Epilogo

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Tirò fuori l'aria dalla bocca, ma la sola cosa che vide fu una serie di bollicine che le volteggiavano intorno al viso, fino a raggiungere la superficie ondeggiante che aveva sopra la testa.
Sbatté gli occhi due volte, sentendoseli bruciare.
Alla fine riuscì a tenerli aperti per qualche secondo, rimirando l'immagine distorta del soffitto che prendeva la stessa forma dell'acqua. E di nuovo tirò fuori l'aria aprendo appena la bocca e chiudendo le narici. Di bollicine ne fece qualcuna in più, quindi pensò di aver tirato fuori tutta l'aria che aveva accumulato e, tra le bolle e le onde tra i capelli che fluttuavano disordinati intorno a lei, i suoi occhi ormai abituati a stare aperti sott'acqua lo videro chiaramente.
Allora Sana sorrise producendo le ultime bolle d'aria, ma quando si tirò su fuoriuscendo dall'acqua ancora calda, si rese conto di aver esaurito l'ultima scorta d'ossigeno. Si passò quindi le mani tra i capelli tirandoseli indietro e respirando profondamente, mentre Akito la guardava con un sorriso in viso. Si era sistemato ai piedi della vasca del suo bagno, sedendosi sul pavimento e appoggiando poi il mento sulla mano stretta a pugno, sostenuta dal bordo della vasca da cui Sana era appena emersa.
«Da quanto tempo sei qui?» gli domandò con un po' di fiatone, avvicinandosi a lui e poggiando anche il suo braccio sul bordo della vasca. Akito rimase in silenzio per qualche istante, appoggiando la testa su un lato quando Sana corrugò la fronte, continuando a sorridergli.
«Qualche minuto.»
«Mh.» mugugnò lei, avvicinando il viso al suo. Appoggiò il mento sul suo gomito e la tempia alla sua.
«Sei cattiva Kurata. Potevi chiamarmi, mi sarei unito a te.» le sussurrò, spostando poi il braccio dal bordo della vasca al suo interno, immergendo una mano nell'acqua ancora calda. Sana allora spostò il viso dal suo braccio, voltandosi verso di lui che l'aveva già anticipata. Si ritrovarono a pochi centimetri di distanza e Sana, come le succedeva ogni volta che si trovava così vicina a lui, come le era successo negli ultimi giorni della sua vita, aveva iniziato a fremere all'idea di sentirlo di nuovo addosso.
Sentì le sue dita spostarsi sulla guancia, risalire lungo il profilo dello zigomo fino a finire tra i capelli bagnati, spostando un'intera ciocca dietro la nuca. Akito ristagnò le sue dita in quel punto e Sana non riusciva a staccare gli occhi dai suoi, schiudendo le labbra in un viso che sentì totalmente catturato. Quasi non si accorse che in realtà lui la stava attirando a sé, finché non sentì il sapore della sua bocca che si insinuava nella sua, spingendo la lingua contro le sue labbra.
Il sapore che sentì Akito sulla bocca era un misto di sapone e di lei, gli sembrò che le sue labbra scivolassero sotto i movimenti della sua lingua, e gli venne voglia di mordergliele afferrando il labbro inferiore con i denti. Lei sorrise, sfilando un braccio dall'acqua della vasca, che si poggiò su di lui, le dita tra i suoi capelli bagnandoglieli appena. Ma Akito non se ne accorse nemmeno perché la sua attenzione era finita altrove, in un punto indistinto all'interno della vasca, dove aveva iniziato a far vagare la sua mano.
E trovò la sua coscia piegata in ginocchio sul fondo della vasca, la sfiorò con la punta delle dita generando una piccola onda di cui entrambi percepirono solo il rumore, poi la afferrò risalendo con la mano fino al ventre.
Sana sussultò appena per quel tocco inaspettato, ma lui non le permise di separarsi dalle sue labbra continuando a baciarla, mentre la sua mano vagava sott'acqua scendendo nuovamente lungo il ventre fino ad insinuarsi tra le cosce. Allora Sana appoggiò un braccio contro il bordo della vasca e aprì appena le gambe per offrirgli nuovamente via libera alla sua intimità.
Sentì le sue dita farsi largo lentamente dentro di lei, generando anche un piccolo moto ondulatorio dell'acqua. Allora le uscì un gemito che lui soffocò subito con la bocca, perché ebbe come l'estrema necessità di avere anche quello di lei. E si sentì eccitato nel sentirla sospirare pesantemente sul suo viso, nell'avvertire come il suo corpo rispondesse ogni volta percependosi finalmente un tassello messo esattamente nel posto giusto.
«Hayama...» gemette lei in un attimo in cui il rincorrersi delle loro lingue si era attenuato.
«Mh.» mugugnò lui senza prestarle veramente attenzione, completamente concentrato sulle dita che avevano iniziato a solleticarle l'intimità, per poi farsi largo più a fondo, ma senza penetrarla del tutto. Sana cercava in qualche modo di riprendere la ragione che, si rese conto molto presto, era finita probabilmente sul fondo di quella vasca piena di acqua e sapone, insieme alla mano di Akito che non la smetteva di torturarla.
«Farò tardi...» cercò di protestare lei, ma a quell'affermazione non ci credeva nemmeno più di tanto.
«Mh.» ripeté lui, usando lo stesso tono di poco prima.
«No, sul serio...» ci riprovò, ansimando sulla sua bocca. Ma ogni tentativo si era rivelato inutile e Sana si arrese completamente, schiudendo le labbra solo per accogliere la lingua di Akito e nient'altro. Lui allora infilò un dito dentro di lei e la sentì gemere più forte, quasi come a seguire i movimenti della sua mano dentro di lei, e si sentì ancora più eccitato tanto da recuperare il braccio di Sana che gli cingeva il collo, afferrandola poi per il polso. La attirò verso il basso e lei si lasciò guidare, in un movimento che eccitò ancora di più anche lei, perché Akito raggiunse la sua erezione con la mano di Sana.
In quel momento, nell'esatto istante in cui lei infilò le sue dita nei pantaloni di Akito, aumentò anche l'intensità dei loro baci, il cui ritmo iniziò a seguire quello dei gemiti di entrambi. Allora Sana strinse le dita intorno alla sua erezione, iniziando a muovere la mano in un ritmo lento ma intenso, arrivando a sincronizzarlo con quello della sua mano, completamente persa dentro di lei.
Fu Sana a percepire per prima l'arrivo del piacere e nell'attimo prima di raggiungere l'orgasmo, strinse i capelli di Akito così forte da sentirgli fare uno strano verso che morì poi nella sua bocca. Il suo corpo fu percosso da mille spasmi e tremori che si mischiarono alle onde dell'acqua provocate dal movimento della mano di Akito dentro di lui, e quando proprio quel movimento rallentò di velocità Sana comprese che anche lui stava raggiungendo l'apice del piacere. Allora sfilò la mano dalla sua intimità e la spostò sulla coscia, fino ad arrivare alla natica che le strinse forte, nel momento in cui raggiunse finalmente l'orgasmo.
In quei due giorni passati insieme nell'appartamento di Akito, fuori da ogni mondo e da ogni logica conosciuta, lui aveva sperimentato molte volte quella sensazione amara, ma felice di lasciar andare le cose ogni volta che aveva avuto un orgasmo insieme a Sana. Aveva sentito ogni volta la sensazione di rinuncia nell'esatto istante in cui il suo corpo lo avvertiva dell'imminente arrivo del piacere, e aveva sentito dentro di sé quell'amara felicità di aver raggiunto qualcosa che designava anche la fine di un percorso bellissimo. Sapere di poter provare quella sensazione insieme a lei ogni volta che voleva gli aveva donato una strana forma di onnipotenza, che sentiva scorrergli nelle vene ogni volta che anche lei gemeva così forte sotto le sue mani. E non si era nemmeno domandato troppe volte se anche lei provasse lo stesso, perché parte di quell'onnipotenza era dovuta alla sintonia che stavano mettendo in piedi ora dopo ora, giorno dopo giorno.
E se pensava che, in realtà, erano trascorse solo quarantotto ore da quando lei gli era piombata in casa, si sentiva ancora più padrone della sua felicità.
Osservò le spalle di Sana sollevarsi e abbassarsi in un ritmo che discendeva sempre di più, allora le baciò proprio quel punto chiudendo gli occhi, e accarezzandole un braccio ancora per metà intrappolato nei suoi pantaloni grigi.
«Si è fatto tardi sul serio...» sussurrò lei, con la guancia appoggiata alla sua spalla.
«Be', adesso puoi andare se vuoi.» fece lui, in tono ironico.
Allora Sana si allontanò di scatto dalla sua spalla e gli osservò l'espressione sul viso, chiudendo il suo in un broncio corrucciato.
«Che pervertito che sei.»
Lui però sorrise, perché si rese conto di quanto gli fosse mancata la capacità che lei aveva di far parlare tutto il suo viso al posto delle parole. Sana era una persona che parlava tanto, dicendo anche mille sciocchezze secondo il suo punto di vista. Ma se c'era una cosa che adorava di lei era quell'inconsapevole difficoltà nell'evitare di fare parlare ogni singolo punto del suo viso e, all'improvviso, si rese conto di aver imparato a leggere un linguaggio che lei aveva cercato di decodificare per lui già molto tempo prima.
Allora Akito alzò lo sguardo e le accarezzò il viso, finendo con le mani tra i suoi capelli che iniziavano ad asciugarsi da soli.
«Vuoi che ti accompagni? Anche se con l'auto ci metteremmo il doppio.» constatò lui.
«No, non c'è bisogno che mi accompagni e io devo sbrigarmi. Le ragazze mi avranno data per dispersa. Anzi, mi passi l'asciugamano?» disse lei, di fretta, allungando una mano in direzione dell'indumento che aveva appoggiato un po' troppo lontano dalla vasca. Allora lui ritirò il braccio dalla vasca lasciando andare anche la mano di Sana dai suoi pantaloni e si alzò, prendendole l'asciugamano. Aspettò che lei uscisse dalla vasca, aprendo l'asciugamano per accoglierla e nemmeno dopo aver imparato a memoria ogni dettaglio del suo corpo, riuscì a non guardarla tutto il tempo mentre lei, invece, cercava solo di coprirsi per non sentire ancora più freddo. Quindi Sana lo guardò leggermente confusa, ma con un sorriso in viso.
«Che fai?»
«Ti guardo Kurata.»
Nonostante in quei due giorni si fossero esplorati fisicamente in ogni loro piccolo centimetro di corpo, Sana non riuscì ad evitare di sentirsi leggermente imbarazzata per quel commento. Akito se ne accorse, e le diede un veloce bacio sulla guancia, stringendole le spalle rinchiuse nell'asciugamano già inumidito.
«Muoviti, la tua lentezza sta facendo far tardi anche me.» le disse, strizzandole un occhio prima di allontanarsi dalla vasca.
«Ehi!» protestò Sana, ma Akito era già sparito dal bagno. Allora lei rimase qualche minuto immobile, avvolta dall'asciugamano, pensando ai giorni appena trascorsi.
Aveva mandato solo un messaggio ad Hisae per dirle che non sarebbe tornata a casa, che aveva rivisto Hayama e che le avrebbe raccontato tutto al suo ritorno. Le era sembrato necessario restare con lui quanto più tempo potesse, perché entrambi avevano bisogno di capire la forma di quella nuova dimensione. In più, si erano completamente persi, l'uno nell'altro, erano arrivati ad un punto tale da non essere più in grado di slacciare i confini tra loro, di non capire più dove finisse lei e dove iniziasse lui. E sapeva bene che quell'aspetto non sarebbe riuscita a spiegarlo ad Hisae, né tantomeno a Naosuke, che le aveva mandato un messaggio vocale in cui lanciava un urlo quasi disumano, spingendo Sana ad ascoltarlo da sola in bagno, mentre Akito già dormiva nella camera accanto.
Decise di vestirsi, con gli abiti che aveva ormai da due giorni, per quanto in realtà li avesse indossati, e raggiunse Akito in cucina con i capelli ancora umidi. Lo vide trafficare al cellulare, appoggiato al mobile dei fornelli, e un'espressione corrucciata in viso. Le sembrò completamente assorto che quasi ebbe il timore di risvegliarlo con il rumore dei suoi stessi passi.
Poi lui alzò lo sguardo dallo schermo del cellulare e la vide.
«È successo qualcosa?» chiese lei, avvicinandosi di qualche passo.
«No, ho riacceso ora il cellulare.» le disse, continuando a mantenere però la stessa espressione corrucciata in viso. Lei spostò il viso di lato, facendo ancora qualche passo verso di lui cercando di capire cosa gli passasse per la testa. Alla fine, quel tassello non era ancora riuscita a posizionarlo nel giusto posto, ma comunque pensò di avere abbastanza tempo per imparare a farlo.
«Mh, d'accordo. Brutte notizie?» insistette lei.
«Roba di lavoro. Oggi verrà la nostra pubblicitaria al locale per una riunione.» la informò, rimettendosi il cellulare in tasca.
«Ah ok. Ed è un male? Hai una faccia...»
«No, ma siediti.»
«Perché?» chiese lei, con una strana impazienza mista a disagio. Sentì la bolla di felicità ritrovata ingigantirsi di nuovo intorno a loro.
«Siediti Kurata, per favore.» disse lui, con il suo solito tono, noncurante delle domande di lei. Allora lei si sedette, senza distogliere lo sguardo da lui nemmeno un istante. Akito poi fece la stessa cosa, raggiungendola al piccolo tavolo di legno della cucina. Si guardò le mani per un istante, riordinando nella sua testa le parole giuste da usare affinché quel racconto non scaturisse ulteriori incomprensioni. Il fatto di doverle dire di Mako era qualcosa che non gli andava minimamente a genio, perché sapeva che la sua posizione lavorativa all'interno del locale avrebbe fatto storcere il naso a Sana. Ma, allo stesso tempo, gli andava ancora meno di mentirle o tenerla all'oscuro di qualcosa che per lui non aveva la minima importanza.
Voleva solo evitare di fare altre cazzate.
«Questa donna lavora con noi da molto tempo ormai. Cura il marketing e la pubblicità del locale, è in gamba alla fine.»
Sana continuava a guardarlo confusa, cercando un codice di interpretazione per quell'improvviso discorso.
«Senti... andrò dritto al punto. Non mi va che tu sia all'oscuro di quello che è successo in questi mesi, né tantomeno voglio creare situazioni ambigue. Tra me e Mako c'è stata una specie di relazione... niente di importante in verità, che non sarebbe mai andata da nessuna parte.» disse lui, cercando di mantenere un tono tranquillo, ma Sana sbatté le palpebre un paio di volte. Poi corrugò la fronte e lui ebbe lo strano presentimento di doversi difendere da qualcosa che non avrebbe comunque capito.
«Oh. Quindi sei impegnato?» domandò lei.
«Come?» fece lui confuso.
«Tu, sei impegnato con questa Mako?»
Allora Akito si passò una mano tra i capelli, per poi stringersi le tempie leggermente disperato.
«No Kurata, no che non sono impegnato. In cosa dovrei esserlo?» chiese più che altro in modo retorico. Ma Sana sollevò le spalle.
«Bo, non lo so. Dimmelo tu... poi me lo dici ora, che devo andarmene perché ho fatto tardi. Hai avuto due giorni per parlarmene.» disse aumentando di poco il tono della voce e alzandosi dalla sedia. Akito però scattò in avanti e la prese per un polso.
«Sai com'è, volevo fare altro. Cinque minuti Kurata, le tue amiche non moriranno...»
«Magari sì invece, che ne sai?»
Allora lui alzò gli occhi, e la lasciò andare osservandola, frustrato, mentre si defilava in corridoio. Sbuffò, alzandosi poi a sua volta e percorrendo i suoi stessi passi fino a trovarla nella sua camera da letto.
«Mi ascolti? Invece di fare l'isterica...»
«Non faccio l'isterica Hayama. Sono in ritardo.»
«Non vorrai iniziare questa cosa così? Correndo e aspettandoti che io ti insegua?» disse lui, appoggiandosi all'uscio della porta e incrociando le braccia sul petto. Si sentiva già privo della poca pazienza di cui disponeva.
«Iniziare... questa cosa?» fece lei, mentre racimolava le sue cose per poi avvicinarsi alla porta della stanza. Studiò attentamente la situazione per trovare il modo di oltrepassarlo e raggiungere il corridoio.
«Ti fermi per favore? Voglio che tu sappia quello che è successo in questi mesi e che io con lei ci devo parlare, perché non è solo una che mi sono portato a letto. Quella con noi ci lavora, e non la posso mica cacciare?» disse con convinzione, rendendosi conto troppo tardi che quelle parole non avevano fatto esplodere il cuore di Sana di gioia.
«Va bene Hayama, parlaci. Capisco che tu non sia stato a rigirarti i pollici in questi mesi... d'altronde nemmeno io l'ho fatto.» disse lei, con una certa aria di sufficienza.
«Ah no?»
«Che ti aspettavi scusa?» gli comunicò, enfatizzando il tono di quelle parole.
«Non lo so, dimmelo tu?»
«Frequentavo un ragazzo, un tipo molto carino e simpatico.» aggiunse lei, mantenendo un tono tranquillo. Ma Hayama si sentì improvvisamente ribollire dentro, e non solo per il dato di fatto che lei in quei mesi non si era certo rigirata i pollici. Era stato il suo tono ad averlo infastidito, perché si sentì improvvisamente preso in giro.
«D'accordo Kurata, è evidente che oggi non ti va di affrontare questo discorso in modo maturo. Ne riparliamo un altro giorno, ok?» disse, cercando di controllarsi per evitare di manifestare quel fastidio in altro modo. Quindi fece un profondo sospiro, e lei lo guardò leggermente confusa.
«Quindi oggi ti vedi con lei, giusto?»
«Già.»
«Mh, capisco.»
Allora lui alzò gli occhi al cielo, sbuffando per la difficoltà che c'era tra loro di comunicare in modo normale. Ma quando lei gli passò accanto, non riuscì a trattenersi nell'afferrarle un braccio e bloccandola sotto la porta, insieme a lui.
Lei ci pensò un attimo a protestare contro quella specie di impedimento, ma poi alzò lo sguardo al suo viso e le bastò scrutare attentamente i suoi occhi ambrati e profondi. E pensò che alla fine, in realtà, fosse molto lontana dal capire il codice da usare per comprenderlo.
«Credo che dovremmo fidarci Kurata. Altrimenti non andremo da nessuna parte.» le disse deciso, allentando poi la stretta sul suo braccio. Lei osservò quel gesto, prima di tornare a fissare il suo viso che non si era mosso nemmeno di un millimetro.
In fondo, pensò, Akito aveva ragione. Per quanto provasse una rabbia immensa dettata da un'irrazionale gelosia nei suoi confronti, mentre navigava in un mare incognito che era rappresentato dai mesi in cui erano stati lontani, avrebbe dovuto fidarsi e ascoltarlo.
Allora sospirò rilassando le spalle.
«Hai ragione Hayama. Ne riparliamo un altro giorno, ok?» fece lei, svincolandosi dalla sua presa per poi andare in corridoio. Akito si voltò seguendola con lo sguardo.
«Quindi i piani per stasera sono saltati?» le chiese, infilandosi le mani nelle tasche dei pantaloni.
«Io ora sono un po' arrabbiata.»
«D'accordo, fa' come ti pare.» le disse, dandole le spalle e defilandosi in camera sua. Sana osservò il corridoio vuoto davanti a sé, pensando che quella cosa, come l'aveva definita lui, non era affatto iniziata nel migliore dei modi.

***

Quando Sana infilò le chiavi nella porta dell'appartamento che condivideva con Hisae e Mizuki, dovette spingere con più forza del normale, domandandosi quale fosse l'ostacolo che le impediva di entrare a casa sua.
Quando riuscì ad aprire completamente la porta si rese conto che l'impedimento era un sacco a pelo blu scuro che si era incastrato proprio sotto l'ingranaggio dell'ingresso. Sana spostò lo sguardo lungo il corridoio, notando una serie di indumenti misti ad oggetti sconosciuti disseminati un po' ovunque. Non fece in tempo ad entrare che sentì un rumore provenire dal salotto cucina.
«Mizuki, cazzo!»
«Hisae?»
«Ah Sana, sei tu.» disse, abbassando il tono di voce di qualche decibel. Sana lanciò la borsa e il cappotto sul divano del soggiorno, per poi sedersi a sua volta, non curandosi minimamente del disordine che regnava in casa loro.
«Guarda cosa hanno fatto quei trogloditi degli amici di Mizuki... altro che pacifisti.» si lamentò raggiungendo Sana sul divano.
«Mamma mia, meno male che sono fuggita. Avrebbero distrutto anche me.» disse con un sorriso ironico.
«Già. A proposito, non penserai di cavartela con quel ridicolo messaggio? Finalmente Sana, stavamo aspettando questo momento da tempo ormai.»
«Sul serio?» fece lei, con un'espressione sorpresa.
«Certo. Ma che pensi, che sono stupida?»
«Be' no, ma non pensavo che tu avessi capito che ci pensavo ancora.»
«Ah no? E secondo te, quando ti dicevo che era con Shoji che non volevi stare, a chi pensavi che mi riferissi poi?»
«Oh.»
«Esatto. Oh che bello, hai una faccia così bella Sana. Dovresti vederti allo specchio.» disse Hisae, stringendosi nelle spalle e regalando un sorriso radioso alla sua amica. Questi pensò in realtà che non si sentiva così felice da tantissimo tempo e, nonostante la discussione avuta con Hayama prima di lasciare il suo appartamento, non si sorprese affatto che Hisae pensasse quelle cose. Tuttavia, si rese conto che proprio quella discussione aveva leggermente sporcato quella nuvola di gioia che le viaggiava sulla testa.
«E ora che hai?»
«Niente, è che abbiamo litigato stamattina.»
«Di già? Dovreste fare più sesso probabilmente.»
A quell'affermazione Sana abbassò appena la testa, sentendosi leggermente imbarazzata.
«In realtà non abbiamo fatto altro.»
«Ottimo, amica mia. Per questo sei radiosa oggi. E perché avete litigato?»
Allora Sana le raccontò quello che era successo quella mattina a casa di Akito, della sua pubblicitaria e di quella specie di prima, strana discussione avuta con lui.
«Be' scusa, ma anche tu hai avuto altre relazioni. Che ti aspettavi?»
«Con Shoji ci sono uscita solo due volte comunque.»
«E di Kei cosa mi dici, invece?»
«Be' anche lui non è che abbia contato poi molto.»
«E questa pubblicitaria per Hayama conta qualcosa invece?»
Sana alzò lo sguardo al cielo, come a trovare la concentrazione giusta per riflettere su quella frase, poi si puntò un dito al mento e guardò Hisae di sottecchi.
«Lui dice di no.»
«E fidati di lui allora. È successo tutto quel casino l'anno scorso, vi siete persi di vista per così tanto tempo e ora vi siete finalmente ritrovati. Vuoi vedere che per lui tu non sia importante?»
Allora Sana rimase in silenzio, ripensando alle parole di Hayama riguardo la fiducia e il fatto che avrebbero dovuto averne a vicenda, altrimenti non sarebbero andati da nessuna parte.
«Hai ragione sono una cretina.»
«Bene, mi rimangio tutto quello che ho detto sul fatto che ti sia svegliata.» le disse Hisae con un sorriso perché, in fondo, si rese conto che la vera essenza della sua vecchia amica le era mancata molto in quei mesi, considerando il fatto di voler fare volentieri a meno di certi aspetti che in realtà, non le appartenevano.
Sana era una che aveva bisogno di tempo per capire le cose, e ad Hisae quell'aspetto andava bene così.
«Hisae...»
«Mh.»
«Devo dirti una cosa. Devo chiederti scusa, perché so di avere un ruolo importante nella rottura con Toshio.»
Nell'udire quelle parole, Hisae non potette fare a meno di trattenere una risata, pensando che se Sana non avesse avuto quell'espressione così affranta in viso, non si sarebbe nemmeno trattenuta.
«Scusa, e in che modo?»
«Be', lo so che il fatto che tu abbia scelto di starmi vicina dopo quello che è successo vi ha allontanati e...»
«Ferma, ferma! Tu sei davvero convinta che noi due ci siamo lasciati per questo motivo?»
«Hisae io...»
«Ma no, sei completamente fuori strada. Se io e Toshio abbiamo deciso di chiudere la nostra storia, è stato semplicemente perché non eravamo più innamorati. Sana... io e Toshio non facevamo l'amore da mesi. Nemmeno me la ricordo l'ultima volta in cui uno dei due ha avuto voglia di toccare l'altro.»
Sana osservò attentamente il viso di Hisae mentre parlava, aspettandosi un brusco cambiamento che, in realtà, non avvenne mai. E si sentì anche un po' a disagio per averle detto che lei e Hayama non avevano fatto altro che fare l'amore in quei due giorni in cui lei era rimasta a casa sua.
E, di colpo, sentì un'improvvisa mancanza.
Avrebbe voluto cancellare quello stupido litigio e correre da lui, di nuovo, e perdersi nelle sue braccia.
«Io non... lo sapevo. Scusami.» ammise, abbassando lo sguardo sulle ginocchia.
«Ma figurati. Non c'è nessun motivo più grande di noi Sana. È stata dura ammetterlo, perché io l'ho vista un po' come un fallimento... ma quando è successo il casino con Gomi, ci siamo allontanati di proposito. Succede.»
Allora Sana si allungò verso di lei, cingendole le spalle in un abbraccio che ad Hisae, in verità, fece più piacere di quanto non si aspettasse.
«Comunque, ora fai quello che devi fare e poi risolvi con Hayama. Non posso sopportare altri dieci mesi come questi.» le disse, prendendola in giro. Ma Sana non ci badò perché si sentiva talmente bene, tra le sue braccia, che avrebbero potuto dirle qualsiasi cosa. Le sarebbe rimasto quel sorriso stampato in viso, nonostante tutto.
Dall'altra parte della città, Akito si sentiva arrabbiato per una serie innumerevole di ragioni.
La prima riguardava Sana e quello che era successo a casa sua quella stessa mattina. Nonostante lui avesse cercato di dirle le cose come stavano, lei si era comportata comunque come una bambina capricciosa. E se c'era qualcosa che lo faceva imbestialire, era proprio quell'aspetto di lei.
Il secondo motivo riguardava i toni che aveva usato nel sottolineare quanto il ragazzo che frequentava fosse carino e simpatico.
Si rese conto di non aver mai provato quella forma di rabbia. Per tutto il giorno, non aveva fatto altro che immaginare questo fantomatico tizio carino e simpatico, e si sentì ribollire dentro di una strana rabbia senza nome.
Quando lei stava insieme a Gomi era riuscito in qualche modo a sentirla comunque vicino, percependo come unico ostacolo la sua stessa incapacità di farle vedere certe cose. E gli sembrò così assurdo che proprio in quel momento, dopo essersi ritrovati e aver passato le quarantotto ore migliori della sua vita, si era ridotto ad essere geloso di un tizio che non aveva mai nemmeno visto in faccia.
In ultimo, era furioso all'idea di dover affrontare la faccia compiaciuta di John, fautore di quell'incontro e, soprattutto, voce della sua coscienza che in più di un'occasione lo aveva messo in guardia dall'instaurare un qualsiasi tipo di rapporto privato con la loro pubblicitaria.
«Dannato John!» imprecò, nemmeno troppo a bassa voce. E il fatto di essere praticamente arrivato all'Old Boy non gli impedì certo di farlo.
«Akito, sei tornato tra i vivi.» disse proprio John, una volta varcata la soglia del locale.
«Già.»
«Akira è molto contenta sai? Credo che sia il miglior negozio di tolettatura di Tokyo. Che ne pensi tu, eh?» disse, con fare ammiccante. In effetti Akito pensò che quando gli aveva riconsegnato il suo cane due giorni prima era stato talmente veloce a fuggire via, dicendogli di avere un problema e di non poter lavorare quella sera, che John non aveva proprio avuto modo di sparare le sue battute. E quella era una cosa che lui si aspettava come il sorgere di un nuovo sole ogni mattino.
Tuttavia il fatto che John si vide bene dall'essere troppo diretto lo mise in guardia, spingendolo a voltarsi alle sue spalle, dove trovò Mako in piedi in un sorriso provocatorio. La osservò per un secondo, pensando al fatto che non avrebbe mai più potuto avere qualcosa a che fare con quella donna.
Mako mise una gamba avanti all'altra, mostrando un profondo spacco laterale che divideva la sua gonna nera a tubino quasi a metà. I suoi tacchi a spillo riecheggiarono contro le pareti del locale, finché non giunse proprio davanti ad Akito, appoggiato al bancone.
«Ti ho cercato. Che fine hai fatto?» sussurrò lei, scostandosi una ciocca di capelli dalla spalla. Akito la guardò in un modo che a lei evidentemente non piacque, perché corrugò la fronte.
«Dobbiamo parlare.» esordì lui, appoggiando un gomito sul bancone. Aveva la strana percezione che lei si fosse avvicinata ancora di più.
«Ragazzi, che ne dite di sbrigare subito questa riunione? Io avrei delle cose da fare prima dell'apertura.» li interruppe John, mettendosi esattamente davanti a loro.
«Ma certo John. Possiamo iniziare anche subito.» fece Mako, spostando lo sguardo su Akito, che si sentì nuovamente una specie di parente alla lontana dello scemo del villaggio.
In realtà quella riunione durò veramente poco, perché sia John che Akito si trovarono subito d'accordo su quelli che secondo loro erano i punti deboli dell'idea di Mako. Quest'ultima, ad un certo punto, concentrò la sua attenzione su Akito, che stava giocherellando distrattamente con una matita sul tavolo, completamente sprofondato nello schienale della sedia.
Mako si domandò cosa volesse dirle, anche se il suo scopo principale era quello di raggiungerlo nel suo appartamento e fare tutto tranne che parlare di chissà cosa.
Pensò che in quei giorni di silenzio, avrebbe voluto andare da lui e perdersi nel suo corpo.
«Siamo d'accordo, quindi. Mako, pensi di riuscire a fare queste modifiche in tempo?» la voce di John interruppe i suoi pensieri.
«Ma certo.»
«Allora signori miei, io vado via perché sono già in ritardo. Acchan, occupati di mio figlio.» disse lui, mettendogli una mano tra i capelli per scompigliarglieli un po'.
Mako sorrise divertita, ma Akito non fece una piega.
Ma quando furono soli, lei si alzò dalla sedia su cui era seduta e si avvicinò ad Akito, appoggiandosi con i fianchi sul tavolo e accavallando le gambe esattamente sul viso dell'altro.
«Mako... perché non ti siedi su una sedia?»
«Perché ci sono stata finora. Ho bisogno di sgranchirmi le gambe.» disse lei, allungando poi le gambe davanti ad Akito.
«Allora fa' come ti pare. Però sappi che non puoi più chiamarmi e venire a casa mia quando ti va.» disse alzandosi in piedi a sua volta.
«Perché no? Era proprio quello che volevo fare stasera, Acchan.» disse, scimmiottando il tono usato poco prima da John.
Akito non seppe spiegarsi perché quella sua uscita gli diede così fastidio, stava di fatto che quando vide la sua mano allungarsi verso i suoi capelli, si allontanò bruscamente.
«Ma che ti prende?» domandò lei, in un sorriso stranito.
«Questo non possiamo più farlo Mako, perché nella mia vita c'è una persona ed è importante.» disse lui di getto, con la più forte delle convinzioni mai sentite in vita sua.
«Oh... capisco.»
«Mi dispiace... io credo che tu sia brava nel tuo lavoro, la migliore e non vorrei che ci fosse imbarazzo tra noi.»
«Ma figurati.»
Allora Akito si sentì sollevato. Si era stranamente convinto che quell'incontro si sarebbe rivelato più complesso, ma poi si sentì più leggero all'idea di essersi sbagliato.
«Guarda che io non voglio niente da te.» disse lei, avvicinando una mano al suo petto. Fece passare poi l'indice lungo il busto, fino ad arrivare alla pancia, quando Akito la fermò interrompendo quel tocco.
«Mako...»
«Anche io sono impegnata.» disse lei, sventolandogli la fede sotto il naso, «Siamo sempre stati bravi a nasconderci.»
«Sì, ma io non ho nessuna intenzione di farlo ancora. Né tantomeno di tradirla.»
«Quindi ti sei trovato una fidanzata importante in meno di due giorni.» commentò lei, con una punta di risentimento. Hayama la osservò, perché capì esattamente il tono da lei usato.
«Lei è sempre stata importante. Ma questi sono affari miei.»
Mako allora si allontanò, guardandolo con una strana espressione confusa. Probabilmente per lei era passato così tanto tempo dall'ultima volta che aveva associato quell'aggettivo ad una persona, che non seppe quantificare veramente la portata di quella frase. Ma quando vide gli occhi di Akito cambiare totalmente nel momento in cui si erano spostati verso l'ingresso del locale, si rese conto di quanto in quel momento la sua presenza lì fosse superflua.
«Hayama...» la voce di Sana arrivò ad entrambi quasi distorta, perché questi si era sentita inizialmente forte al pensiero di raggiungerlo lì in quel momento. Tuttavia vedere quella donna bellissima, in piedi davanti ad Akito le fece sentire le gambe incredibilmente molli.
Ma Akito si allontanò da Mako in un secondo.
«Kurata.» lui la chiamò con decisione, perché l'espressione sul viso di Sana non gli piaceva neanche un po'.
«D'accordo Hayama, vi farò avere i progetti per la prossima settimana. Salutami John.» intervenne Mako, afferrando il cappotto e la borsa che aveva appoggiato sullo schienale della sedia dietro di loro. Si avviò verso l'uscita, salutando Sana con la mano sulla quale era ben visibile la sua fede nuziale d'oro.
Rimasti soli, Akito fece qualche passo verso Sana, senza spostare gli occhi da lei. Si domandò come fosse possibile sentire la mancanza di una persona dopo solo poche ore di lontananza.
«Quella è Mako?»
«Esatto.» fece lui, trovandosi ormai vicinissimo a lei.
«Ma è sposata...»
«Già.»
«Hayama, ma...»
«Kurata, ti prego. Non vorrai iniziare di nuovo con questa storia? Abbiamo parlato, le ho detto di te, che sei la cosa più importante che abbia e che non ho intenzione di tradirti o di farti soffrire. Sono stato uno stupido, perché lei con noi ci lavora... ma io non ci stavo con la testa.»
«D'accordo Hayama. Non parliamone più.» disse lei, facendo emergere lentamente un debole sorriso.
«Ok, d'accordo.»
Allora Sana fece un passo verso di lui, sollevandosi appena sulla punta delle scarpe. Avvicinò il viso al suo collo, ispirandone il profumo. Lui abbassò la testa, poggiando una mano dietro alla sua schiena. La fece poi risalire fino alla nuca, eseguendo la stessa operazione con l'altro braccio. Così, in breve tempo, Sana si ritrovò nuovamente tra le braccia di Akito e non aveva nessuna intenzione di allontanarsi da lì.
«Kurata?»
«Mh.» mugugnò lei, con il viso nel suo petto.
«Mi spieghi chi sarebbe questo tizio carino e simpatico?»
«Oh, quello? Mah, nessuno di importante in realtà.» disse lei compiaciuta.
«Sei geloso?» aggiunse poi, con un sorriso, staccandosi appena da lui per cercare il suo sguardo. Akito però, che si sentì improvvisamente in imbarazzo, le mise una mano sulla testa nascondendo nuovamente il suo viso nel suo petto.
«Sei geloso!» esclamò.
«Ma che dici.»
«E invece è proprio così.»
Akito sospirò, avvicinando poi le labbra al suo orecchio. Sana sentì il suo respiro solleticarle un lobo, prima di avvertire un brivido sulla nuca quando la sua lingua glielo leccò appena.
«Semplicemente impazzisco all'idea che qualcun altro ti abbia toccata. Ma suppongo che dovrò imparare a conviverci...» le sussurrò all'orecchio.
Sana avrebbe voluto che lui continuasse a baciarla, a sussurrarle parole dolci all'orecchio, nonostante la dolcezza di Hayama fosse leggermente fuori dal comune. Ma il rumore della porta d'ingresso del locale che si apriva fece sussultare entrambi.
«Oh che tutte le divinità in cielo e in terra siano lodate. Finalmente ti sei svegliato Acchan!» esclamò John, congiungendo le mani.
Sana si voltò verso di lui e gli sorrise, questa volta senza nessun imbarazzo o velo di tristezza sugli occhi.
«Sana-chan, dimmi che sei vera e che sei tu.» le disse, spalancando le braccia. Sana fece rapidamente qualche passo in avanti verso di lui, lasciando Akito appoggiato al bancone. Questi incrociò le braccia, corrugando la fronte.
«Ma perché non la smettete?» commentò lui, suscitando una risatina in John.
«Non puoi capire quanto io abbia aspettato questo momento. Ho perfino pensato di rivolgermi ad uno sciamano per farlo smuovere a questo qui.» John continuò a prenderlo in giro, affondando il viso nel collo di Sana.
«Be' comunque non è cambiato in questi mesi. Continua ad essere un orso.» gli fece eco lei, stringendo John a sua volta.
«Oh per quello ci vorrà tempo. È già un miracolo che tu sia qui... non pretendo così tanto da lui.»
Akito percepì la sua pazienza esaurita, così si staccò dal bancone e raggiunse i due abbracciati, che sembravano voler stare in quella posizione ancora a lungo. Afferrò quindi le braccia di John staccandole dalle spalle di Sana, per poi spingerlo via di qualche passo.
«Ma tu non hai niente da fare oggi?» gli domandò inacidito. Allora Sana si voltò verso di lui, afferrandogli il mento tra le mani e sorridendogli.
«Non essere così acido però.»
E a John non sfuggì il modo in cui Akito guardò Sana. Osservò attentamente quegli occhi che gli erano sembrati così freddi per tanto tempo, trasformarsi in qualcosa che vedeva la luce per la prima volta. E si sentì felice, per entrambi, ma soprattutto per Akito che sembrava aver trovato finalmente la forza di dire a se stesso che anche quelli come lui meritavano la felicità.
Allora sorrise nel vederli insieme, ma non riuscì comunque a trattenersi.
«Propongo una serata in onore di questo avvenimento storico. La chiameremo: Acchan si è svegliato ed è uscito dalla caverna.»
Allora Akito alzò gli occhi al cielo, sbuffando. Depositò poi un bacio veloce sulle labbra di Sana prima di andarsene verso il retro del locale.
«Mi hai scocciato John.» disse da lontano.
«È imbarazzato, ed è così tenero.» commentò, rivolgendosi a Sana. Si sentiva felice e finalmente poteva alleggerire quel senso di responsabilità che sentiva nei suoi confronti perché, ormai, Akito per lui era soltanto il suo migliore amico.


[...] C'è tanta gente infelice che tuttavia non prende l'iniziativa di cambiare la propria situazione perché è condizionata dalla sicurezza,dal conformismo, dal tradizionalismo,
tutte cose che sembrano assicurare la pace dello spirito,
ma in realtà per l'animo avventuroso di un uomonon esiste nulla di più devastante di un futuro certo.
Il vero nucleo dello spirito vitale di una personaè la passione per l'avventura.
La gioia di vivere deriva dall'incontro con nuove esperienze,
e quindi non esiste gioia più grandedell'avere un orizzonte in costante cambiamento,
del trovarsi ogni giorno sotto un sole nuovo e diverso.
Non dobbiamo che trovare il coraggio di rivoltarci contro lo stile di vita abituale
e buttarci in un'esistenza non convenzionale [...]

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