagino tu sappia già, che sono una stronza, e che, il fatto che stia assieme a te non lo giustifichi.- dissi -tutto qua?- domandò -tutto qui.- risposi -questa volta si è salvato in calcio d'angolo, se avesse detto qualcos'altro lo avrei gonfiato.- sorrise maleficamente, la sua espressione mi fece ridere -che ti ridi.- disse sorridendo -che faccia da stupido.- dissi continuando a ridere -vuoi vedere anche quanto lo sia?- disse facendo un sorriso malizioso. Risposi allo stesso modo -vediamo allora.- lo sfidai.

 [...]

Mi posai sul suo petto cercando di regolarizzare il respiro, tolsi i capelli dal mio volto ed Emiliano posò una mano su di esso, accarezzandolo dolcemente, gli sorrisi lasciandogli un bacio a stampo sulle labbra. -Ginevra...- mi richiamò, lo guardai -ti amo.- disse per poi baciarmi nuovamente. 

Neve e Fango|| Emis KillaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora