Capitolo 1

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Era passata una settimana dall'inizio dei corsi del secondo anno.
Fuka e Hisae erano spesso impegnate a frequentare lezioni extra pomeridiane per prepararsi al meglio agli esami d'ammissione per il Master. Sana si domandava spesso perché avessero tutta quella fretta, visto che mancavano ancora due anni al termine del ciclo di studi.
Quel pomeriggio di inizio aprile era seduta distrattamente alla scrivania della sua stanza, aveva aperto il libro di sociologia generale, ma era arrivata solo alla terza pagina dell'introduzione perché ben presto la sua mente aveva iniziato a fare dei voli pindarici talmente elaborati che ormai ogni tentativo di tornare con i piedi per terra si stava rivelando vano. Eppure il primo anno era stato superato discretamente, pensò, mordicchiando l'estremità di una matita ridotta ormai quasi ad un mozzicone. Guardò il paesaggio di inizio primavera fuori dalla finestra della sua stanza, cominciando a pettinarsi distrattamente i capelli con una mano.
Poi le venne su un sorriso felice.
«Ma certo, chiamerò Aya e Tsuyoshi.»
E così dicendo digitò il numero della sua amica, che rispose al secondo squillo.
«Aya, ti prego, vieni a studiare da me? Da sola mi distraggo troppo.» implorò per telefono, gettandosi poi sul suo letto a baldacchino.
«Ehm, Sana non saprei. Tu ti distrai comunque... e finisci con il distrarre anche me.»
«E dai, ti prometto solennemente che non fiaterò, non ti distrarrò, non sentirai volare nemmeno una mosca.»
«È che tra tre giorni ho una verifica.»
«Ma come, di già?» mugolò lei, con un tono disperato.
«Il nostro professore di sociologia, invece, non fa altro che ripetere quanto siano importanti queste o quelle teorie. Che noia.»
«Be' perché evidentemente lo sono davvero. Importanti dico.»
«Mh, sarà. Per ora il suo corso è decisamente noioso. Senza contare che è pieno di gente, mi sembra un mercato.»
Aya scoppiò a ridere nell'udire le proteste della sua amica, consapevole del fatto che spesso Sana tendeva ad ingigantire un po' le cose.
«Comunque è solo la prima settimana. Vedrai che diventerà più stimolante.»
«Dici?»
«Ma certo! Ora scusami, ma devo tornare a studiare. Ti prometto che il prossimo weekend faremo qualcosa di bello e divertente.»
Sana riacquistò immediatamente il buon umore.
«Sì, giusto. Questo weekend c'è la festa di apertura dell'anno accademico.»
«Ecco, vedi? Ci divertiremo, amica mia.»
«Ne sono convinta. Ora vado, chiamerò Shin e chiederò a lui di venire da me e farmi compagnia a studiare.»
In quel momento Sana sentì un sonoro sbuffo provenire dall'altra parte del telefono.
«Che ti prende?» domandò sorpresa.
«Niente Sana, cerca di non distrarti troppo.»
Così dicendo le due amiche si salutarono e Sana compose il numero di Gomi. Attese qualche minuto, ma quando al quarto squillo non ci fu traccia della voce del ragazzo, decise di riagganciare, scrutando lo schermo del telefono con uno sguardo confuso. Tornò poi a sedersi alla scrivania.
«Che strano, eppure le sue lezioni dovrebbero essere già finite a quest'ora.» rifletté ad alta voce, poggiando il cellulare sul libro aperto e mai veramente consultato. Abbassò lo sguardo proprio su quelle lettere messe lì quasi per caso, fino a poggiare completamente la fronte sulle pagine, sentendo il profumo di stampa fresca e inchiostro. Sbuffò pesantemente e chiuse gli occhi.
Ma un lieve solletico all'altezza del collo, proprio sotto l'orecchio, la fece sobbalzare, costringendola a voltarsi in direzione di quella sensazione.
«Shin!» esclamò con sorpresa, levandosi bruscamente dalla sedia della scrivania.
Lui le sorrise, allungando le braccia verso il suo corpo esile, divenuto improvvisamente instabile.
«Ti ho chiamato, appena due secondi fa!»
«Lo so, ma volevo farti una sorpresa. La signora Shimura mi ha fatto entrare.»
Sul viso di lei si disegnò un enorme sorriso e, con uno slancio repentino, allargò le braccia e si lanciò verso il suo ragazzo che la accolse prontamente. Le prese il viso tra le mani, alzandole il mento affinché il suo sguardo potesse raggiungerlo. Poi si chinò lentamente, poggiando le labbra sulle sue. Sentì immediatamente la lingua di lei che cercava la sua, dolcemente perché il suo modo di baciare era sempre stato dolce e delicato. E lui non si era mai spinto troppo oltre. Amava quel suo modo di muovere le labbra e la lingua sulle sue, adorava quando lei gli prendeva tra i denti il labbro inferiore, mordendolo appena, suscitando in lui gemiti soffocati da un silenzio che avrebbe rivelato ciò che stavano facendo ad orecchie troppo indiscrete.
Le mani di lui si insinuarono facilmente sotto i lembi della canotta sottile di pizzo che Sana indossava, era leggermente larga per cui quell'azione gli fu facile così come fu facile risalire lungo la sua schiena fino ad arrivare al gancetto del reggiseno. Quante volte quell'indumento aveva rappresentato un ostacolo, superato solo grazie all'aiuto delle mani di Sana, che erano giunte in suo soccorso anche in quell'occasione, slacciandolo in meno di un secondo.
In quel momento, durante i minuti spesi a tentare di rimuovere quel gancio fastidioso, Sana si staccò lentamente dalla bocca calda di Gomi, umida dalla sua saliva. Gli sorrise sulle labbra: «Io... stavo studiando...», sussurrò quasi in un soffio, che lui accolse come il più dolce ed eccitante dei profumi.
«Mh, e cosa... stavi studiando?» domandò con voce divenuta ormai roca, mentre le sue labbra finivano dritte sulla pelle morbida del collo di lei. Le morse quel punto, prima di poggiarvi la lingua e succhiarne l'essenza fino a far sospirare Sana, quel gemito accennato fece eccitare il suo ragazzo ancora di più.
Allora lui le sfilò la canottiera, poggiando di nuovo le labbra sulle sue, spingendola con la forza del suo corpo verso il letto a baldacchino, che stava già assistendo a quella scena da troppo tempo, ormai.
Il corpo di lei si adagiò lentamente, facendosi guidare dalle mani di lui che finirono dritte tra le gambe allargandogliele delicatamente. Quando alzò gli occhi e vide quello che per lui era un vero e proprio spettacolo fatto di lei, delle sue labbra arrossate così come le sue guance, i capelli disparati a ventaglio sul letto, si sentì ancora più eccitato. E Sana dovette rendersene conto, perché spinse appena il suo bacino contro quella che ormai era diventata un erezione troppo evidente per essere contenuta in qualche modo.
Gomi la guardò di nuovo, accarezzandole il viso con il palmo di una mano, e lei chiuse gli occhi e inclinò il capo scoprendo il suo collo interamente. E di nuovo lui fu catturato da quel punto, tanto da precipitarsi proprio lì e iniziare a leccarlo, sentendo la sua ragazza gemere appena sotto di lui. A quel punto sentiva che non voleva nient'altro nella vita, nell'intero universo, eccetto entrare dentro di lei e sentirla godere. Quindi, con un gesto deciso, si sfilò di poco i pantaloni lasciando che la sua erezione si liberasse e potesse raggiungere il tanto agognato punto di felicità. Con entrambe le mani si fece spazio tra le sue gambe, scostandole un lembo degli slip su un lato per avere libero accesso alla sua intimità. La sfiorò con le dita e la sentì bagnata, e quel leggero tocco quasi accennato bastò per fargli perdere completamente la lucidità e la razionalità di aspettare qualsiasi gesto da parte sua. Quindi, con un movimento deciso, si infilò dentro di lei e la sentì sussultare appena, poi di nuovo quando lui spinse ancora una volta il bacino contro il suo, penetrandola con una velocità sempre maggiore.
Lei allacciò le gambe intorno al suo busto e gemette più forte quando lo sentì aumentare il ritmo di quei movimenti, fino a farle infilare le dita tra i suoi capelli scuri, che strinse quasi come a mettere a tacere quei gemiti divenuti quasi incontrollabili.
Fu lui il primo a raggiungere l'orgasmo, ma nonostante si sentisse di colpo incredibilmente stanco, continuò a muoversi dentro di lei aspettando che il suo corpo venisse percosse da quegli spasmi che ormai conosceva alla perfezione.
Quando Sana raggiunse l'orgasmo, lui si fiondò nell'incavo del suo collo e la strinse, smettendo lentamente di muovere il suo bacino contro il suo. La abbracciò, come faceva sempre ogni volta che facevano l'amore e lei si lasciò cullare da quell'abbraccio che la faceva sentire così amata e protetta.
Era stato così anche la prima volta che era successo, nella camera di Gomi, una sera d'autunno di sei mesi prima, quando i genitori di lui avevano passato l'intero weekend fuori città. E continuava ad essere così. Perché ciò che Sana amava di Shinichi era la sua dolcezza e il suo modo di farla sentire una principessa di cristallo, che aveva bisogno di tutte le attenzioni del mondo per evitare che si rompesse.
Lentamente il ragazzo si ricompose, scostandosi dal corpo di lei per mettersi al suo fianco sul grande letto a baldacchino. Sana si rannicchiò contro di lui, piegandosi su un lato e alzando lo sguardo per raggiungere il suo.
«Sei stanco?» gli domandò, appoggiando una mano sul suo petto.
«Un po'.»
«Dovresti prenderti un giorno di pausa dallo studio, non pensi di esagerare?»
«È che voglio stare al passo degli altri, anzi, mi piacerebbe esserne anche uno avanti al resto della classe.»
«Lo so.» disse lei, con un sorriso. Gli diede poi un bacio sulla guancia e lui avvicinò il viso per facilitarle i movimenti. Poi lui le cinse le spalle con un braccio e lei si rannicchiò ancora più contro il suo corpo.
«Però sono convinta che un giorno di vacanza ti farebbe bene... anzi», e così dicendo, scattò in piedi, sedendosi con le gambe incrociate sul letto accanto a lui.
«Questo fine settimana ci sarà la festa di inaugurazione dell'anno accademico della mia facoltà. E tu, non puoi non accompagnarmi.» disse, puntandogli un indice sulla punta del naso.
«Una festa?»
«Esatto! Ci andremo tutti, sarà divertente.» annunciò convinta, battendo le mani come una bambina.
Lui le sorrise, allungando il viso verso il suo per depositarle un bacio leggero sulle labbra.
«D'accordo, se ci tieni così tanto. Poi hai ragione. Mi serve un po' di relax e ho tutta l'intenzione di rilassarmi insieme alla mia ragazza.» disse, tirandola a sé con le braccia e attaccandola al suo corpo.
Sana sorrise, si sentiva felice e sperò che quel momento di gioia non finisse mai.
La settimana precedente alla festa di inizio anno accademico trascorse tranquilla, senza troppi avvenimenti degni di nota. Sana continuava a seguire le lezioni, arrivando costantemente in ritardo a cinque di queste su sette, suscitando spesso l'ilarità dei suoi compagni.
Si sentiva abbastanza stimolata da tutti i corsi che avrebbe seguito quel semestre, fatta eccezione per quello di sociologia generale. Aveva scoperto il motivo per cui quell'aula era sempre strapiena di gente: non c'erano solo gli studenti di psicologia, visto che quella lezione era aperta anche ad altri corsi di laurea. Per cui avrebbe condiviso le attenzioni del professore anche con gente che frequentava scienze politiche ed antropologia.
Spesso non trovava nemmeno un posto libero a causa dei suoi costanti ritardi. Ma c'era anche qualcun altro che, a sua sorpresa, faticava non poco a raggiungere l'aula in perfetto orario. Si trattava del ragazzo biondo con gli occhiali da sole scuri che il primo giorno di lezione le aveva buttato la borsa a terra per sedersi proprio accanto a lei.
Arrivava sempre dopo di lei e per tutta la settimana Sana non aveva fatto altro che notare la sua totale indifferenza verso chiunque, professore compreso, facendo la sua comparsa in classe come se stesse andando in qualsiasi altro luogo del pianeta. Si sedeva dove capitava, a volte si appoggiava semplicemente alla parete dell'aula, in un punto qualsiasi e appena finita la lezione spariva. Lei aveva notato che il ragazzo non toglieva nemmeno la giacca di pelle né aveva l'abitudine di prendere appunti di alcun genere. Si limitava ad ascoltare probabilmente, e a tirare sulla testa gli occhiali da sole, trascinando in quel gesto qualche ciocca più lunga di quei suoi capelli biondi.
Ma, al di là di quel particolare, che rendeva la lezione più noiosa del semestre un po' più interessante, la vita di Sana continuava a scorrere tranquilla, aggiungendo a quella routine fatta di corsi e lezioni, qualche uscita con i suoi amici e la sporadica presenza di Gomi, sempre più impegnato a studiare e, di conseguenza, un po' più assente.
Quando arrivò quel sabato pomeriggio, giorno prefissato per la festa di inizio anno accademico, Sana si sentiva incredibilmente euforica e aveva invitato Fuka ad andare da lei per aiutarla a prepararsi al meglio per l'evento. Quando la sua amica arrivò, salutando energicamente ogni membro presente in quella casa, Sana era in preda ad una fastidiosa indecisione, perché proprio non sapeva cosa indossare per la festa. Quello era un aspetto che a Fuka aveva sempre dato fastidio, nonostante adorasse la sua migliore amica come se fosse una sorella ormai. E se Sana rappresentava la personificazione dell'indecisione, del disordine e della totale mancanza di acutezza e scaltrezza, Fuka era l'esatto opposto essendo lei pragmatica, precisa e sempre cosciente e consapevole di ciò che voleva dalla vita e dalle persone. Quindi trovarsi lei con le mani tra i capelli e un'espressione di disperazione in viso davanti a una montagna di indumenti disseminati a caso come se fossero stati appena sparati da una macchina lancia palle, rappresentò un valido e solido motivo perché Fuka sbuffasse, lanciando addosso a Sana un indumento pescato a caso dalla montagna che si elevava alle spalle della ragazza.
«Sana! Ma che è successo?» disse, appoggiando le mani sui fianchi.
«Non riesco a decidere cosa mettere stasera... mi sembra che sia tutto orribile.» piagnucolò lasciandosi andare sul bordo del letto.
Fuka si avvicinò a lei, e si sedette al suo fianco.
«Sana, cosa ti prende? Non sei mai stata così fissata con l'abbigliamento. Anzi credo che se qualche stilista ti avesse vista in più di un'occasione, si sarebbe licenziato all'istante.» la canzonò, cercando di tirare su il morale alla sua amica. Era convinta che ci fosse dell'altro dietro.
«Lo pensi davvero?» domandò sorpresa Sana.
«Be' non ti ho mai nascosto cosa penso. Credo che il saper vestire non sia una dote che ti appartiene, amica mia.»
Sana abbassò lo sguardo, leggermente intristita.
«E so che è così perché non sono cose che ti interessano troppo, quindi credo che il problema sia un altro.» suggerì Fuka, avvicinandosi a Sana con un tono molto più addolcito.
«Volevo essere carina stasera, volevo vestirmi bene insomma. Da... come si dice, mozzare il fiato?»
Fuka alzò le sopracciglia, sorpresa: «Sì, si dice così. Ma perché?»
«Non lo so. Forse per Shin, ultimamente mi sembra così assente.»
Allora Fuka sospirò, pensando di aver capito, probabilmente, quale fosse il problema della sua amica.
«Sei sicura che non sia tutto nella tua testa?»
«Be'... questa settimana ci siamo visti solo tre volte. La maggior parte del tempo è a lezione, oppure in biblioteca a studiare. A volte non mi risponde nemmeno al telefono...» protestò lei.
«Magari non ti risponde perché sta studiando?» azzardò Fuka, cercando di minimizzare la drammaticità dei toni di Sana.
«È che pensavo di rendermi carina per lui. Ma questa roba è così strana...»
«Sei stata tu a comprarla.» le fece notare. Poi, si alzò da quella posizione e le si parò davanti.
«Comunque, il tuo problema non è l'abbigliamento in sé, piuttosto il modo di combinare le cose. Su quello posso darti una mano io.»
«Sul serio?» a Sana le si illuminò il viso.
«Ma certo. Dunque... vedi per esempio questa da sola è molto carina.» disse, esaminando con le mani una minigonna a tubino, nera con dei motivi geometrici bianchi. Si guardò intorno, cercando con gli occhi quale capo potesse andare bene con quella gonna fino ad agguantare una canotta bianca.
Dispose sul letto la gonna e la canotta, una sopra l'altra e guardò la sua amica: «Questo abbinamento, con quella giacca scura che hai e gli stivali che ti presterò, è perfetto per stasera.»
Lentamente sul viso di Sana si dipinse un sorriso radioso: «Ma come hai fatto? Ci hai messo esattamente cinque secondi a decidere.»
«Esperienza, amica mia. Ora su, va' a vestirti che siamo già in ritardo.» commentò, porgendole gli indumenti scelti per la festa.
Sana non seppe dire se il suo sentirsi così bene in quei vestiti fosse dovuto alla bellezza di quel semplice abbinamento organizzato dalla sua pragmatica amica, oppure perché era stata proprio Fuka a convincerla di quanto quella minigonna stretta e la canotta bianca, i cui lembi erano stati depositati sapientemente dentro la cintura della gonna, valorizzasse il suo fisico snello e le sue gambe lunghe. Stava di fatto che quando si guardò allo specchio, dopo che Fuka l'aveva aiutata ad acconciare i lunghi capelli mossi in una morbida treccia laterale, si sentì veramente bella e a suo agio.
Si voltò verso la sua amica: «Grazie, sei veramente un genio della moda.»
«Dici? Per così poco?» la canzonò Fuka che, nel frattempo, aveva indossato anche lei un vestitino beige che le scendeva morbido sul corpo, sormontato da una giacca di jeans corta appena sotto il seno.
E se l'immagine che aveva visto riflessa allo specchio aveva fatto sentire Sana bella e sexy, lo sguardo che vide negli occhi scuri di Gomi quando passò a prendere entrambe le ragazze con la sua auto confermò il fatto che Fuka, con due semplici indumenti, aveva fatto un ottimo lavoro.
Si ritrovarono tutti all'ingresso della grande mensa dell'università, adibita per quell'occasione a sala feste con tanto di luci scure e musica assordante. Era tutto uguale all'anno precedente, fatta eccezione per i banconi bar che erano diventati ben cinque, a discapito dei tre dell'anno passato.
«Ecco... l'hanno capito che fare una festa così con solo tre bar era ridicolo.» commentò Toshio, appena la sua attenzione fu catturata dalla novità del nuovo anno.
Il gruppo di amici si addentrò nell'enorme sala stracolma di gente. I tavoli che di solito occupavano l'intera superficie della mensa universitaria erano stati completamente fatti fuori, cedendo il posto a qualche divanetto non troppo elaborato, messo lì esclusivamente per sostenere quelli che sarebbero stati i primi a soccombere a quella serata.
Gomi strinse la mano di Sana per evitare di perderla dal momento che, man mano che si inoltravano in quell'ammasso di persone appiccicate, sembrava essere sempre più difficile riuscire a trovare un po' di spazio anche solo per respirare. E il motivo era causato dall'invito esteso a tutte le facoltà che, di conseguenza, avevano esteso a loro volta la possibilità di quella festa ai loro amici per cui il risultato si era rivelato quello: c'era più gente lì dentro che in qualsiasi altro momento dell'anno in tutta la struttura universitaria.
La musica si era fatta assordante e Sana e Gomi avevano già perso di vista Fuka, Hisae e Toshio. Inoltre, anche Aya e Tsuyoshi stavano per essere risucchiati da quella fiumana di persone e ben presto Sana si ritrovò a custodire solo la mano di Gomi, come unico gancio che le impediva di perdersi in quel marasma di studenti.
Poi successe che due ragazzi, evidentemente alticci, si lanciarono nella mischia scontrando proprio le mani intrecciate dei due ragazzi che cercavano di non perdersi di vista. L'urto causò un leggero dolore alla mano di Sana che, per sopravvivenza, si ritirò immediatamente verso il suo corpo, abbandonando di conseguenza quella di Gomi. Bastarono esattamente dieci secondi, durante i quali Sana chiamò il suo ragazzo parecchie volte, perché la chioma scusa di lui sparisse dal suo campo visivo, lasciandola in balia di centinaia di persone che continuavano a strattonarla distrattamente.
Sana si guardò intorno per qualche minuto, poi adocchiò uno dei cinque banconi bar a qualche metro di distanza e pensò che, prima o poi, qualcuno dei suoi amici avrebbe avuto voglia di bere. Se non altro, avrebbe avuto la libertà di tirare fuori il cellulare e inviare la sua posizione a Gomi, e aspettare lì il suo ritorno.
Appoggiò i gomiti sul ripiano di legno e incrociò le braccia, guardando con attenzione le diverse bottiglie disposte sugli scaffali posti proprio dietro la testa dei due barman, troppo impegnati ad eseguire elaborati cocktail perché le dessero retta. Poi, uno dei due la notò, nell'esatto istante in cui lei si sfilò la giacca di dosso, lasciando scoperto il collo e una spalla, l'altra nascosta dalla lunga treccia morbida che le finiva fin sopra il seno. In quel momento, abbassò lo sguardo.
«Cosa posso portarti?» sentì la voce del ragazzo che le fece quella domanda troppo vicino.
«Mh, beh non saprei. Ci sono così tante bottiglie...» disse lei, guardandosi intorno e sperando che Gomi arrivasse in fretta. Ormai erano passati diversi minuti da quando gli aveva scritto quel messaggio.
«Se mi dici cosa ti piace te lo preparo io.» disse il ragazzo.
«Non mi piacciono le cose forti ecco. Meglio se dolce o, alla frutta.»
Il ragazzo sorrise: «D'accordo, ti farò un cocktail speciale e vedrai che ti piacerà.»
Lei rilassò le spalle e quando il barista si allontanò, continuò a guardarsi intorno, sentendosi tremendamente a disagio a stare lì seduta, sola, in attesa di cocktail e fidanzato. Poi la sua attenzione fu catturata da un bicchiere pieno di liquido rossastro, con all'interno una fetta d'arancia e un ombrellino aperto, depositato su un lato.
«È succo alla fragola, con una piccola aggiunta di rum bianco.» disse, porgendole anche un sorriso insieme al bicchiere.
Lei ringraziò e fece per avvicinare le labbra alla cannuccia, pregustando il sapore di fragola che, sperò potesse essere più forte di quello del rum.
«Deve essere proprio una schifezza.» disse una voce abbastanza vicina a lei, da risultare distinta.
Si voltò di scatto e quando vide il proprietario della voce, quasi non riuscì a chiudere la bocca, che si era spalancata per la sorpresa.
«Scusa?» riuscì a dire, una volta che le sue sinapsi tornarono a svolgere le loro normali attività cerebrali, evitando di causarle un danno permanente alla mascella.
«Quella roba che stavi per bere dico, deve essere una vera schifezza.» commentò sornione il ragazzo biondo della lezione di sociologia generale. In quell'occasione, si era risparmiato di indossare gli occhiali scuri, e Sana si rese conto dello strano colore ambra dei suoi occhi. L'unica nota stonata era la sua espressione fredda e indifferente, nonostante il tono della sua voce fosse evidentemente ironico.
«Scusa, ma che ne sai cosa stavo per bere, eh?» rispose lei, accigliata e nascondendo il bicchiere con un braccio.
«Si vede che quella roba è un intruglio, miscelata per dare a quelle come te l'illusione di saper bere alcolici. In realtà anche un bambino capirebbe che si tratta di una schifezza.» solo in quel momento, Sana si accorse che il suo compagno di corsi, stringeva tra le dita una bottiglia di birra di vetro, una di quelle che avrebbe trovato in qualsiasi supermercato.
«Quelle come me? E poi, senti chi parla. Se questa è una schifezza, quella roba lì allora, cos'è?» domandò, indicando la bottiglia con un cenno del capo.
«Meglio questa schifezza, fidati.»
«E perché mai dovrei fidarmi?» domandò lei, seccata.
«Perché non mi sembri un'esperta, e nemmeno tanto sveglia.» la canzonò con un mezzo sorriso sornione, continuando però a mantenere quello sguardo di ghiaccio.
«Ma si può sapere che vuoi? Con tutta questa gente, perché devi venire a scocciare proprio me?» disse, sentendo le guance accaldarsi. Sicuramente si erano anche colorite di rosso per il sentimento di rabbia che si faceva largo nella sua testa.
«Hai ragione, in effetti. Ci vediamo!» e così dicendo, si allontanò dando le spalle a Sana e scomparendo tra la folla di gente che continuava a ballare, seguendo il ritmo della musica.
Lei lo seguì con lo sguardo finché ne fu in grado, riprendendo la stessa espressione di poco prima, mascella spalancata compresa, sentendo la rabbia aumentare a dismisura. Pensò che quel ragazzo doveva essere estremamente maleducato, oltre che presuntuoso, per essere così convinto di poter trattare la gente come gli pareva. Decise che non gli avrebbe mai più rivolto la parola in aula, anche se ci fosse stato un incendio e lui fosse stato l'unico in grado di aiutarla.
Poi si sentì cingere la vita.
«Eccoti, finalmente.» esclamò la voce di Gome, ad un centimetro dal suo orecchio.
Sana chiuse gli occhi e sorrise, lasciandosi andare alle braccia forti del suo ragazzo, che immediatamente le depositò un bacio sulla spalla libera dalla lunga treccia.
«Guarda che io sono sempre stata qui.» protestò lei, voltandosi poi verso Gomi che stava apsettando il suo sguardo con un sorriso tenero.
«E mi sento davvero fortunato, sai.» commentò semplicemente, prendendo il suo viso tra le mani per baciarle le labbra. Poi lei di scatto, si tirò indietro: «Dove sono gli altri? Fuka, l'hai vista?» domandò agitata. Aveva perso così tanto tempo in inutili insulti con il biondo studente di sociologia, che aveva completamente dimenticato i suoi amici.
Ma il sorriso di Gomi la rassicurò: «Li ho trovati, andiamo su, raggiungiamoli.» disse, trascinandola per una mano verso la folla di persone.
Quando furono nel mezzo di quell'agglomerato di persone, i due ragazzi si resero conto che un varco si stava aprendo davanti a loro e si guardarono confusi, con entrambi la stessa domanda che pendeva dalle labbra: cosa stava succedendo.
Poi Sana si voltò e riuscì a distinguere un piccolo gruppo di persone disposte a cerchio che si dimenavano come se fossero allo stadio. Trascinò Gomi in quella direzione dimezzando la distanza tra loro e il gruppo scalpitante in meno di un minuto. E quando riuscì a farsi spazio in quella barriera umana, sgranò gli occhi nel vedere nuovamente il suo compagno di corso tenere per il collo della camicia un ragazzo alto quanto lui ma con una massa corporea quasi il doppio della sua. Tuttavia, malgrado la notevole differenza, era chiaro a tutti chi dei due fosse in netto vantaggio.
Allora Sana non ci pensò su due volte prima di lasciare la mano di Gomi, il quale cercò invano di riacciuffarla, e si incamminò proprio verso quella rissa. Alzò di scatto un braccio e agguantò un lembo del maglione del ragazzo biondo, tirandolo a sé con tutta la forza che aveva in corpo.
Lui si voltò di scatto.
«Ma che stai facendo?» domandò lei, furiosa, guardandolo dritto negli occhi.
Lui corrugò la fronte: «No, tu che stai facendo?» sibilò quasi tra i denti.
«Questa è una festa, non un incontro di boxe.» urlò con rabbia.
«Ma perché non ti fai gli affari tuoi, eh ragazzina?»
Ma in quel momento, Sana si sentì tirare da una forza sconosciuta proprio dalla parte opposta, guardò in basso e vide che due braccia a lei familiari la stavano avvolgendo per la vita. Allora il ragazzo biondo allungò lo sguardo verso Gomi, alle spalle della ragazza, e assottigliò lo sguardo.
Messa Sana in disparte, Gomi si mise tra lei e l'altro: «Provaci di nuovo, a toccarla, e io...»
«Tu cosa?» domandò, con tono di sfida. Allora Gomi fu invaso da una strana rabbia, un sentimento che non aveva mai provato e si spaventò di colpo, perché consapevole del fatto che non era più causato dalla paura che Sana potesse farsi male, bensì da un richiamo ben più istintivo e primordiale. Così levò un braccio a pugno, in direzione di quel ragazzo dallo sguardo indifferente ma quando pensò di essere vicino al colpirlo, aspettandosi da un momento all'altro di sentire lo schianto sulle nocche della mano, fu immediatamente bloccato a mezz'aria.
E la sensazione di rabbia primordiale aumentò.
«Non ti conviene, amico.» gli disse semplicemente, aumentando la forza della presa sul suo braccio. Poi, spostò lo sguardo verso Sana, e notò che i suoi occhi si erano fatti lucidi e che una lacrima era fuoriuscita proprio lì, nel bel mezzo di quella specie di scontro. Allora allentò la presa sul braccio di Gomi, lasciandolo andare a poco a poco senza mai distogliere lo sguardo da lui. Poi voltò le spalle, abbandonando quel ring improvvisato e lasciando sia Gomi, sia l'altro ragazzo, doloranti e frastornati.
Sana fece un passo verso Gomi, afferrandolo per un braccio, e solo allora lui notò la sua espressione spaventata e gli occhi pieni di lacrime.
«Stai bene?» domandò lei, con la voce trepidante.
«Sì, ma chi era quello? Lo conosci?»
«È un mio compagno di corsi.» rivelò lei, spostando lo sguardo verso la folla che sembrava aver già dimenticato la rissa di qualche minuto prima.
«Be', faresti bene a stargli alla larga.» commentò lui, prendendola nuovamente per mano. Sana alzò lo sguardo verso di lui, e gli vide una strana luce negli occhi. Era la prima volta che lo vedeva così arrabbiato e decide di non contraddirlo, in quella sua raccomandazione.
Quando raggiunsero i loro amici, nessuno dei due fece parola di quanto accaduto. Gomi sembrava essersi ripreso così come il suo umore sembrava essere tornato quello di sempre. Sana invece si sentiva frastornata, e non sapeva individuare la causa di quel sentimento. Sentiva che fosse successo tutto troppo in fretta e, al ricordo dello sguardo di ghiaccio di quello strano ragazzo biondo che le intimava di farsi gli affari suoi, le venne uno strano brivido lungo la schiena.
«Ehi... a cosa pensi?» le fece Fuka, appena tornata da un giro in pista con alcuni suoi amici di facoltà.
«Eh?»
«Tu, a cosa pensi? Mi sembri assente...»
Sana si massaggiò la testa, esternando un risolino imbarazzato. Si sentì colta in flagrante.
«A niente.»
«Mh...» brontolò la sua amica, assottigliando lo sguardo verso di lei.
«Non mi credi?»
«Normalmente lo farei, ma mi sembri strana. È successo qualcosa?»
«Ma no, è che c'è così tanta gente qui. È una gran confusione.»
«Già, pensa che io non sono ancora riuscita a prendere nulla da bere.» disse sbuffando. Poi il suo sguardo scattò verso uno dei banconi bar e, con un gesto teatrale, lo indicò alla sua amica.
«Guarda lì! Finalmente sembra esserci poca gente. Vado e torno subito.» e così dicendo, saltellò verso quella direzione, lasciando Sana sola con i suoi pensieri.
Il resto della serata trascorse senza nessun avvenimento particolare, Aya e Tsuyoshi erano stati praticamente incollati tutto il tempo, subendo le prese in giro di Gomi, Hisae e Toshio. Sana, invece, cercò di scacciare in fretta l'immagine di quel ragazzo biondo che stringeva il braccio del suo fidanzato, mentre lo guardava come se volesse dichiarargli guerra avanti a tutti i presenti. Immaginò che se lei non fosse stata presente, probabilmente le cose sarebbero peggiorate e magari Gomi sarebbe tornato a casa con un occhio nero o, peggio ancora, con qualche osso rotto.
Quando poi si rese conto che Fuka mancava da un bel po', guardò verso il bancone del bar verso il quale la sua amica si era diretta ma, di lei, non c'era nemmeno l'ombra.
Raggiunse quindi Aya ed Hiase.
«Ragazze, avete visto Fuka?»
Entrambe negarono con il capo, ma in quel momento il cellulare squillò. Sana lesse il messaggio e sorrise.
«Eccola, mi ha appena scritto. Ha detto di aver conosciuto un ragazzo veramente molto interessante...» disse imitando il suo accento, che negli anni non aveva perso affatto, «... e quindi, di non aspettarla, perché si è offerto di accompagnarla a casa.» terminò, con uno sguardo felice.
«Oh, chissà di chi si tratta.» fece Aya.
Poi Hisae strattonò entrambe spingendole a guardare verso la porta d'uscita della sala mensa.
«Ragazze, eccola lì. E quel tipo è davvero niente male.» ammiccò, ridacchiando. Le altre due la imitarono, seguendo con lo sguardo la direzione indicata da Hiase.
E fu in quel momento che il sorriso di Sana scomparve, quando il suo sguardo finì nuovamente sul suo compagno di corso, che con un braccio, cingeva le spella della sua migliore amica.
Fino ai vent'anni Sana Kurata aveva avuto una vita facile e invidiabile, finché non conobbe Akito Hayama.

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