Capitolo 11

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Il tragitto che la separava dalla classe di sociologia generale sembrava essere diventato più lungo del solito.
Sana camminava decisa, continuando a stringere in una mano il bicchiere con il caffè preso al distributore divenuto ormai freddo. Il caramello e il latte condensato si erano ridotti ad una macchia chiara indistinta e il cacao si era definitivamente sciolto nel liquido scuro, ma lei non se ne accorse nemmeno perché di quel caffè non aveva bevuto nemmeno un misero sorso. L'altra mano invece era impegnata ad asciugare qualche lacrima fuoriuscita senza preavviso dopo l'incontro con Akito. Tirava su col naso e si asciugava gli occhi con il dorso della mano, mantenendo comunque un'espressione arrabbiata in viso. Perché Sana era decisamente arrabbiata, e lo stato emotivo in cui era ripiombata dopo la questione cineteca non aveva fatto altro che accentuare quel sentimento.
Sbuffò, poi tirò su col naso e quando ormai si ritrovò in prossimità dell'aula si fermò di colpo, pensando che quella sarebbe stata l'ennesima prova di coraggio che avrebbe dovuto affrontare quel giorno: si domandò se alla fine Hayama si sarebbe palesato, nonostante tutto.
Al solo pensiero di doverlo rivedere le venne un improvviso vuoto nello stomaco. E tirò su col naso ancora una volta.
Fece infine un profondo respiro, l'ennesimo della mattina, e spinse la porta verso l'interno dell'aula già gremita di studenti. Ma le bastò alzare la testa verso la gradinata su cui erano disposti i banchi per vederlo, seduto quasi in cima a quella montagna di persone, con il viso completamente calato sulle pagine di un libro. Lei gli lanciò un'occhiata fugace voltandosi poi nell'istante in cui lui si era accorto del suo ingresso in aula. Allora Akito la seguì con lo sguardo, mentre lei si dirigeva verso uno dei pochi posti liberi in terza fila, dandogli le spalle e senza mai voltarsi indietro. Nemmeno una volta.
Il ragazzo si passò una mano tra i capelli e sbuffò, chiudendo di scatto il libro che in realtà stava solo sfogliando senza dedicargli la giusta concentrazione per leggerne anche solo mezza pagina. Quando il professore entrò in classe, Sana sistemò le sue cose sul banco disponendo il quaderno degli appunti un po' stropicciato proprio al centro del banchetto, accostandovi poi un paio di penne colorate, una gomma a forma di uno strano animale rosa e un blocco note con dei disegni che Hayama non riuscì a distinguere, data la distanza tra lui e la ragazza. Sorrise appena, scrutandola di spalle mentre trafficava con tutte quelle cianfrusaglie e si domandò se avesse veramente bisogno di tutta quella roba.
Ad un certo punto della lezione il professore domandò ai suoi studenti come stesse andando il compito di analisi reciproca assegnato, ricordando infine che la scadenza era ormai prossima. Infine chiese loro se avessero riscontrato dei problemi o difficoltà e se, in tal caso, avessero bisogno del suo aiuto.
Hayama allora alzò una mano.
«Prego Hayama. C'è qualche problema con il compito?» disse lui, rivolgendo il suo sguardo in cima alla fila di banchi. Nell'udire quella frase e soprattutto quel nome Sana sussultò, e si voltò di scatto verso l'ultima fila alle sue spalle, scoprendo con irritazione che Akito non le aveva rivolto nemmeno un misero cenno.
Si domandò cosa diavolo avesse in mente di fare con il professore, visto che in quel compito era coinvolta anche lei.
«Il problema è la mia partner, si rifiuta di lavorare in team.» disse, in tono tranquillo.
Se solo l'omicidio fosse stato legale, Sana avrebbe potuto dare modo alla sua più macabra fantasia di prendere forma. Si immaginò all'istante un palo infuocato su cui Hayama bruciava vivo implorando la sua pietà e lei, con una risata sadica e sinistra, che lo guardava ardere come una pagliuzza in un incendio, negandogli qualsiasi remota possibilità di rendezione. Sì, lo avrebbe decisamente bruciato vivo.
«Signorina Kurata!»
La voce tuonante del professore dissolse bruscamente le sue fantasie e Sana fu costretta a voltarsi verso il centro dell'aula.
«Cos'è questa storia? Questo è un compito di gruppo ed è di fondamentale importanza l'interazione tra i soggetti.»
Il professore si mostrò visibilmente irritato e Sana pensò che, per un'inquietante ironia della sorte, di interazione tra lei e Hayama ce ne fosse stata fin troppa, ma come poteva spiegarlo al professore? Strinse le mani a pugno e si sentì le guance andare in fiamme, soprattutto perché tutta la classe ormai aveva rivolto l'attenzione a quella dinamica in cui Sana era la sola e unica protagonista.
«Non è andata proprio così... abbiamo raccolto molto materiale per la nostra analisi...» raccontò Sana titubante, cercando di essere abbastanza convincente da far ricredere il loro professore. Ma fu tutto vano.
«In un'analisi del genere non c'è mai un limite ai dati da poter raccogliere. Lei adesso sarebbe in grado di definire il ruolo di Hayama in un gruppo?»
Sana restò qualche minuto in silenzio pensando che non avrebbe mai potuto dare una risposta decente al professore. Nemmeno se avesse smontato il cervello di Akito per esaminarne ogni singolo pezzo. Allora sospirò, mostrando palesemente la sua sconfitta a tutti.
«No, non ne sarei in grado.» ammise.
«Bene, allora si concentri su questo e porti a termine il suo lavoro di gruppo insieme al suo partner.» concluse il professore.
Sana si ricompose, cercando di non prestare troppa attenzione agli sguardi interrogativi dei suoi compagni di corso. Di sicuro le lacrime versate quella mattina, sommate a tutte quelle dei giorni precedenti, non avevano contribuito a rendere la sua cera al meglio. Inoltre si sentiva così dannatamente frustrata di non poter fare nulla per farla pagare ad Hayama che quasi i suoi occhi le si riempirono di nuove lacrime. Ma non di tristezza, bensì di rabbia furiosa che aumentò a dismisura quando pensò alla notte che avevano trascorso insieme.
Quando la lezione giunse al termine Sana iniziò a riporre le sue cose nella borsa senza seguire un vero ordine, riponendo tutto alla rinfusa e generando un notevole rigonfiamento su un lato della borsa. Hayama scese le scale e si soffermò su quel particolare. Sana si accorse subito della sua presenza, ma non disse nulla né si voltò verso di lui. Si mise semplicemente la borsa su una spalla e gli passò accanto, dirigendosi verso l'uscita dell'aula. Tuttavia, dopo nemmeno cinque passi, si fermò di scatto perché proprio non riusciva a calmare la sua rabbia.
«No, io non ci riesco.» disse, voltandosi di scatto verso di lui. Hayama si sorprese per quel brusco cambio di rotta.
«Perché l'hai fatto?»
«Perché tu sei poco collaborativa.» rispose secco.
«Ed era necessario coinvolgere il professore?»
«Be' direi di sì, se ti rifiuti di portare a termine la sua analisi.»
«Io mi rifiuto di continuare a lavorare con te.»
«Vedi? Sei poco collaborativa.» disse lui con un'alzata di spalle, gesto che fece aumentare ancora di più la rabbia di Sana.
Allora lei fece un profondo respiro e sistemò la tracolla della borsa sulla spalla.
«Andiamo in biblioteca?»
«Sei inquietante Hayama, sul serio.»
Ma lui non le rispose nemmeno e la oltrepassò dirigendosi verso l'uscita. Sana lo seguì sbuffando. Alla fine la sorte aveva voluto che lei e Akito continuassero a passare del tempo insieme. L'unica nota positiva era che almeno lei aveva smesso di piangere e quel sentimento di rabbia che continuava a provare per la figura fatta in classe proprio a causa del ragazzo in questione aveva permesso alla sua tristezza di starsene ferma in un angolo. Almeno per un po'.
Raggiunsero la biblioteca dopo aver percorso l'intero tragitto in un religioso quanto imbarazzante silenzio. Hayama fu il primo a rivolgere la parola all'altra quando si rese conto che il solito tavolo della terza sala era già occupato. Allora le domandò se le andasse bene quello immediatamente retrostante e lei annuì, con un'apatica alzata di spalle.
«Ok, cominciamo. É da un po' che non lavoriamo a questo compito.» constatò lui distrattamente, sfogliando le pagine del suo quaderno degli appunti. Sana lo guardò sconcertata. Avrebbe voluto dirgli che non lavoravano a quel compito da un po' perché entrambi erano stati impegnati in altro, tra le tante cose incasinare la loro vita sentimentale. Almeno la propria, pensò lei. Inoltre avrebbe voluto aggiungere che non riusciva proprio a capire come lui fosse in grado di fare così finta di nulla, che non fosse successo niente tra loro solo due giorni prima, e che il suo unico problema fosse finire quella stupida analisi.
Ma stette zitta e aprì il suo quaderno degli appunti. Si sentiva ancora arrabbiata, ma anche più triste di prima perché ebbe l'ennesima conferma che per lui quella notte insieme non aveva significato nulla.
Appoggiò il viso sul palmo di una mano e rivolse la sua attenzione agli appunti che aveva scritto nelle settimane precedenti. Lesse quelle pochissime nozioni che aveva annotato su Hayama, non riempivano nemmeno mezza pagina.
«Allora Kurata, da tutto quello che mi hai detto finora mi sembra che tu abbia avuto una vita facile e invidiabile...»
La ragazza alzò le spalle, cercando di mostrarsi indifferente.
«Mi chiedo se ci sia stato qualcosa che abbia invece sconvolto la tua esistenza o le tue convinzioni...»
Sana allora alzò un sopracciglio, cercando di anticipare mentalmente il punto che voleva raggiungere Akito.
«... E in che modo tu lo abbia affrontato.» concluse, guardandola negli occhi con la sua solita espressione fredda e indifferente.
«Non mi sembra pertinente al compito.»
«Ah no? Invece io penso proprio di sì. Dobbiamo capire come reagiamo alle situazioni per definire il nostro ruolo in un gruppo... più pertinente di così? Allora Kurata?»
Lei corrugò la fronte: «No, l'hai detto. Ho avuto una vita facile... non c'è stato nessun avvenimento sconvolgente nella mia vita.» disse secca, incrociando le braccia al petto.
«D'accordo.»
«Tu invece? Cosa faresti se fossi tu quello che sconvolge la vita di qualcun altro?»
Lui rimase in silenzio, mantenendo la stessa espressione.
«Ho imparato ad accettare le mie responsabilità.»
«Ah sì? A me invece non sembra proprio.»
«Ah no?»
«Mi sorprende che tu non l'abbia capito. Eppure sono io quella poco sveglia, no?»
Hayama sbuffò. In realtà aveva capito eccome, il problema era risolvere quella situazione.
«Allora è così che fai eh? Fai finta di niente... l'hai fatto con Fuka, ora con me è chissà con quante altre migliaia di ragazze. Ma non ti vergogni?»
Allora l'indifferenza di lui si trasformò in frustrazione.
«Queste tue prese di posizione iniziano ad infastidirmi sul serio.»
«Be' perché non è così?» domandò lei, con gli occhi che divennero lucidi per l'ennesima volta. A quel punto allora, Hayama si sentì confuso e irritato.
«Senti, mi sembra ovvio che in questo modo non risolveremo niente e non riusciremo a portare a termine il compito se noi...» disse alzandosi dalla sedia. Lui alzò lo sguardo sul suo viso per poi imitarla, sollevandosi a sua volta. Quando lui le fu abbastanza vicino, Sana percepì nuovamente quella sensazione di perdita dei sensi che l'aveva travolta due giorni prima. Per un attimo dimenticò tutto quello che era venuto dopo, sentendosi stupidamente felice per riuscire di nuovo a sentire il suo profumo così da vicino.
«Qui... c'è troppa gente.» disse lui conciso. Allora Sana si guardò intorno, contando la presenza di due ragazzi a pochi metri da loro e una ragazza seduta proprio al tavolo che erano soliti occupare.
«Ma che dici? Non c'è nessuno...»
«Andiamo di là.» le impose spostando lo sguardo verso gli scaffali disposti in fila al centro della sala.
«No, io di là con te non ci vengo. Chiedilo a questa tizia qui dietro, magari lei ti segue.»
«Non ho più voglia di rincorrerti.» la informò con espressione seria in viso. Allora lei dischiuse le labbra, notevolmente sorpresa per quella sua frase.
«Allora non farlo Hayama.»
«Andiamo di là.» ripeté lui, afferrandola per un braccio. Lei si lasciò trascinare oltre il tavolo, al di là dello spazio tra loro e gli scaffali su cui erano disposti decine e decine di libri. Si lasciò trascinare proprio come aveva fatto quando lui l'aveva raggiunta quella sera e l'aveva baciata per la prima volta. Sentì ancora una volta il suo cuore battere più forte per il solo fatto che lui la stesse toccando. Allora si lasciò depositare contro uno degli scaffali al buio, perché la luce naturale era ostacolata da quel labirinto di legno scuro.
Lui le si parò davanti, appoggiando poi una mano allo scaffale di legno, proprio accanto al suo viso e la guardò insistente.
Poi sospirò pesantemente e lei lo scrutò confusa.
«Io proprio non riesco a capire...» fece una breve pausa rendendo Sana ancora più confusa, oltre che nervosa.
«Da dove venga fuori questa tua convinzione che io sia uno che gioca con le persone.»
E Sana dovette raccogliere tutte le sue forze per non capitolare proprio lì davanti a lui, mentre le faceva quella specie di domanda.
«Io... ecco tu... con Fuka.»
Lui spostò per un istante lo sguardo lontano dal suo viso, cercando chissà cosa per poi tornare a guardarla.
«E poi con me...»
«Tu... sei poco sveglia Kurata.»
«Guarda che io mi ricordo cosa mi hai detto ieri mattina.»
«Me lo ricordo anche io.» disse tranquillo. Ma la vicinanza del suo viso a quello di Sana fece sì che la lucidità di quest'ultima vacillasse non poco.
«E mi ricordo che mi hai quasi obbligata a rivedere tutte le mie convinzioni.»
«Andiamo, non esagerare. E poi mi sembra che tu non abbia fatto molta fatica a farlo...»
«Be' cos'altro avrei dovuto fare eh?»
«Mah non lo so, magari essere più decisa.» questa volta il tono di Hayama si era indurito perché fu preso completamente colto da una rabbia incontrollabile.
«É quello che sto cercando di fare, sto facendo di tutto per evitare che le persone intorno a me soffrano.»
«Sei così fissata con questa storia... andiamo Sana, c'è di peggio nella vita. E tu dovresti considerare il fatto che mentire non vuol dire proteggere. Né gli altri né te stessa!»
Sana rimase a bocca aperta perché non sapeva in che modo poter replicare a quel discorso che in effetti non faceva una piega. Ma ne sarebbe mai stata in grado?
«Quando ti ho detto che non dovresti lasciarlo per me hai frainteso tutto.»
E nell'udire quella frase il suo cuore perse un battito. Ma quando la mano di lui si depositò sul suo viso, riuscendo a percepire il calore del suo corpo, si sentì mancare il respiro. Non riuscì a proferire parola, ma avrebbe tanto voluto domandargli che cosa volesse dire e di colpo spero con tutta se stessa che lui le leggesse nella mente, e provvedesse a risponderle a quella silenziosa domanda.
«Ma tu non hai detto...»
«Cosa avrei dovuto fare? Convincerti che fare l'amore con me quella notte non sia stato un errore?» le sussurrò, riducendo progressivamente la distanza tra le loro labbra. Allora Sana non protette fare a meno che concentrare il suo sguardo proprio sulla bocca di Akito perché si rese conto che baciarlo era la cosa che desiderava di più in quel momento. E vide che proprio l'oggetto delle sue attenzioni si mosse, disegnando sul viso del ragazzo un lieve sorriso. Quindi tornò ad alzare lo sguardo verso i suoi occhi incredibilmente vicini. Sentì le sue dita insinuarsi tra i capelli, dietro la nuca, che le provocarono un leggero solletico che molto presto si trasformò in un brivido che percosse il suo corpo fino al ventre. Allora inclinò il viso e quando finalmente sentì di nuovo il sapore della sua bocca, si sentì nuovamente felice. Che importava dove fossero, cosa stessero facendo o in che direzione sarebbe andata la loro vita?
Sana ebbe la strana percezione di sollievo. Quando avvertì la lingua di lui farsi spazio nella bocca per cercare la sua, sospirò profondamente e lui la strinse a sé con l'altra mano, cercando di nascondere il suo esile corpo affinché nessuno dei presenti potesse andare lì a disturbare quel momento. Tuttavia, malgrado quel goffo tentativo di nascondersi, il loro piano non funzionò e quando sentirono dei leggeri colpi di tosse provenire da un punto indistinto alle loro spalle, Hayama si staccò dalle labbra di Sana lasciandola leggermente in confusione.
«Beh? Dove pensate di essere? Alle elementari?» Fece la voce indistinta che in effetti apparteneva alla ragazza seduta proprio al loro ex tavolo.
Sana abbassò lo sguardo in preda al l'imbarazzo, Hayama invece non ebbe nemmeno il tempo di rispondere alla ragazza che questi si era già dileguarsi tra gli scaffali.
Allora lui tornò a guardare Sana e le sorrise divertito.
«Che figura.» fece lei, coprendosi il viso con le mani. Allora lui gliele afferrò dolcemente scostandole lentamente per poter liberare di nuovo le sue labbra. Quindi vi poggiò le sue in un bacio leggero per evitare l'attenzione di sguardi indiscreti.
Lei non si mosse, lasciò che lui facesse ciò che voleva con la sua bocca, ma quando sentì il gelo causato dall'improvvisa separazione dalle sue labbra, tornò alla realtà è aprì gli occhi.
«Non voglio essere il tuo senso di colpa, non voglio che tu prenda le tue decisioni così.» esordì, e inizialmente Sana non capì a cosa lui si stesse riferendo. Poi collegò quella frase a quanto si erano detti poco prima di baciarsi.
«Non voglio che tu ti senta costretta a fare qualcosa perché pensi che sia la cosa giusta. Se deciderai di lasciarlo o di fare qualsiasi altra cosa nella vita, devi farlo perché è solo e soltanto quello che vuoi. Indipendentemente da me, da Fuka o da qualsiasi altra distrazione...»
Sana pensò attentamente a cosa rispondergli, poi abbassò le braccia e pescò qualcosa alle sue spalle dallo scaffale pieno di libri su cui era appoggiata. Tirò fuori un volume, uno di quelli pesanti e da centinaia di pagine rilegati con copertina rigida in pelle. Lo scrutò rapidamente per poi sollevarlo sulla testa di Hayama che, all'istante, alzò le mani per difendersi da un imminente attacco della ragazza. Fu abbastanza veloce da bloccarle un polso.
«E non potevi dirmelo subito?»
«Tu sei scappata via, sbraitando come un'isterica. Cos'avrei dovuto fare?» domandò lui, con sguardo innocente. Ma Sana corrugò la fronte e sbuffò.
«Fermarmi Hayama.»
Lui allora le prese il pesante volume dalle mani e lo depositò su uno dei ripiani dello scaffale, senza accertarsi che fosse quello giusto. Poi si dedicò nuovamente a lei, prendendole le mani nelle sue, intrecciando le dita e stringendole forte. Sana pensò che con quel gesto lui stesse cercando di esprimere ciò che a parole non riusciva a dire.
«Perché ti sei comportato così con Fuka? Lei ora soffrirà e io non riesco ad accettare di esserne la causa...»
«Perché tutto quello che è successo, tutto quello che stiamo vivendo... non era previsto. Io non avevo previsto di essere in grado di sentirmi così...»
E allora Sana sospirò profondamente e chiuse gli occhi.
«Ho mentito prima...» continuò lei, ricevendo immediatamente la sua attenzione nonostante lei non potesse vederlo in effetti, perché stava cercando di raccogliere il coraggio necessario per quella confessione.
«Ma non ce la faccio più a dire bugie a tutte. Ora anche a te... non ne posso più. Tu mi hai sconvolto l'esistenza... e non so dirti in che modo affronterò questa cosa. Perché per la prima volta nella mia vita ho intrapreso una strada sconosciuta e non so assolutamente dove mi poterà. E non voglio che tu sia il mio senso di colpa, io... non ti ho mai visto in questo modo.»
E dopo quella serie di parole, pronunciate con tutta la fatica del mondo, Sana si sentì incredibilmente più leggera e, addirittura, contenta. Riaprì lentamente gli occhi e scoprì che quelli ambrati di lui erano inchiodati esattamente nei suoi.
Nei secondi successivi, che entrambi spesero a guardarsi intensamente, né Sana né Akito proferirono parola. E lei non ne fu arrabbiata, non sentì alcuna delusione montare dentro di sé per la mancata risposta del ragazzo. Il modo in cui la stava guardando era sufficiente a colmare qualsiasi distanza avesse mai percepito nei suoi confronti.
Poi lui disse qualcosa.
«Andiamocene da qui.»
«Ma scusa... è il compito?»
«Chi se ne frega di quella stupida analisi.» disse lui, con un sorriso sornione. Allora anche lei sorrise e lo seguì fuori dalla terza sala della biblioteca. Camminarono lungo il corridoio del piano terra della loro facoltà mano nella mano, lei sentiva la stretta di lui farsi decisa e si sentì così felice da non pensare minimamente al fatto che qualcuno potesse vederli. Non gliene importava più niente, avrebbe affrontato le conseguenze di quel sentimento che sentiva esplodere dentro di sé, qualsiasi cosa fosse accaduta. Hayama era entrato nella sua vita nel modo più assurdo e complicato del mondo e se rifletteva sulle settimane trascorse da quando lo conosceva, non poteva fare a meno di rendersi conto di quanto la sua vita fosse diventata intensa, di quanto la percezione delle cose e dei sentimenti fosse cambiata e di come, negli ultimi tempi, fosse grata di avere la possibilità di poter vivere in un mondo in cui c'era anche lui. Ormai aveva smesso di domandarsi quand'è che quei sentimenti nei suoi confronti erano divenuti così forti e, allo stesso tempo, non aveva nessuna voglia di dar loro una definizione.
Lui, Hayama... Akito, era diventato il centro del suo mondo interiore in un modo totalmente e assurdamente devastante.
Quando lui si fermò anche i suoi pensieri smisero di fare enormi giravolte nella sua testa e si rese conto di essere nel parcheggio dell'università, proprio accanto alla sua moto. Akito le porse il suo casco che lei afferrò senza fare domande. Allora prese il viso di lei tra le mani e le baciò le labbra. Una volta, due, tre e Sana si sentì stordita, mettendosi a ridere. Di nuovo nessuno dei due si curò minimamente del fatto di essere all'aperto, in un punto in cui potenzialmente chiunque poteva vederli insieme mentre si baciavano, mentre lei rideva sulle sue labbra e mentre lui le aggiustava i capelli dietro le orecchie, per infilarle poi il casco integrale scuro prima di salire sulla sua moto.
Nonostante le sue abituali reticenze, quella volta Sana non oppose alcuna resistenza e salì in sella appoggiando poi il suo corpo alla schiena di lui, prima che Akito mettesse in moto e partisse.
In realtà il viaggio in moto fu molto più breve di quanto Sana si aspettava, nonostante lei ignorasse la meta finale. Quando Akito si arrestò per parcheggiare la moto in corrispondenza di un parcheggio riservato agli occupanti di un condominio non troppo appariscente, lei realizzò dove fossero. Si sfilò velocemente il casco dalla testa, poggiandolo poi sulla sella della moto. Quando lui si voltò verso di lei notando i capelli scompigliati sorrise appena, disegnando rapidamente il profilo della sua guancia con le dita per poi fermarsi sul mento. Fu in quel momento poi che lui si avvicinò per depositarle un leggero bacio a fior di labbra, talmente leggero che spinse Sana a volerne immediatamente di più. Tuttavia, malgrado quella voglia, lasciò che lui si allontanasse da lei indicandole la strada verso l'ingresso del palazzo.
«Dove siamo?»
«A casa mia.» la informò, tirando fuori un mazzo di chiavi con il quale aprì prima il portone di ingresso del palazzo e poi quello del suo appartamento, al secondo piano.
Sana non si era mai soffermata ad immaginare come fosse casa sua, nonostante sapesse che viveva da solo. Per cui quando si addentrò in quel piccolo appartamento, fatto di uno stretto corridoio che conduceva a tre camere disposte solo sul lato sinistro della casa, non elaborò nessun tipo di pensiero se non la curiosità di scoprire dove il ragazzo vivesse.
«Non c'è molto da vedere. Puoi poggiare le tue cose dove vuoi.» le disse, conducendola nella prima stanza della casa: una piccola cucina con un tavolo in legno chiaro e due sedie dello stesso materiale, un mobile bianco sulla destra dell'ingresso su cui erano disposti anche i fornelli un po' vissuti su cui giaceva ancora una pentola con all'interno un mestolo di legno. Il frigo era piccolo ma pieno di adesivi e cartoline, molte delle quali le ricordarono immediatamente lo stile delle immagini che aveva visto all'Old Boy. L'unica cosa che le piacque fu il balcone da cui entrava una calda luce natrale.
«Posso vedere?» indicò il balcone ma senza aspettare una risposta da parte sua, si precipitò fuori.
«Sei già fuori.» osservò sarcastico. Poi la raggiunse, restando appoggiato alla soglia del balcone.
«Vieni? È bella la vista da qui.»
«Sto bene dove sono.»
«Mh... che hai?» disse lei, avvicinandosi e notando solo allora una strana smorfia sul suo viso.
«Niente. Io qui non ci vengo mai.»
«Dici sul serio? È la cosa più bella di questo appartamento.»
«È che è un po' troppo alto per i miei gusti.»
«Ma che dici? Siamo solo al secondo piano...» osservò incredula, sporgendosi poi oltre la ringhiera per guardare in basso. Hayama allora fu percosso da un brivido e si coprì il viso con una mano, voltandosi di spalle alla ragazza. Sana si mise a ridere osservando il terrore dipinto sul viso di lui. Fino a quel momento si era sempre mostrato indifferente a qualsiasi cosa, pronto a fare a botte con chiunque, quindi vederlo spaventarsi per un balcone disposto a pochi metri da terra la divertì molto. Ma Akito non fece una piega e si rintanò in cucina, lasciando Sana ancora sorridente sul balcone. Questi si affrettò però a seguirlo in casa, oltrepassandolo addirittura recandosi in corridoio.
«Voglio vedere la tua stanza.» disse allegra, saltellando su se stessa come una bambina la mattina di Natale. Hayama la guardò alzando un sopracciglio.
«Ti entusiasma così tanto?»
Ma lei non gli rispose nemmeno e in un secondo lo afferrò per un braccio e lo trascinò con sé lungo il corridoio.
«Quindi qual è tra queste?» disse sbirciando oltre le tre porte socchiuse. Hayama allora la oltrepassò, divincolandosi dalla sua stretta e sbuffando annoiato. Spinse poi una mano contro l'ultima porta in fondo al corridoio facendo loro largo in una stanza in penombra. Sana aguzzò la vista e rimase fortemente delusa quando si rese conto che in quella stanza c'era solo un letto disfatto, una scrivania completamente vuota e un armadio minuscolo.
«Tutto qui?» fece lei, rilassando le spalle.
«Be' che ti aspettavi? Una Reggia?»
Lei non lo ascoltò nemmeno e si addentrò nella sua stanza, appena i suoi occhi si abituarono alla fioca luca che entrava dalle persiane chiuse. Fece un rapido giro della stanza con lo sguardo fino a soffermarsi su una fotografia stropicciata attaccata al muro, sopra la scrivania. C'erano Akito e John fuori all'Old Boy: John aveva una ghirlanda di fiori in testa e sorrideva radiosamente, Akito invece aveva le mani incrociate sul petto e il suo solito broncio indifferente.
«Certo che la tua allegria mette i brividi.» commentò lei, avvicinandosi alla foto. Non sentì alcuna risposta da parte di Hayama, ma percepì subito dopo le sue braccia che le cingevano la vita e il suo viso che si insinuava tra i capelli.
e le venne un brivido lungo la schiena.
«Preferisco un altro tipo di brividi.» le sussurrò all'orecchio. Sana sentì il calore delle sue labbra e strinse allora le mani sulle braccia di lui. Lo sentì ispirare tra i suoi capelli, avvertì un profondo respiro e pensò che anche il suo, di fiato, stava per venire a mancare completamente.
«Dove avete scattato quella foto?» domandò con voce flebile.
«Non si capisce?» sussurrò lui, spostando nuovamente le labbra sul suo orecchio. Le dischiuse, leccandole il lobo con la punta della lingua per poi baciarglielo. E fu allora che a Sana venne la pelle d'oca e si sentì quasi sollevata per il fatto di indossare delle maniche lunghe che nascondevano quel particolare.
«Volevo dire quando... quando l'avete scattata?» riuscì a dire in una specie di sospiro.
«All'inaugurazione.» aggiunse lui, baciandole l'orecchio ancora una volta.
«Oh... quanto tempo fa?» insistette, nonostante i baci di Akito le stessero facendo perdere gradualmente lucidità per continuare a fargli altre domande. Sentì allora la sua mano che dalla vita si spostava lungo il suo corpo, fino a risalire sul collo per afferrarle poi il viso e spostarlo leggermente di lato, più vicino alla sua bocca.
«Kurata... tu parli troppo.» le disse a pochi centimetri dalle sue labbra. Sana cercò di mugugnare qualcosa, ma quella specie di gemito fu immediatamente soffocato dalle labbra di lui, che si fiondarono sulle sue. Allora lei si lasciò andare.
Nonostante ormai di baci da Akito ne avesse ricevuti molti negli ultimi giorni, continuava a sentire quell'incredibile sensazione di perdita dei sensi. Quell'eccitazione istantanea che non aveva mai provato con nessuno perché le bastava sentire la sua lingua accarezzare la sua per desiderare immediatamente di essere toccata ovunque, di abbandonarsi totalmente alle sue mani, alle sue labbra come se non ci fosse nient'altro di necessario.
Hayama fece una leggera pressione sulle spalle di lei, inducendola a voltarsi completamente dalla sua parte, senza smettere di baciarla. La sentì respirare più forte e quel suono così intenso fu sufficiente a farlo eccitare ancora di più, quindi con le mani percorse interamente la linea e le curve del suo corpo fino a scendere giù all'altezza delle cosce stringendole con le dita. Spostò poi le mani oltre quel punto e con un gesto deciso, le afferrò le gambe sollevandole da terra e facendo in modo che lei potesse allacciargliele intorno al busto. Sana allora si aggrappò alle sue spalle e, in un gesto fulmineo, lui la poggiò sulla scrivania vuota a qualche centimetro di distanza dai loro corpi. Non riusciva a smettere di baciarla, di accarezzare la sua lingua che sentiva sempre più desiderosa man mano che i gemiti di lei aumentavano. Allora Akito dovette raccogliere tutte le sue forze per staccarsi da quella bocca, per sfilarle velocemente la maglietta ma ciò che vide una volta che lei fu libera da quell'indumento lo ripagò di tutta la sofferenza provata a causa dell'allontanamento dalle sue labbra. Perché Sana gli sembrava così perfetta in quel momento, così eccitante nel suo essere tremendamente tenera e anche un po' imbarazzata, con le guance arrossate dietro un mare di lentiggini, così come le labbra a causa dei troppi baci. Allora lui delineò il suo corpo con lo sguardo, spostando gli occhi dal suo mento a forma leggermente appuntita, al collo fino a raggiungere il seno, ancora fasciato all'interno di un intimo di pizzo nero. Pensò che quel seno così piccolo che entrava alla perfezione all'interno di quella coppetta scura fosse la cosa più eccitante che avesse visto, insieme a tutto il resto del suo corpo, e del suo profumo, e dei suoi gesti che trovava così assurdamente spontanei da essere quasi disarmanti.
Allora le sue mani si mossero da sole e andarono a raccogliere all'interno di entrambi i palmi i suoi seni stringendoglieli appena. In quel momento sentì le sue mani prendergli il viso e quasi si sentì deluso per essere stato costretto ad abbandonare la visione del suo corpo. Tuttavia, quando alzò lo sguardo e si ritrovò nuovamente le labbra di Sana che lo avvolgevano con passione, emise un gemito profondo e dischiuse la bocca insieme alla sua, lasciando che le loro lingue continuassero ad incontrarsi, e a rincorrersi per poi ritrovarsi alla fine. E gli sembrò una discreta metafora del loro rapporto. Pensò che in quelle settimane non avevano fatto altro che rincorrersi, a volte anche in tempi sbagliati, ma poi alla fine si erano ritrovati di nuovo.
Sana invece pensava che non aveva mai desiderato nessuno come desiderava Hayama in quel momento, fremeva all'idea di toccare il suo corpo nudo, di sentire di nuovo la consistenza della sua pelle sotto le dita e così afferrò i lembi della sua tshirt tirandola su per sfilargliela definitivamente lasciandola cadere a terra ai loro piedi. Si sentiva così eccitata e così tremendamente frastornata da non riuscire più ad aspettare che lui facesse un'altra mossa, e così slacciò lei stessa il reggiseno dai gancetti dietro la schiena, lasciando che le bretelle scivolassero lentamente oltre le sue spalle. Per Akito quel gesto fu una specie di richiamo, un suono muto che stava indicando la strada ai suoi istinti primordiali, perché appoggiò nuovamente le sue mani sui seni di lei che, questa volta, sussultò per il contatto diretto con le dita di lui. E Akito prese ad accarezzarle i capezzoli già turgidi, rendendoli ancora più duri e provocando in Sana una serie di gemiti che lo fecero eccitare ancora di più. La vide inclinare la testa leggermente all'indietro e passarsi la lingua sulle labbra.
«Hayama...» rantolò un attimo prima di essere raggiunta nuovamente dalle sue labbra. Lei lo abbracciò e lui la afferrò nuovamente per la vita, sollevandola dalla scrivania. Fece una qualche passo indietro e, senza smettere di baciarla nemmeno per un istante, cercò il letto tastando il terreno con una gamba. quando finalmente sentì di essere arrivato a destinazione, si sedette continuando a stringere il corpo di Sana con le braccia. Lei di rimando allargò di più le gambe per aderire ancora di più al suo corpo e riuscì finalmente a sentire la sua erezione. Spostò quindi le mani in basso, cercando frettolosamente di sfilare il bottone dei suoi jeans dall'asola e le sembrò che quella fosse l'azione più complicata che avesse mai portato a termine. Lui allora le venne in aiuto, sbottonandosi i pantaloni e sfilandoseli velocemente, depositandoli poi ai piedi del letto. Fu proprio in quel momento che Sana lo spinse giù con entrambe le mani sul letto, con una strana frenesia che sentiva risalirle su fino al cervello. Le sembrò di non aver mai agito in quel modo, ma allo stesso tempo le parve la cosa più necessaria perché sentiva crescere dentro di sè una strana voglia di agire seguendo quella nuova consapevolezza di voler esplorare quella nuova versione di se stessa.
Allora portò le sue gambe a cavalcioni su di lui e quando abbassò lo sguardo e vide la sua espressione eccitata, gli occhi che la desideravano in un modo che non aveva mai sperimentato prima, si sentì tra le mani il potere di poter essere completamente quell'altra parte di sè che desiderava così ardentemente esplorare ogni angolo di vita si potesse attraversare. E fu proprio in quel momento che si sentì incredibilmente felice di aver avuto la possibilità di assaporare quella sensazione, ebbe come l'idea che quella potesse diventare una vera e propria droga perché, ne era convinta, avrebbe desiderato quella sensazione sempre di più, fino a perdersi completamente nell'oblio di quei sensi appena scoperti. E si sentì anche spaventata a morte dalla pesantezza di quello sguardo su di lei e sulla sua stessa reazione, in un mondo parallelo in cui quello sguardo non l'avrebbe più guardata in quel modo.
Sentì entrambe le sue mani che lentamente risalirono lungo i suoi fianchi fino a poggiarsi sui seni, infilando le dita sotto la curva decisa di quei rigonfiamenti, e quella visione fu sufficiente affinché lui si sentisse esplodere sulle dita delle mani quella voglia di toccarla così a fondo da oltrepassare il suo corpo, entrarvi dentro e depositarsi in qualsiasi modo che fosse umanamente possibile, ma anche vagamente vicino a ciò che sentiva dentro quando quel profumo gli penetrava le narici.
E non si domandò se quella sensazione fosse qualcosa di puramente fisico o c'entrasse con la parte più profonda di quei sensi che si stavano risvegliando sulla pelle del suo corpo, l'unica cosa che riempiva la sua testa in quel momento era quella sensazione che provava ogni volta che sentiva quella pelle così morbida sotto le sue dita, quel senso di completezza che non era nemmeno sicuro di riuscire ad individuare, solo perché le sue labbra si erano lasciate toccare così a fondo dalle sue.
Preso da un'improvvisa voglia di sentirsela addosso la strinse a sé con le braccia, infilando entrambe le mani tra i suoi capelli, stringendoli tra le dita e chiudendo completamente il suo corpo tra le braccia. Affondò poi il viso tra i suoi seni iniziando a baciarli avidamente, e quando la sentì gemere perse ogni controllo sulle sue mani che non sapevano più in che modo andare più a fondo. E sentì anche le sue dita infilarsi tra i capelli e ad entrambi sembrò improvvisamente di non avere la necessità fisica di nient'altro, nemmeno dell'ossigeno, nemmeno della cosa più vitale in assoluto.
Fu Sana a spingere lentamente il suo corpo sul suo, facendo sì che entrambi si trovassero sdraiati sul letto. Lei continuava a stare sopra di lui e iniziò a muovere il bacino sul suo, ma si rese conto solo in quel momento di indossare ancora i pantaloni e si sentì frustrata da fatto di non riuscire ad avvertire il suo corpo e la sua erezione come avrebbe voluto. Allora, velocemente, spostò una gamba e si sbottonò i jeans, lasciando Akito per un secondo perso in quel movimento che l'aveva allontanata da lui solo il tempo necessario per spogliarsi completamente.
Quando lui la afferrò nuovamente per il viso, Sana si ritrovò nuovamente a perdersi in quello sguardo eccitato e profondo e le sembrò di vivere in eterno quel momento in cui si guardarono fissi negli occhi. Le sembrò che lui la stesse semplicemente implorando di lasciar andare ogni minima parte di sé, e così fece.
Chiuse gli occhi e affondò le sue labbra nelle sue, toccando la sua lingua con urgenza, iniziando a muoversi su di lui con la stessa avidità con cui lui l'aveva abbracciata poco prima. Ma fu lui a non reggere più quella lontananza, allora spostò una mano tra le sue gambe e aiutò la sua erezione a farsi strada nella sua intimità, entrandole dentro lentamente fino a sentire il suo corpo sussultare alla fine di quel lento e breve percorso.
Sana iniziò a muoversi su di lui, cercando di trovare il giusto ritmo per entrare in sintonia con il corpo di Akito, allora lui strinse entrambe le mani sui suoi glutei e iniziò a guidarla in quei movimenti lenti, che man mano prendevano un ritmo sempre più deciso.
«Così...» riuscì a rantolare sulle sue labbra, prima di baciarla risucchiandole quasi il respiro. E quella sintonia che i loro corpi trovarono insieme, quel modo che lui ebbe di farle capire come avrebbero potuto raggiungere l'apice insieme fece sentire Sana completamente inglobata da una nuova dimensione che nemmeno pensava di poter arrivare a conoscere, e quando il suo corpo esplose letteralmente insieme a quello di Akito dimenticò immediatamente chi fosse stata fino a quel momento.
Lo sentì ansimare, le sembrò di avvertire chiaramente il suo cuore battere forte alla ricerca di un appiglio per affrontare quelle emozioni così forti, o almeno quello era ciò che stava succedendo al suo e si domandò in che modo avrebbe potuto gestire la ripresa di un battito normale. E chiuse gli occhi, lasciandosi andare alle mani di Akito che avevano iniziato ad accarezzarla ovunque, disegnando qualcosa di astratto sulle sue spalle, mentre lei aveva deciso di incollare la guancia al suo petto. Era così vicina a lui, al suo respiro che pian piano tornava regolare e iniziò ad accarezzarlo a sua volta, restando in quella posizione ancora per un po' di tempo.
Con le dita passò in rassegna il profilo del suo viso, scendendo giù lungo il collo e avvertendo un leggerissimo accenno di barba. Giunse alla scapola e poi al petto, percependo chiaramente sotto le dita la differenza che la cicatrice produceva al tatto, la stessa piccola cicatrice che aveva notato la prima volta che avevano fatto l'amore all'Old Boy. Allora corrugò appena la fronte.
«Come te la sei fatta?» gli domandò, restando con il viso incollato al suo petto.
«Anni fa... è l'unico segno che ho sul corpo della notte in cui è morto Yuto.» disse lentamente. Sana aprì la bocca in procinto di continuare a chiedergli particolari su quel segno, ma la sua voce la bloccò.
«Li ho pestati di brutto, ma non ne sono uscito proprio indenne. Non sono mai stato bravo nella difesa, e uno di loro mi ha infilato un vetro rotto nel petto.»
A quell'ennesimo racconto, Sana si sentì nuovamente inadeguata per non essere in grado né di comprenderlo né di confortarlo, allora affondò il viso nell'incavo della sua spalla. Ma Akito le sollevò il mento con le mani cercando il suo sguardo, divenuto immediatamente triste.
«Lo sai, tu sei la prima a cui ho raccontato questa storia... tutta la storia intendo.» le confessò, abbozzando un sorriso. Allora lei sgranò gli occhi, dimenticando per un istante quella sensazione di disagio appena provata.
«E non l'ho fatto perché cercassi la tua compassione o un qualche tipo di conforto... non lo so, quella sera, su quella panchina, ho sentito di volerlo fare perché tu vedessi anche questo. Non so come spiegarti...» raccontò, in una sorta di sussurro. Era strano per lui, perché non era mai riuscito ad esprimere ciò che sentiva, ma in quel momento percepì la sensazione di aver trovato le uniche parole plausibile per dirle quello che aveva provato.
Improvvisamente sentì le sue braccia allacciarsi intorno al suo collo e le sue labbra baciargli una guancia, in un gesto tenero che gli fece capire di aver effettivamente trovato le parole giuste.
«Dove sei stato finora?» gli domandò, alzando lo sguardo sul suo viso. Gli stava sorridendo e lui si sentì leggermente confuso. Corrugò la fronte, ma sorrise a sua volta.
«Non lo so... e tu?»
«In un limbo.» terminò in tempo prima che lui la baciasse di nuovo, sentendo per la prima volta un'irrefrenabile voglia di lanciarsi nel vuoto.

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