La superficie del suo cellulare era diventata quasi scivolosa da quando aveva ricevuto la chiamata di Fuka. Come al solito la sua migliore amica era stata chiara ed era andata dritto al punto: se non lo ami più lascialo. Non sarà la fine del mondo.
Sana sentì freddo all'improvviso e si strinse nel cappotto. Probabilmente quella sensazione era dovuta al marciapiede freddo su cui si era seduta, subito dopo la fuga di Akito. Ma quell'opprimente sensazione di vuoto, che si ingigantiva sempre di più man mano che cercava di inglobare una boccata d'aria nella sua gola, aveva smesso di farla ragionare.
Passò nuovamente le dita sullo schermo del cellulare, che si illuminò di rimando. Osservò l'ora e il giorno segnati, la foto di un viale alberato infuocato dalla luce del tramonto che aveva come sfondo e di nuovo sentì quella sensazione di vuoto prendere più massa, diventando quasi insostenibile. Come poteva, il vuoto, essere così pesante?
Se non lo ami più, lascialo!
Possibile che quella sensazione di vuoto che provava nella gola fosse dovuto a quello? Aveva davvero smesso di amare Gomi? Così, di punto in bianco?
Poi ripensò al bacio con Akito, nonostante fosse impresso nella sua mente come una carta da parati le sembrò di non averci mai riflettuto abbastanza. E senza accorgersene sentì freddo di nuovo. Si mise una mano su una guancia, bagnandosi il palmo. Allora la staccò subito, abbassando lo sguardo proprio su quel particolare.
Aveva sentito tutto quando le labbra di Akito l'avevano baciata. Aveva sentito qualsiasi cosa e si percepì così diversa da ciò che era stata solo fino a quel pomeriggio, perché nonostante sapesse perfettamente che la scenata di Gomi all'Old Boy era esclusivamente colpa sua, non riusciva a pentirsi di quello che aveva fatto. Non riusciva a pentirsi di continuare a pensare a quel bacio, a come sarebbe potuto essere se fosse andata a casa sua quella notte.
Nonostante sentisse in cuor suo che la discesa che aveva intrapreso la presenza di Gomi nella sua vita stava acquisendo una velocità estremamente pericolosa, per un attimo si domandò come sarebbe stato se a lei non fosse importato nulla delle conseguenze di quello schianto.
Per un attimo immaginò la sua figura vista in un film, in un momento in cui lei non rispondeva a quella telefonata e seguiva Akito insieme a tutte quelle cose, tutte quelle qualsiasi cose che aveva provato baciandolo. E quell'attimo continuava con la totale mancanza di pentimento nei confronti del suo ragazzo, immergendosi in un bagno di autoconvinzione che certe cose possono accadere e che si possono anche dimenticare. E si rese conto che quel film immaginario era incredibilmente contraddittorio. E si domandò lei chi fosse in realtà, e chi fosse stata fino a quel pomeriggio.
Si domandò perché le sue gambe diventassero incredibilmente pensati ogni volte che le balenava per la mente l'idea di andare da Gomi e chiarire quella situazione, una volta per tutte.
Forse perché una parte di Sana Kurata, quella che aveva vissuto fino a quel pomeriggio, non riusciva a rendere concreta l'idea che qualcosa potesse finire così bruscamente, senza un briciolo di preparazione.
E di nuovo il vuoto prese massa.
Pensò che avrebbe dovuto agire nel modo più giusto, e che avrebbe dovuto chiamare Gomi e andare da lui. Ma di nuovo avvertì una lacrima riscaldarle il viso per poi congelarglielo subito dopo, e si domandò perché ogni volta che pensava a Gomi quel vuoto prendeva sempre più massa.
Si mise le mani tra i capelli, tenendo mogiamente il cellulare tra le dita. Abbassò la testa e si strinse qualche ciocca con le dita. Solo allora sentì il dolore, quello fisico, che le fece dimenticare per un attimo la sensazione di vuoto nella gola.
Ma se la percezione di un'imminente naufragio rimbombava tra le tempie di Sana, la fermezza con la quale Fuka aveva deciso di raggiungere Akito quella notte aveva delle fondamenta quasi indistruttibili. Tuttavia, malgrado fosse quasi arrivata all'Old Boy e, nonostante si fosse preparata in testa un discorso impeccabile e senza sbavature, si sentiva nervosa.
Era la prima volta che provava una sensazione del genere, nonostante avesse fatto decine di esami, centinaia di discorsi in pubblico, esponendo se stessa e le sue convinzioni senza nessun problema. Il punto era che quelle fondamenta erano quasi indistruttibili e, quella volta, in quel momento e a pochi passi da Akito, pensò che avrebbe fatto meglio ad evitare di presentarsi lì per voler parlare con lui dei dubbi che la stavano assillando da troppo.
Inoltre si sentiva una stupida ragazzina in preda ad una tremenda cotta, e se quello era il risultato cominciò a temere un po' per se stessa e per i possibili risvolti di quella decisione. Ma pensò anche che non aveva senso rimandare e che le cose vanno sempre prese di petto. Anche quelle brutte.
E sperò con tutta se stessa di non dover affrontare quell'ipotesi.
Sentiva il rumore dei suoi stessi passi riecheggiare nella stradina buia che l'avrebbe condotta dritta fuori la porta del locale di John e Akito. Le scappò un sorriso nervoso, perché sapeva che dietro alla freddezza di Hayama doveva esserci dell'altro. Perché Hayama con lei era freddo, gentile, ma distaccato, e poteva dirlo guardandolo negli occhi. Lui non l'aveva mai guardata con ardore, e questo non poteva essere dovuto al suo essere apatico nella vita perché Akito, secondo lei, non era affatto apatico.
Si fermò un istante, portandosi un indice alle labbra. Rifletté sui suoi pensieri per un breve istante, pensando che se le sue teorie erano fondate perché aveva continuato a chiamarla ed invitarla ad uscire?
«Basta, devo parlare con lui!» disse di getto, facendo un passo più lungo del solito.
«Fuka?»
Poi si sentì chiamare e riconobbe subito la voce che si era pronunciata alle sue spalle. Quando si voltò trovò Akito in piedi, con i capelli scompigliati e una strana espressione in viso. Il suo sguardo finì sul casco scuro che lui stringeva tra le mani.
«Stai andando via?» domandò lei, stringendosi nel cappotto. Sentì improvvisamente freddo.
«In verità sono appena tornato.» le rivelò, facendo qualche passo verso di lei. Fuka sentì il suo cuore battere più forte e si disse che il motivo di quel freddo improvviso era dovuto alla pressione sanguigna che aumentava e al fatto che, probabilmente, il suo sistema circolatorio stava facendo fatica a riscaldare il corpo.
O almeno così aveva letto una volta in un trafiletto di giornale in cui si parlava di tachicardia.
«Ah sì?»
«Tu che ci fai qui?» le chiese, corrugando la fronte. In realtà Akito non aveva sentito nemmeno una parola della telefonata tra lei e Sana e fu davvero sorpreso nel trovarla lì, a pochi passi dal locale e a serata ormai finita.
«In verità... sono venuta per te.» disse un po' imbarazzata, giocherellando nervosamente con le dita delle mani. Akito allora indurì la sua espressione, consapevole del fatto di trovarsi dinanzi alla prima conseguenza che avrebbe dovuto affrontare a causa delle azioni del se stesso di poco prima.
«Vorrei parlarti Akito.» aggiunse lei, alzando lo sguardo per cercare il suo.
«D'accordo.» rispose lui, mono-tono. Fece un passo verso la parete dell'edificio che oscurava quella stradina stretta e si appoggiò con la schiena, infilandosi le mani nelle tasche.
«Be' oddio... in realtà non so da che parte cominciare. Mi sento un po' nervosa.» rivelò lei, ridacchiando di se stessa e infilando a sua volta le mani nelle tasche del suo cappotto, per evitare che lui le vedesse tremare.
«Io penso... sai stavo pensando alla serata. A te come è sembrata?»
Hayama alzò un sopracciglio.
«Lo so, è successo un disastro con Shin e Sana...»
Mentre lei parlava, palesemente a disagio e instaurando una conversazione praticamente sul nulla, Akito corrugò la fronte, pensando nuovamente a quello che era appena successo con Sana. E sperò di essere in grado di fare la prima cosa giusta dopo settimane di cazzate.
«No, non è vero. Loro non c'entrano niente. Io sono venuta per parlare di me... ho molti dubbi, su di noi intendo.»
E nel pronunciare quelle parole si sentì meno sicura, pentendosi un po' per aver abbandonato quel discorso di facciata sulla serata appena trascorsa all'Old Boy.
«Non lo so, è che tu... mi piaci abbastanza, ma ti vedo sempre distratto. All'inizio pensavo che fossi così e basta. Ma ora comincio a pensare che il problema sia io, altrimenti non mi spiego perché tu sia così assente.» disse di getto, evitando di pensare alle parole da usare. Se l'avesse fatto probabilmente non sarebbe riuscita ad essere così schietta in quell'occasione. Nonostante lei lo fosse in generale, nella vita.
Hayama alzò le sopracciglia, restando in un religioso silenzio. Non sapeva se lei avesse finito o meno e non voleva intromettersi in quello che a lui sembrava essere uno sfogo emotivo. Naturalmente causato dalla prima conseguenza che stava affrontando.
«Non dici niente?» domandò invece lei, in attesa di un cenno da parte di lui.
«Sì, scusa.» si limitò a dire lui abbassando appena lo sguardo. Fuka era in trepidante attesa di qualsiasi cenno da parte sua, ma più trascorrevano i minuti senza nessun movimento di Hayama e più aumentava la certezza nel cuore di Fuka che le sue supposizioni fossero più che fondate.
«Il problema non sei tu.» mugugnò lui.
«Coraggio... dillo. "Il problema sono io": la scusa più vecchia del mondo.» fece lei, ritrovando un briciolo del coraggio che l'aveva sempre contraddistinta.
E quel briciolo divenne sempre più grande fino a mischiarsi alla tristezza e alla delusione, portando la ragazza a prendere piena coscienza di quello che stava succedendo. A Fuka batteva forte il cuore, ma era consapevole che quel ritmo impazzito era dovuto alla ferrea consapevolezza che di lì a pochi minuti i suoi timori si sarebbero trasfomati in certezze. E forse non era ancora pronta. Allora decise di far posto alla rabbia, e al suo orgoglio ferito.
«Sai cosa non capisco? Perché mi hai invitata a questa stupida festa? Potevi risparmiartelo, così come potevi risparmiarti il bento, il cinema e il ristorante.»
«Hai ragione, mi dispiace.» si limitò a dire. Era convinto che qualsiasi cosa le avesse detto non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione. In fondo Fuka gli piaceva e non aveva mai mentito nel dire che gli andava di rivederla. Probabilmente aveva tralasciato una serie di cose molto più profonde e, soprattutto, era convinto di aver fatto bene anche per Sana e per la sua vita. Era convinto che allontanandosi in quel modo non le avrebbe sconvolto l'esistenza, ma solo in quel momento si sentì tremendamente stupido.
«Be' dovevi dispiacerti prima. Avresti risparmiato un sacco di tempo sai?»
Sapeva di aver agito senza riflettere, sapeva di aver seguito l'istinto che gli aveva suggerito la prima strada facile per sfuggire alla probabilità di aggiungere altri sensi di colpa ad un cassetto già stracolmo. Ma poi era comunque successo, aveva comunque risposto a quella voglia di riemergere che aveva sentito crescere dentro di lui settimana dopo settimana, che aveva cancellato completamente tutti i suoi sforzi istintivi di continuare a permetterle di avere una vita facile e invidiabile. E alla fine aveva finito per fare il gioco delle emozioni inconsce e assopite, che erano partite tutte da un grazie, ma che erano precipitate travolgendolo come una valanga.
Tuttavia, malgrado quelle considerazioni giunte decisamente troppo tardi, sentì una strana punta di frustrazione dentro di sé.
«Lo so, ma non mi sembra di averti promesso niente.» rispose lui, accigliato. In fin dei conti si erano frequentati per così poco tempo e, nonostante da parte sua non ci fosse stato l'entusiasmo che lei si era aspettata fin da subito, non gli sembrava di essere stato così scorretto. Fatta naturalmente eccezione per quanto successo con Sana proprio quella sera, prima di ritrovarsela fuori il suo locale, e per tutte le considerazioni appena fatte sulle azioni compiute dal se stesso precedente.
E improvvisamente la frustrazione svanì e tornò a sentirsi uno stupido in gabbia.
«Non è una questione di promesse, ma di comportamenti impliciti. Esistono dei codici, dei linguaggi e se tu non avessi voluto niente da me non avresti dovuto chiamarmi affatto.» sentenziò, rossa in viso per la rabbia. Hayama, quella volta, era stato colpito e affondato.
«D'accordo. Mi dispiace, ma non credo possa funzionare tra noi.»
E si sentì la persona più vigliacca del mondo.
«Oh, alla fine ti sei deciso a dirlo. Almeno una soddisfazione... stammi bene Hayama.» disse dandogli le spalle. Quante ne aveva viste, Hayama, quella sera?
«Oh e... un'altra cosa: spero che qualcuna ti faccia cambiare idea sull'essere così freddo ed insensibile.» terminò senza voltarsi, senza aggiungere altro. Si sentiva ferita e delusa, perché proprio non riusciva a capire quale fosse il motivo per cui non potesse funzionare, la prima volta che sentiva nascere un sentimento dentro di sé.
E corse via, facendo riecheggiare il rumore dei suoi tacchi alti lungo le pareti di quella stretta strada.
Hayama la guardò finché la sua esile figura scomparì alla sua vista e si sentì nuovamente un'idiota. Fu percosse da una forte sensazione di rabbia che arrivò fino alle sue mani, già strette a pugno. E di getto la forza che quella rabbia scaturì in lui si riversò sulla parete antistante, provocandogli immediatamente una violenta fitta di dolore sulle nocche lacerate. Imprecò a bassa voce, stringendo il pugno ferito nell'altra mano.
Quando tornò al locale era rimasto solo John che rassettava insieme a sua cugina. Lei invece stava sistemando i bicchieri lungo l'asse di ferro sul bancone. E il suo amico notò subito il viso stravolto di Akito, che non disse nemmeno una parola.
«Allora? L'hai trovata?»
Lui fece un cenno con il capo.
«Che è successo? Sta bene?»
«Non lo so John, non lo so se sta bene. È diventato tutto un gran casino.» disse con rabbia, non curante della presenza della cugina di John che gli lanciava occhiate di tanto in tanto. Gli sembrava di essere diventato improvvisamente lo scemo del villaggio.
«Che le hai detto?»
«Che mi dispiace. Ma avrei dovuto dirle che sono un coglione.»
«Già. Che hai fatto alla mano?» domandò, attirando a sé uno sgabello dal bancone per sedersi.
«Niente.»
«Sono ancora il tuo tutore legale. Se combini qualche cazzata e fai a botte con la gente me lo devi dire.» disse lui, in tono serio. Ma Hayama non sembrò accogliere la ramanzina.
«Ehi, parlo con te!»
«Ho dato solo un pugno nel muro, stai calmo.»
«Mh, e il motivo sarebbe?»
«Fuka. Abbiamo chiuso.»
John tirò allora un sospiro di sollievo: «Be' non mi sembra una brutta notizia. Almeno quella ragazza troverà pace. Si vedeva lontano un miglio che era cotta.»
«Lo so, e sono stato uno stronzo anche con lei. Ultimamente non ne combino una decente.» sussurrò spillandosi una birra.
«Questa volta non dirò niente, ma ricordati che non sei ancora morto. Non potete perdervi di vista se non lo vorrete entrambi.»
«Non credo sia il caso di continuare a vederla.»
«Non parlavo di Fuka, testone. So bene che sei uno a cui i sensi di colpa fanno proprio male, ma non pensi che dall'accettazione possa nascere qualcosa di buono? Perfino per te?»
«Io non... Sana è... ho questa idea... di distruggere tutto quello che tocco.» riuscì a mugugnare, lasciando che la forza abbandonasse il suo corpo. Si sentì sfinito.
«Akito, la gente non si distrugge così. Le persone si rialzano... sempre. Dovresti avere un po' più di fiducia nelle sue capacità. Comunque io ora devo riaccompagnare Akane a casa e si è già fatto tardi per lei. Chiudi tu?» disse alzandosi dallo sgabello e recuperando le sue cose prima di fare un cenno a sua cugina, la cui stanchezza era palesemente visibile sul suo viso.
Hayama annuì con la testa e si appoggiò con la schiena al bancone. Si sentì sopraffatto, stanco e in difetto sotto ogni punto di vista.
Osservò John e sua cugina lasciare il locale e li invidiò terribilmente, perché avrebbe voluto avere anche lui la stessa espressione rilassata di quei due. Anche lui avrebbe voluto sentire solo la stanchezza fisica invadere le sue membra, invece aveva tutt'altro per la testa. In primis, il viso triste di Sana. Gli occhi che lo guardavano confusi, il suo profumo che gli aveva invaso le narici come un violento tsunami, mentre la sua bocca la baciava ovunque.
Sarebbe voluto tornare a quel momento, quando i loro corpi erano ormai così vicini che bastava veramente solo uno schiocco di dita perché diventassero una cosa sola. E si domandò se avrebbe mai avuto l'occasione di poterla avere, così come la desiderava.
Se ripensava a quel corpo che aveva avuto la possibilità solo di sfiorare si sentiva incredibilmente eccitato e di domandò quand'è che l'attrazione per quella ragazza si era fatta così dannatamente tangibile.
Lui era uno che non aveva mai avuto una relazione e non sapeva nemmeno se la volesse o no. L'unica cosa di cui era certo era il fatto che la sua mente e il suo corpo erano completamente assuefatti da quella ragazza.
Mandò giù il contenuto della birra tutto d'un sorso per poi spillarsene subito un'altra. Aveva deciso di prendersi un po' di tempo da solo e rimase nel locale ancora un po' dopo che John andò via con sua cugina. Non era la prima volta che succedeva, che restasse lì fino a notte fonda, e qualche volta ci era rimasto addirittura fino all'alba, per poi rientrare nel suo appartamento e riaddormentarsi. Nelle ultime settimane era capitato molto più spesso di quanto mai accaduto, e quella malsana abitudine gli aveva fatto spesso far tardi a lezione.
Fece un profondo sospiro prima di allontanarsi dal bancone con ancora il bicchiere di birra colmo tra le mani per andare a spegnere le luci in fondo alla sala dal quadro elettrico generale. Finì quindi anche la seconda birra e poggiò distrattamente il bicchiere su uno dei tavoli alle sue spalle. Pensò di berne subito un'altra e di rifugiarsi, poi, su un divanetto malandato messo apposta da lui nel retro del locale, proprio per quei momenti in cui non aveva nessuna voglia di tornare a casa sua.
Non sapeva con esattezza quanto tempo fosse passato da quando aveva parlato con Fuka. Gli sembrava che fossero passate delle ore e, in quel tempo, non era riuscito a trovare nemmeno uno straccio di soluzione a quella situazione che stava diventando più complicata di quanto avesse mai voluto.
In realtà di complicato c'era solo l'intricata rete di rapporti tra le persone che gli giravano in torno nell'ultimo periodo, e una soluzione c'era eccome. Pensò che, in fondo, bastava mettere tutto da parte e riprendere a vivere la sua vita come aveva sempre fatto fino a quel momento. Che bastava solo un po' di volontà da parte sua, e avrebbe potuto smettere di sentire quella tremenda sensazione di distruggere ogni cosa con cui entrava in contatto. Comprese le persone.
Guardò l'ora sull'orologio da polso che aveva e si rese conto solo in quel momento di quanto fosse tardi, allora si lasciò andare sullo schienale del divano malandato, piegando la testa all'indietro e sbuffò sonoramente. Chiuse gli occhi per un solo brevissimo istante, quando sentì un rumore provenire dall'ingresso del locale. Sentì battere forte alla porta e sbuffò nuovamente al pensiero di dover riaprire a John che, sicuramente, aveva dimenticato qualcosa chissà dove.
Si alzò dal divano, trascinandosi verso la porta d'ingresso dell'Old Boy dietro la quale chiunque stesse bussando con così tanta enfasi non la smetteva di fare rumore. Corrugò la fronte cercando di capire dai vetri spessi della porta chi fosse.
Sgranò gli occhi quando la risposta gli fu palese.
«Cosa diavolo ti è saltato in mente, eh?» urlò Sana, spingendolo dentro per poter entrare nel locale.
«E tu che ci fai qui?» le domandò, con uno sguardo stranito.
Lei gli girò intorno e si mise proprio al centro della sala, in mezzo ai tavoli sui quali John aveva disposto gli sgabelli al contrario. Sana prese il cellulare dalla tasca del cappotto e iniziò a sventolarlo in faccia ad Akito.
«Ho parlato con Fuka...»
«Ah... di nuovo?»
«Sì, di nuovo. Mi spieghi come ti è venuto in mente di lasciarla?» domandò con il viso rosso e lo sguardo insistente. Se Hayama avesse potuto, avrebbe chiamato all'istante un istituto di igiene mentale per farla internare seduta stante. Pensò a quell'opzione più tempo del dovuto.
«Ma tu non te li fai mai gli affari tuoi, eh?» disse redendosi subito conto di aver lasciato parlare lo scemo del villaggio che era in sé.
Sana sospirò pesantemente e si massaggiò le tempie con le dita.
«Sei un idiota Hayama. Fuka è a pezzi.»
Il ragazzo fece un passo verso di lei ma proprio quel gesto la spinse ad indietreggiare e a mettere le mani avanti.
«Non ti azzardare ad avvicinarti.» fece lei, indietreggiando ancora fino ad urtare con la schiena contro il bancone. Il ragazzo la guardò perplesso.
«D'accordo, non mi muoverò.» replicò, prendendo uno degli sgabelli disposti sul tavolo più vicino e vi si sedette su.
«Perché l'hai lasciata?» domandò lei di getto, usando lo stesso tono delle volte in cui si erano fatti domande a vicenda durante le giornate di studio per il compito di sociologia generale.
Hayama accavallò le gambe e la guardò.
«Guarda che non stavamo insieme.»
«Dettagli. Cos'è? Non rispondi?»
«Non vedo perché devo venire a raccontare i fatti miei proprio a te, Kurata.» insistette lui in tono insolente, un tono che mandò Sana letteralmente in bestia.
«Ok, d'accordo. Ricominciamo da capo: sai che Fuka ci è rimasta malissimo?»
«Lo so.» si limitò a dire lui, continuando a mantenere la stessa posizione sullo sgabello.
«E allora perché hai chiuso con lei? Perché le hai fatto questo?»
«Non fare la ragazzina.»
Sana dischiuse la bocca, incredula alle parole del ragazzo. Hayama invece si domandò se lei fosse davvero convinta di quanto stesse dicendo.
«Non vedo cos'altro avrei dovuto fare.» continuò mantenendo un tono tranquillo. Sana si sentì frastornata e Hayama continuava a pensare di dover chiamare qualcuno in grado di aiutare quella ragazza.
«Perché?»
Allora lui perse la pazienza e si alzò dallo sgabello. Sana sentì il suo cuore battere più forte, man mano che lui si avvicinava a lei.
«Tu perché sei venuta fin qui?» le domandò di getto. Allora lei abbassò lo sguardo, per sfuggire al viso di lui che, invece, continuava a insistere sul suo.
«Perché...»
Sana si sentì improvvisamente colpita da una semplice domanda che voleva dire tutto. Perché era andata lì se la storia tra Fuka e Hayama non la riguardava, come cercava di convincersi?
Hayama sbuffò nuovamente.
«Allora? Sei venuta fin qui solo per sapere di me e Fuka?»
Sana boccheggiò, sgranando gli occhi. Aveva fatto tutta la strada a ritroso di corsa dopo la seconda telefonata con Fuka perché la voce della sua amica le aveva smosso qualcosa dentro. E aveva deciso di seguire quell'istinto che le aveva suggerito di raggiungere lui al locale, per parlargli. Ma quella domanda, apparentemente così semplice e banale, aveva distrutto la sua convinzione di essere lì per vendicare la memoria di quella storia fallita.
E quella vocina che le aveva suggerito una semplice risposta, quella piccola parte di lei che aveva fatto capolino subito dopo il bacio con Akito, stava diventando sempre più grande. Quella voce le aveva suggerito che una volta sola poteva essere dimenticata. E lei, in realtà, l'aveva seguita.
«Perché...»
Akito la guardò, in una strana trepidante attesa. Ma lei abbassò nuovamente lo sguardo.
«Perché invece mi hai baciata prima?» domandò in un flebile sussurro.
Lui restò in silenzio finché non incontrò nuovamente lo sguardo di lei che, timidamente, faceva capolino sul quel viso completamente in balia dell'incertezza.
«Perché mi andava.» disse soltanto.
«Ma che significa? Non si prende e si bacia qualcuno perché ci va.»
Il tono di lei tornò ad essere stranito.
«Ah no?» disse, avanzando lentamente verso di lei.
E Sana iniziò a straparlare.
«Certo che no. Un bacio è qualcosa di importante, la gente si aspetterebbe quantomeno un preavviso, un segno, un cenno del capo se proprio non riesci a dire: ehi, vorrei tanto darti un bacio.»
«Mh.» mugugnò soltanto, sentendo una punta di soddisfazione palesarsi sul suo viso.
«Sì, se ci pensi funziona così. Si sa sempre quando qualcuno sta per darti un bacio. Io l'ho sempre previsto, non può succedere in questo modo quando nemmeno sai se l'altra persona ti piace o no. Non sei d'accordo?» continuò a dire a raffica, sentendo il battito del suo cuore seguire l'andamento del ragazzo verso di lei. Sana si accorse che lui stava sorridendo e corrugò la fronte.
«Ti faccio ridere?»
«No no, che dici?» replicò lui.
«E allora perché stai ridendo?»
«Non sto ridendo.» insistette.
«E ti stai anche avvicinando troppo... Hayama per favore, smettila di camminare così. Io sono impegnata, e confusa... Sul serio, smettila di camminare così, anzi fermati proprio.»
Allora lui alzò le mani e si arrestò: «Perché non continui ad illustrarmi la tua teoria sul preavviso di quando si bacia qualcuno invece?»
«Oh... sì. Non prendermi in giro, è la verità. Io penso che la gente vada avvertita quando si fa una cosa così, è complicato lo so, ma in fondo non ci vuole molto a farlo. Se sai di volerlo fare esporti è il minimo che tu possa fare. Poi aggiungi anche il fatto che la persona che stai per baciare potrebbe essere impegnata, o magari potrebbero esserci altri mille impedimenti, allora in quel caso la cosa più saggia da fare sarebbe rinunciare e smettere di voler baciare qualcuno così, su due piedi...» continuò a straparlare, gesticolando con entrambe le mani, convinta che, in quel modo, il suo pensiero sarebbe stato molto più chiaro.
«D'accordo. Allora, se proprio ci tieni, ti avviso: sto per baciarti.» annunciò lui deciso, spazientito ma ritrovando quella strana frenesia che lo stava investendo nuovamente, per la seconda volta quella sera.
Sana sentì un immenso calore alle gote e dovette appoggiarsi agli sgabelli posti ai lati per evitare di soccombere al tremolio nelle gambe, che le avevano rese incredibilmente instabili.
«Così, su due piedi... dopo tutto quello che ti ho detto? Non scherzare Hayama, dico davvero. Non ti avvicinare... Ma poi stavamo parlando d'altro e tu hai voluto sapere la mia teoria sui baci.»
E lui si sentì così coinvolto invece, nonostante quelle frasi sconnesse e senza senso stessero minando ogni tentativo da parte di lui di trasmetterle ciò che veramente vedeva. E il viso imbarazzato di lei gli suscitò una miriade di sensazioni, la tenerezza in cima a tutte le altre. Poi l'attrazione che, nonostante lei stesse cercando di ammazzare con ogni sua cellula, continuava a volteggiare prorompente tra i due.
Alla fine la distanza tra i due si era accorciata così tanto che lui riuscì nuovamente a sentire il suo profumo e, benché Sana si sentisse tutt'altro che eccitante, Hayama non faceva altro che desiderarla.
Quando fu abbastanza vicino da riuscire a poggiare entrambe le mani sul suo viso, la sentì sussultare.
«Non intendevo dire così, questo... insomma. Il preavviso doveva essere diverso, ed è complicato, difficile...» sussurrò lei, totalmente incapace di muovere qualsiasi altro muscolo se non la lingua per parlare a raffica.
«Perché invece non stai un po' zitta Kurata?» le suggerì, a pochi centimetri di distanza dal suo viso. Le labbra di lei si dischiusero in procinto di continuare a parlare, ma Hayama fu più veloce, nonostante il movimento che azzerò definitivamente la distanza fra loro gli sembrò così lento da fargli quasi male. Ma quando assaggiò nuovamente le sue labbra sentì di aver fatto ogni cosa, nella sua vita, solo per arrivare a vivere quel momento. Le sue mani finirono dritte tra i suoi capelli, stringendoglieli tra le dita, sentendoli morbidi sotto la pressione delle sue mani.
Sana piegò leggermente la testa all'indietro e dischiuse le labbra avvertendo la lingua di lui farsi spazio nella sua bocca, in un'esplosione di emozioni così forti che le venne quasi da piangere. Lui iniziò a muovere lentamente la sua lingua insieme a quella di lei, assaggiandone il sapore, mordendole appena la bocca fino a lasciarla senza fiato.
E Sana scollegò completamente il cervello, smise di pensare a tutti i turbamenti che aveva vissuto fino a due secondi prima che Hayama la baciasse, dimenticò totalmente la serata trascorsa e la sbronza di Gomi, cancellò dalla sua testa ogni lacrima versata, riuscendo finalmente a rispondere alla domanda che lui le aveva fatto solo pochi minuti prima. Riuscendo ad ammettere a se stessa che il motivo per cui non era andata da Gomi era dovuto solamente all'incredibile voglia che lei aveva di raggiungere Akito e di provare di nuovo quella bomba di emozioni che aveva solamente assaggiato quando lui l'aveva baciata per strada.
Era un ragionamento egoista, ma lei non ci badò perché aveva messo al primo posto quella vocina divenuta abbastanza importante che le aveva innescato l'idea che una sola volta si può dimenticare.
Ma quando le labbra di Akito si staccarono lentamente dalle sue Sana seguì per un attimo quel movimento, desiderando di non separarsene mai e si sentì confusa. Aprì gli occhi e lo scoprì a fissarla a una distanza davvero ridicola. Non riuscì a dire nulla, nonostante la sua mente fosse piena di lui, fu solo in grado di seguire il suo sguardo che, in poco tempo, si spostò dal suo viso al suo corpo, completamente sigillato nei pesanti indumenti invernali. Allora Hayama infilò le mani sotto i lembi del cappotto grigio che lei amava tanto portare sopra ogni abbinamento e li spostò lungo le sue spalle, lasciando che scivolassero giù per il suo corpo. A lei sembrò di non avere più il controllo di nulla mentre il ragazzo le sfilava di dosso quel primo, ingombrante, ostacolo.
E il cappotto fu la prima cosa che finì per terra, ai piedi di entrambi. Quindi, in un impeto di passione e impazienza, lui la afferrò per la vita, restando stranamente sorpreso di quanto questa fosse sottile e la sollevò da terra, scaturendo in lei un leggero timore di poter cadere dalle sue braccia, tanta era l'emozione che provava in quel momento.
La fece sedere sul bancone, spostando lestamente gli ultimi residui della serata che finirono per terra, insieme al cappotto, frantumandosi in mille pezzi.
Lei sussultò, allora lui le baciò una guancia, prima di scendere giù, lungo il busto e il ventre, arrivando alle ginocchia sulle quali giaceva la gonna morbida del vestitino rosso che aveva indossato per quella serata. Le sue mani, allora, finirono sulle sue gambe, fasciate in un paio di calze scure alla francese e, in un gesto deciso, le allargò affinché potesse raggiungere meglio quel punto. Si piegò sulle ginocchia accostando il viso alla coscia libera da quelle calze spesse, e le baciò quel punto, accarezzandola con la lingua per poi morderle la coscia, avido di sentirne appieno il sapore. Mentre la sua bocca continuava a muoversi sulla pelle liscia di lei, infilò le dita sotto i lembi di quelle calze, scoprendole la coscia ancora un po', per poi seguire con la bocca il percorso che la sua mano fece fare alla calza fin giù alla caviglia.
In un impeto di coraggio, dettato dal l'eccitazione che la ragazza sentiva crescere dentro di sé, abbassò lo sguardo verso di lui spostando appena i lembi della gonna che le impedivano di riuscire ad avere una visione completa. Lui dovette accorgersene perché lasciò la coscia per alzare lo sguardo verso l'alto. Non fece nulla, non disse niente, si limitò soltanto a guardarla intensamente e Sana si sentì, di colpo, completamente disarmata. Avrebbe potuto protestare con tutta se stessa, seguendo quella voce nel cervello che le consigliava di smettere, perché si stava addentrando in un posto pericoloso. Il suo copro aveva preso, ormai, il sopravvento, diventando il sommo Presidente di quella Commissione fatta di lei, della sua testa e delle possibili quanto complicate conseguenze che sarebbero giunte, prima o poi, a presentarle il conto da pagare.
Lui la guardò ancora per qualche istante e, proprio in quel breve lasso di tempo, Sana vide qualcosa di diverso nei suoi occhi che le erano sembrati sempre freddi come il ghiaccio. Quella volta giurò che fossero tutto il contrario e, in un gesto rapido e deciso, Akito le strappò letteralmente via la calza scura dall'altra gamba affondando poi il viso tra le sue gambe, mordendole poi l'interno coscia con decisamente troppa enfasi, perché la sentì sussultare sotto le sue labbra.
E quando lui la sentì gemere fu completamente invaso dalla voglia di averla perdendo completamente l'ultimo barlume di lucidità rimastogli. Allora spostò le sue labbra dalla coscia addentrandosi poi verso la sua parte più intima. Le baciò quel punto, schiudendo la bocca per accarezzarle l'intimità con la lingua e quando sentì, finalmente, quel sapore che tanto aveva desiderato nelle ultime ore della sua vita, si rese conto che stava diventando troppo impaziente perché non riusciva più a contenere il suo desiderio di sentirla gemere per il piacere. Allora prese a muovere la lingua intorno al suo punto di piacere, senza mai nemmeno sfiorarlo e quel movimento che diventava sempre più deciso mandò Sana completamente fuori di testa. Allora la ragazza lo raggiunse tra le sue gambe infilandogli una mano tra i capelli, stringendoli tra le dita mentre perdeva completamente il controllo del suo corpo a causa della bocca di lui che si muoveva esattamente nel modo in cui lei voleva che accadesse. Spinta da quel momento di estrema perdita di ogni libido, come forse non le era mai successo in tutta la sua vita, fece una leggera pressione sulla nuca di Akito seguendo poi i movimenti della sua bocca con il bacino. Le sembrò che il tempo trascorso da quando lui aveva iniziato a succhiare letteralmente la sua intimità fosse stato brevissimo ma, nonostante ciò, sentì che era dannatamente vicina a raggiungere l'orgasmo. E cercò di trattenersi, perché non voleva che quel momento arrivasse così presto e che finisse tutto subito. Ma proprio nell'istante in cui stava per arrendersi a quella meravigliosa sensazione che precedeva l'esplosione del suo corpo, Akito smise di colpo di muovere la sua lingua tra le gambe e risalì verso il suo viso, con un sorriso beffardo in volto. Sana si sentì confusa, ed esterrefatta ma anche tremendamente eccitata perché non aveva previsto quel risvolto. Non sapeva cosa aspettarsi da lui e quella considerazione le fece venire la pelle d'oca.
Con un gesto deciso, Akito afferrò i lembi della sua gonna e le sfilò il vestito scoprendo interamente il suo corpo, nonostante questi fosse parzialmente nascosto dal suo intimo. E Sana pensò che non aveva scelto i migliori indumenti che possedeva, perché quella sera si era limitata ad indossare un normalissimo reggiseno di cotone azzurro, abbinato maldestramente con degli slip neri dello stesso materiale. Si sentì, di colpo, poco attraente e cercò di coprire quell'abbinamento a caso con le braccia. Ma lui le sollevò il viso con la mano, e la guardò insistente, scostando poi quelle braccia esili dal suo seno. Affondò quindi entrambe le mani sui seni ancora coperti e continuò a guardarla, eccitato, bramoso di sentire la sua pelle sotto le sue dita che avevano iniziato a premere sui morbidi rigonfiamenti di Sana. Fu in quel momento che decise di raggiungere con le proprie mani il gancetto dell'indumento dietro la schiena sentendolo subito allentato, appena fu libera da quella morsa.
Quando Akito potette sentire, finalmente, i seni di lei sotto le dita, smise di guardarla e si fiondò proprio lì, iniziando a baciarli, leccandone i capezzoli già turgidi e sentendola gemere sotto i movimenti decisi della sua lingua.
Sana pensò che non ci avrebbe messo molto a raggiungere, finalmente, l'orgasmo. Nonostante lui, ormai, si era dedicato completamente al suo seno. Pensò di essere eccitata abbastanza, come mai nella sua vita, per poter aspettare una qualsiasi altra mossa da parte di lui. E senza nemmeno un briciolo di preavviso, si sentì invadere da un'onda d'urto talmente forte che non riuscì ad evitare di urlare per il piacere che quel ragazzo che stava provocando, e sentì di colpo le forze che l'abbandonavano. Ma, nonostante avesse, ormai, raggiunto il piacere Akito non si fermò e la afferrò nuovamente per la vita. Allora lei allacciò le braccia intorno alle sue spalle e lasciò che lui la prendesse e la spingesse in basso, verso il pavimento. Si inginocchiò, iniziando a baciarle il collo, adagiando il suo corpo sulle lastre fredde di ceramica. Quindi Sana, in preda ad una sconvolgente bramosia di toccarlo, infilò le sue dita sotto i lembi della maglietta di lui e la trascinò verso l'altro, sfilandogliela velocemente.
Solo allora riuscì ad ammirare il suo corpo, il suo torace asciutto e notò una piccola cicatrice all'altezza del petto sinistro. La sfiorò con la punta delle dita, sentendo quel segno in rilievo e leggermente più rosa rispetto al resto del corpo. In quel momento sentì la sua mano che finì proprio sulla sua, le strinse le dita e la portò alle labbra, dandovi prima un bacio per poi dischiudervi su le labbra, assaporando con la lingua le piccole dita di lei.
Sana non smise un attimo di guardare quella scena, era come ipnotizzata dal movimento regolare delle sue labbra sulla sua mano, e si sentì di nuovo eccitata, nonostante avesse appena raggiunto l'orgasmo. Quindi, in un impeto di passione, si fiondò sulla sua bocca e iniziò a baciarlo, infilandogli una mano tra i capelli. L'altra finì in basso, in corrispondenza della sua erezione che riuscì a sentire in tutta la sua forza, e gli sbottonò i jeans rapidamente sentendolo gemere sotto le sue labbra.
Akito la aiutò in quel gesto, sfilandosi velocemente i pantaloni e lanciandoli via, in un punto indistinto della sala. E solo in quel momento, il suo corpo fece una leggera pressione contro quello di lei, spingendola supina verso il basso. Sana ebbe un sussulto quando la sua schiena toccò il pavimento freddo dell'old boy, ma non le importò minimamente perché la sua mente, il suo essere, era completamente e totalmente assuefatto dai suoi baci, dalle sue mani sul suo corpo, dalla sua erezione che spingeva già contro il suo bacino, facendola bagnare ancora di più.
Una mano di Akito, allora, finì tra le sue gambe infilando l'indice dentro di lei per iniziare a muoverlo lentamente. Sana si sentì completamente fuori controllo e non desiderava altro che sentirlo dentro di sé, allora allargò ancora un po' le gambe provocando in Akito un gemito profondo. Anche lui era, ormai, in procinto di perdere completamente la testa e sapeva che quel gioco di mani non sarebbe durato a lungo, perché non avrebbe potuto contenere ancora oltre la voglia che aveva di sentire il calore del suo corpo sul suo, di entrare dentro di lei e abbandonarsi definitivamente al piacere che gli stava invadendo anche l'anima.
Allora, sfilò rapidamente la mano dalla sua intimità e si fece largo tra le sue gambe, aiutandosi con le mani, per entrare lentamente dentro di lei. E quando fu completamente giunto, Sana riuscì ad avvertire ogni suo movimento lungo il suo ventre, sentendosi quasi esplodere quando Akito iniziò a spingere contro il suo bacino. E se all'inizio quelle spinte le sembrarono lente e disarmanti, il movimento che ne susseguì fu completamente travolgente perché dovette aggrapparsi alla sua schiena, imprimendo le sue unghie nella pelle di lui affinché potesse reggere la velocità che lui aveva intrapreso dentro di lei.
Akito si sentì quasi in procinto di raggiungere l'orgasmo, quindi rallentò il ritmo del bacino e proprio quell'alternanza di velocità mandò in estasi lei, che si abbandonò completamente ad un nuovo, potente orgasmo. Quando lui sentì il suo corpo sussultare, riprese nuovamente una velocità notevole fino a quando il piacere divenne troppo grande per poterlo contenere. In tutta la sala dell'Old Boy riecheggiarono i loro gemiti, le urla di piacere di lei e i sospiri di lui, una volta che le forze lo avevano completamente abbandonato.
Akito restò immobile sul corpo ancora ansimante di Sana. Solo in quel momento riuscì a sentire le dita delle mani di lei impresse nella pelle della sua schiena. Provò a muoversi un po', allora sentì le mani di lei che scendevano lungo la schiena e si appoggiò sui gomiti, non prima dischiudere le labbra sul collo di lei, lasciandole un bacio che le fece venire la pelle d'oca.
Si sollevò appena dal suo corpo, continuando, però, a restare dentro di lei, e la guardò approfittando di quel momento solo ed esclusivamente loro, per imprimere nella memoria ogni microscopica caratteristica del suo viso. Avrebbe voluto ricordare per sempre lo sguardo che lei gli stava rivolgendo, i capelli appiccicai sulla fronte, riflesso di quella passione che si era finalmente consumata, le labbra leggermente dischiuse in una specie di sorriso e quel viso pallido ma irradiato dal rossore delle sue gote. Non riuscì a resistere dall'infilare nuovamente una mano tra i suoi capelli, dietro la nuca, per attirare nuovamente a sé quella bocca che lo stava facendo impazzire di nuovo. Allora Sana si sentì travolta ancora una volta dal profumo di quel ragazzo e dai movimenti della sua lingua, che la stavano baciando come se non ci fosse nient'altro di altrettanto necessario in tutto il mondo. Sospirò, lei, e sorrise sulla bocca di lui abbracciandolo come, in realtà, non aveva fatto nemmeno una volta mentre facevano l'amore. E lui le sorrise di rimando, posandole un'ulteriore, ultimo bacio, sulle labbra.
Fece molta fatica a staccarsi da lei ma quando gli sembrò che Sana respirasse a fatica sotto il peso del suo corpo, si spostò di lato cercando comunque di non starle troppo lontano.
Restarono per qualche minuto in silenzio e lei stranamente, non percepì nemmeno l'ombra lontana dell'imbarazzo di ritrovarsi completamente nuda, davanti ad una persona con cui non aveva assolutamente quella confidenza intima che caratterizza un rapporto lungo tra due persone. E si sorprese di quel pensiero, perché, nonostante quel dato di fatto, le sembrò che l'essere guardata in quel modo da lui fosse ciò di cui più aveva bisogno e che desiderava sopra ogni altra cosa.
Poi lui si guardò intorno.
«Hai freddo?» le domandò, accarezzandole il corpo e tracciando il profilo dei suoi fianchi, fino ad arrivare alle cosce.
Sana scosse la testa e si domandò se le fosse rimasta ancora voce per potergli rispondere a parole.
«Stai bene?» continuò lui, corrugando appena la fronte. E lei provò di nuovo quella paura di aver perso la voce e gli rivolse solo un sorriso, che lui ricambiò.
Lui la guardò ancora per un istante poi aggiunse: «Sapevo di fare un certo effetto alle donne, ma tu sei la prima ad aver perso la voce, sai?»
«La prima?» domandò lei, sorprendendosi per la sua stessa voce. Poi lo colpì in testa con la mano provocandogli una piccola fitta.
«Che violenta che sei...»
«Spero di essere la prima anche in quello.»
«E anche l'unica.» aggiunse lui, massaggiandosi il punto colpito. Il viso di Sana però si era incupito.
«Scherzavo comunque.» precisò, accarezzandole una guancia. Tuttavia quel gesto non sembrò ripristinare l'umore di Sana, allora lui corrugò la fronte.
«Che hai?»
«Niente. È che... da quando ti conosco è tutto così confuso.» rivelò lei, alzando lo sguardo verso i suoi occhi ambrati. Le sembrarono così profondi, in quel momento.
«Confuso... bello, o brutto?»
«Confuso... pieno di vita.»* sussurrò lei, scollegando completamente il suo corpo dal resto della vita che aveva vissuto fino a quel momento.
Aveva sempre immaginato che mai, nella vita, avrebbe potuto tradire qualcuno. Si era sempre detta che qualora la vita l'avesse messa in una situazione simile, sarebbe sempre stata in grado di scegliere razionalmente la strada giusta da percorrere. Ma quando aveva fatto quelle considerazioni, non aveva tenuto conto della variabile Akito Hayama e dell'effetto tsunami che la sua presenza avrebbe avuto nella sua vita. E, consapevole di ciò, non riuscì più a rivedere la se stessa che aveva formulato quel paradigma. Non riuscì più a definire quello che era successo come uno sbaglio, perché non c'era niente di più lontano dalla realtà.
Desiderava Akito come non aveva mai desiderato nessun altro in tutta la sua vita e lì, su quel freddo pavimento, si rese conto che non aveva fatto altro da quando i suoi occhi erano diventati la costante della sua mente e della sua più profonda essenza. E non poteva sentirsi in colpa, perché probabilmente stava aspettando quel momento dall'esatto istante in cui era nata.
Sentì nuovamente la mano di lui accarezzarle il viso e, con sua enorme sorpresa, sentì che le sue dita le stavano asciugando una lacrima ribelle. Quando Akito corrugò la fronte, in un'espressione confusa, lei lo attirò a sé baciandolo con tutta la forza di cui era capace.
E di nuovo, tra le pareti dell'Old Boy, mentre fuori la notte cercava invano di cancellare ogni dubbio e tristezza, riecheggiarono i loro sospiri e i loro gemiti, perché nessuno dei due si era mai sentito tanto in pace con il mondo come in quell'esatto istante.
*Questa battuta è ripresa dalla serie di Luca Guadagnino "we know who we are". Mi sembrava perfetta per la situazione.
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Upside Down
Roman d'amour[COMPLETA] Inserita nell'elenco delle fanfiction "Anime e Manga - Otaku Daydreams" @WattpadFanfictionIT (https://www.wattpad.com/list/571931450-anime-e-manga-otaku-daydreams-) Dal prologo: [...]Mentre sfogliava la sezione Rock pop europeo degli ann...