Capitolo 12

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Il ritmo del petto di Akito, che andava lentamente su e giù, era riuscito ad ipnotizzare completamente la concentrazione di Sana. Avvertiva una sorta di torpore sul corpo, come se fosse seduta accanto ad un fuoco scoppiettante che la inondava con il suo calore, un calore che stordisce e che mette i brividi allo stesso tempo. Sentì che per lei Akito era fuoco, e questo al di là della passione fisica che si era consumata tra loro proprio qualche attimo prima. Lo aveva deciso in quel momento, mentre continuava a sentirsi stordita da quel torpore che il lento sollevarsi e abbassarsi del suo corpo le generava. Allora ispirò profondamente per godersi solo quel momento, trascurando ogni pensiero o sentimento di contrasto perché voleva sforzarsi di sentire solo quello stordimento che assomigliava molto alla felicità, o alla definizione che ne avrebbe dato se qualcuno gliel'avesse chiesto.
Poi sentì le sue dita sulla pelle, quella sensazione a cui si era così facilmente abituata e che scacciò all'istante le perplessità che ancora circondavano la decisione che aveva preso di dire tutto a Gomi. E poi a Fuka.
Akito le sollevò il mento con la mano e poi abbassò leggermente la testa in una posizione non troppo naturale, per capire che espressione avesse assunto dopo quel profondo sospiro che le aveva sentito fare. Poi osservó un sorriso sul suo viso e assottigliò lo sguardo. Cercava stupidamente di riuscire a penetrare quella barriera incomprensibile che erano a volte le parole che quella ragazza gli rifilava, domandandosi se fosse giusto, alla fin fine, esplorarle i pensieri al fine di prevederne le mosse. Si era detto fermamente convinto di aspettare e rispettare i suoi tempi e le sue decisioni, ma ne sarebbe stato in grado?
Alla fine la sensazione di caduta nel vuoto e la voglia di lanciarsi gli sembravano due facce opposte di una stessa medaglia e sapeva perfettamente di stare camminando su un pericoloso filo senza nessuna asta ad aiutarlo a stare in equilibrio. Ma quando sentì quella repentina sensazione di vuoto dentro di sé farsi largo tra quei pensieri, spingendolo a ponderare l'idea di proiettare se stesso in un probabile futuro disastroso, decise di smettere di pensare.
Allora lasciò andare la sua mano verso il profilo del viso di Sana, fino a raggiungere i suoi capelli. A quel tocco lei sorrise e finalmente aprì gli occhi cercando quelli di Akito.
«Non vorrei mai andare via da qui... l'idea di mettere i piedi fuori da questo appartamento mi spaventa da morire.» disse lei, cercando di decifrare il suo sguardo. Akito, di rimando, fece un profondo sospiro, stringendola a sé ancora più forte di quanto già non stesse facendo.
«Lo so.» le disse semplicemente, omettendo la sua stessa paura per quell'ignoto rimasto assopito proprio dietro l'angolo.
«Ma come faccio a continuare così? Devo parlare con Shin e con Fuka, ma l'idea mi fa venire la nausea.» piagnucolò, infilando la testa nell'incavo del suo collo.
«Kurata... immagina cosa accadrebbe se tu non dicessi loro nulla. Immagina di continuare le tue relazioni con loro, come se niente fosse. Immagina qualcosa che li ucciderebbe sul serio.» disse quelle parole quasi perdendosi in qualche sorta di doppio significato che, probabilmente, aveva letto solo lui. La sentì sospirare ma non si curò troppo di accertarsi se lei quel significato latente lo avesse colto o meno.
Tuttavia, malgrado la situazione, Sana non riusciva a immedesimarsi in una condizione peggiore né per Gomi né per Fuka. Ormai aveva fatto sua l'idea che quella era la crudeltà più grande che potesse loro fare e si era anche convinta di essere una specie di mostro a tre teste, che non meritava affatto di sentirsi così felice come invece si percepiva in quel momento, tra le braccia di Akito.
Sana, infatti, aveva dimenticato quale fosse la sensazione che si prova ad essere smisuratamente ed incondizionatamente felici. Era da quando era cresciuta abbastanza da non aspettare più l'arrivo dei regali di Natale con lo stesso entusiasmo di quando era bambina che aveva smesso di sentire quello smisurato senso di felicità.
Pensò che, nel corso degli anni successivi, era stata abbastanza felice della sua vita, delle relazioni con le persone e del suo amore per Shinichi. In realtà non si era mai nemmeno fatta troppe domande su quanto fosse felice o se lo fosse stata sul serio. Aveva sempre visto se stessa come una persona fortunata ad avere tutte quelle belle cose dalla vita. Ma in quel momento, mentre lei e Akito si rivestivano per lasciare la loro piccola e nascosta bolla di felicità, si domandò se tutta quella fortuna non fosse stata altro che un ammasso di eventi, più o meno normali, che dovevano condurla a quello. Tutto era stato messo lì, in modo causale, per farla emergere da un mare tutto uguale e andare a sbattere contro la più alta delle rocce, ma anche la più stimolante da scalare.
Akito le aveva detto che prima di riportarla a casa avrebbe dovuto recuperare alcuni documenti che John aveva lasciato per lui all'Old Boy quella stessa mattina. Le aveva spiegato brevemente che, al compimento del suo ventunesimo anno di vita, avrebbe liberato John dal ruolo che aveva di tutore legale per affidargli il solo compito di essergli amico. Allora aveva aggiunto che quei documenti erano destinati proprio a quello e si sentì anche leggermente confuso per aver sentito quella strana esigenza di condividere con lei tutti quei particolari.
Sana si era sentita anche delusa quando aveva scoperto che, in realtà, l'Old Boy era ancora chiuso e che John non era lì. Comunque, mentre percorreva il vialetto di casa sua di ritorno da quella mezza giornata passata in compagnia di Akito nel suo appartamento, si rese conto di dover rivedere completamente la natura e l'estensione dei suoi sentimenti. Perché, ripensando al grado di felicità percepita dai suoi sensi, da quando era bambina non si era mai più sentita veramente così.
Hayama l'aveva accompagnata in moto fino ad un certo punto, lasciandola poi a qualche isolato di distanza da casa sua. Sana aveva preferito essere prudente, almeno per quel giorno e per i successivi a venire, nonostante l'impellente necessità di dover fare per forza la cosa giusta. Pensava che non ci fosse alcun bisogno di sbandierare ai quattro venti quello che stavano vivendo e Akito capì di dover accettare la sua proposta. Nonostante non avesse alcun problema a mostrarsi in giro con lei, sapeva di dover accettare quell'aspetto, per cui acconsentì a lasciarla a qualche centinaio di metri di distanza da casa sua.
Aveva quasi raggiunto la porta di casa quando il suo cellulare squillò per tre volte. Quello era il suono che aveva associato ai messaggi e alle mail, ma quando lesse il nome del mittente si sentì le gambe incredibilmente fragili.
Aveva pensato di chiamare Gomi per chiedergli di vedersi al più presto, ma leggere il suo nome sul cellulare la fece sentire inquieta e nervosa, perché si sentì quasi letta nel pensiero. Con titubanza, aprì i messaggi del suo ormai quasi ex ma non ancora fidanzato, e si sentì ancora più nervosa nel leggere la sua proposta di uscire tutti insieme quella stessa sera.
Il messaggio esordiva con delle scuse da parte di lui per non essere stato bravo ad aspettare che fosse lei a chiamarlo, come si erano detti solo quella mattina in macchina. Ma, considerando il fatto che ci sarebbero stati anche gli altri loro amici, avrebbe dovuto sentirsi tranquilla all'idea di uscire, perché non sarebbe stato un appuntamento vero e proprio.
Allora lei si sentì ancora peggio, pensando al fatto che, mentre passava quelle ore di passione insieme ad Hayama, aveva semplicemente dimenticato quella promessa e che se lui non gliel'avesse ricordato, probabilmente non se ne sarebbe mai accorta di quella mancanza. Quindi, in preda a scontatissimi sensi di colpa, confermò la sua presenza per quella serata digitando parole quasi a caso, e inviò.

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