Capitolo Tredicesimo.

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[Amy]

Tra me e Michael le cose erano cambiate, spaventandomi.
A lui piacevo e lui mi piaceva. Ma c'era qualcosa in me che non funzionava, qualcosa che mi impediva di stare con quel ragazzo che aveva preservato la sua dolcezza, nonostante tutto, e che non aveva mai perso occasione di dimostrare quanto a me ci tenesse.
Avevo creduto di essere abbastanza forte e controllata da credere di non poter cedere, invece mi ritrovavo a provare qualcosa per lui.
Cosa diamine avevo fatto di così sbagliato nella vita per meritarmi di essere sempre trascinata dal cuore, dai sentimenti, senza avere il potere di decidere?! Chi era che voleva così tanto il mio male da condurmi sempre in situazioni del genere? Perché ero fatta così male? Perché ero sempre io l'errore?
Avevo permesso a quel bassista di entrare nella mia sfera personale più di quanto lo avessi mai permesso a William. Ero stata tremendamente sciocca e ingenua, quando invece avrei dovuto difendermi.
Non avrei dovuto lasciare che il suo sguardo incrociasse il mio, quel primo giorno in cui capitai sulla strada di quel gruppo di folli; non avremmo dovuto giocare in quel modo, abbracciarci, baciarci; sarei dovuta andare via subito, senza farmi intenerire, seguendo unicamente il mio pensiero, senza indugi.
Avrei dovuto sfoderare quella Freddezza che, teoricamente, avevo accresciuto, ma non lo avevo fatto. Come non avevo fatto niente. Mi ero resa vulnerabile, avevo permesso che Michael abbassasse le mie difese. Tutto per quel paio d'occhi, per quel carattere, per le sue mani che sapevano accarezzarmi dolcemente e per il riparo e l'affetto che sapevano darmi i suoi abbracci.
Dio, che stupida.

Era passata una settimana da quella specie di dichiarazione: la settimana più lunga e più brutta che avessi mai passato da quando convivevo con i ragazzi.
Avevo notevolmente preso le distanze da Duff: se c'era da uscire fingevo di avere da fare, se lui stava sul divano io andavo in camera o viceversa, e avevo smesso di dividere il letto con lui iniziando a passare le nottate sul divano.
Mi sentivo da schifo perché non sopportavo di stare così distante da lui, e perché vedevo che non lo facevo star bene. Aveva osato molto, e io stavo erigendo un muro. Il fatto era che volevo fargli capire che non sarei potuta essere la persona giusta al suo fianco, non sarei stata la fonte di forza di cui necessitava.
Non sarei mai stata abbastanza per nessuno, men che meno per lui.
Uba sera, però, non avrei potuto stargli molto distante, dato che era previsto un live al Rainbow.
Entrai nella nostra stanza, trovandovi Michael ancora svestito. «Scusami...» dissi con un velo di imbarazzo. «Da quando mi poni delle scuse perché mi vedi così?» ignorai quella sua domanda retorica e aprii l'armadio. Scelsi un paio di pantaloni in un tessuto simile al velluto, a zampa di elefante e marroni. Vi abbinai un corsetto nero a rete, con una fascia nera che copriva solamente il seno. Presi anche una bandana rossa e le solite varie catene che avrei agganciato ai passanti dei pantaloni. Completai con stivali e chiodo. «Vado a prepararmi in bagno.» «Credo ci sia Axl o Slash.» «Aspetterò.» feci per uscire, ma mi afferrò un polso facendomi voltare.
«Perché?» mi chiese. «Cosa?» «Perché mi stai facendo questo?» abbassai lo sguardo, colpevole, sommersa dai sensi di colpa. «Perché non sarei la persona giusta.» «Non è affatto vero.» «Sono solo capace di alimentare le tue dipendenze, non sono il giusto punto fermo che ti servirebbe. E moralmente sono troppo fragile per salvare anche Te. Non ti merito.» «Balle! Tutte balle, Amy!» «Cristo, accetta quello che ti dico e basta!» quasi urlammo.
Poi uscii sbattendo la porta alle mie spalle. Mi trovai tre paia d'occhi puntati addosso: quelli di Steven, Jeffrey e Saul. «Be', cosa avete da guardare?!» domandai, con una voce qualche ottava più su del normale. Mi diressi al bagno e bussai. «Non ho ancora finito!» rispose scazzato Axl. «Muovi il culo, William.» e quando mi rivolgevo così a lui voleva dire che non ce n'era più per nessuno.
Pochi istanti dopo, vidi Michael uscire dalla sua stanza, andare in cucina e poi tornare con in mano una nuova bottiglia di Vodka in mano. Chiuse la porta sbattendo. Mi accasciai contro il muro, scivolando fino a terra e Iniziando a liberare le prime e copiose lacrime.
Stava soffrendo. La causa ero io. Stava bevendo. La causa ero io. Sarebbe stata rovinata la sua serata importante. La causa ero ancora una volta io.
Uscì Will dal bagno e sobbalzai. Si accucciò di fronte a me. «Amy, ehi, che succede?» domandò preoccupato. «Nulla.» mi alzai per poi chiudermi in bagno per i successivi quaranta minuti.
Mi spogliai abbandonando i capi sul pavimento, poi entrai in doccia e lasciai che l'acqua tiepida mi scorresse sulla pelle per qualche minuto prima di iniziare ad insaponarmi. Quando finii, uscii frizionandomi i capelli con l'asciugamano. Rimasi nuda, a vagare per quel piccolo stanzino. Mi odiavo. Afferrai l'intimo e lo indossai per poi passare ai vestiti. Iniziai ad asciugare i capelli per poi procedere con la cotonatura. Mi truccai, rimarcando il nero sui miei occhi e accentuando il tutto con un rossetto rosso. Aggiunsi dei grossi orecchini a cerchio.
Quando osservai il mio riflesso allo specchio, notai una me provocante, come poche altre volte ero stata. Il trucco e l'abbigliamento distoglievano l'attenzione dalla mia espressione che, al momento opportuno avrei aggiustato con un sorriso sghembo. Uscii dal bagno, pronta e raggiunsi tutti in cucina. Inutile dire che mi sentii osservata dal primo istante -neanche mi stesse facendo i raggi X- da tutti quanti, Michael compreso.
«Andiamo?» «Io porto gli strumenti.» affermo serio Michael. «Ok. Amy vieni con me.» mi cinse le spalle, Saul. Uscimmo dell'appartamento e, sotto lo sguardo di Duff, salii a bordo dell'auto del chitarrista. Giurai di avergli visto tirare un pugno al volante, appena occupato il posto di guida.
«Mi spieghi cosa diamine sta succedendo fra voi due nell'ultima settimana?» chiese, mettendo in moto. «Come se già non lo sapessi.» «Che avete discusso e non vi sfiorate nemmeno più con un dito, lo abbiamo visto tutti. Ma, perché?» «Perché io non posso dargli ciò che cerca.» «Mckagan si è fottuto di nuovo il cervello, alla grande!» «Senti, Saul, non sbilanciarti con certi commenti, va bene?!» mi irritai. «Ohh, scusa, scusa...».
Il riccio continuò a guidare fino a quando posteggiò di fronte al Rainbow. «Bene, arrivati. Ascolta, te lo chiedo molto schiettamente: come intendi trascorrerla questa serata?» «Carpe Diem.» e uscii fuori dall'auto entrando al locale senza nemmeno aspettarlo. Avevo un fottuto bisogno di bene, così ordinai una bottiglia di Jack che avrei consumato rigorosamente da sola. Iniziai subito, mentre li osservavo entrare e dirigersi sul palco per sistemare gli strumenti.
Slash finì prima di tutti e mi raggiunse. «Non hai perso tempo, vedo.» disse per poi fregarmi la bottiglia e berne un lungo sorso. «Ehi! Prenditene una tua!» esclamai sorridendo. «Tirchia.» disse, cingendomi i fianchi e ordinando una bottiglia per sé. «Vieni a sederti con noi?» «Sì, per forza.» così, prendemmo posto ad un tavolo circolare, sedendoci sul divanetto che lo circondava.
Io ero accanto a Slash e a Will in compagnia della sua Erin. Accanto a lei c'erano Izzy e Duff, vicino a Saul era seduto Steven. Il difetto di quella disposizione era che Duff rientrava nel mio campo visivo. Saul, notando il suo sguardo pesare su di noi, mi cinse le spalle con un braccio. A malincuore non lo respinsi. Bevvi dell'altro Whiskey.
Un quarto d'ora più tardi, salirono sul palco e il riff iniziale di "Sweet Child O' Mine" riecheggiò nel locale. C'era gente che, di lì a breve, iniziò a pogare, saltare, ballare, divertirsi... E io cercai di stare al passo, senza mai scollarmi dalla mia bottiglia.
Notai un ragazzo, dall'aria molto Punk, avvicinarsi a me unendosi ai miei movimenti. «Senti, bellezza, sto cercando compagnia... Ho qualcosa con me, ti unisci?» «Oh, certo!» e ci allontanammo. Proprio in quell'istante Michael incrociò il mio sgiardo e lo vidi serrare la mascella.
Ci dirigemmo ai bagni. «Cos'hai con te?» «Della Coca...» «E come mai vuoi compagnia?» «Ci si sballa di più!» Ma quello, sballato, lo era già. Ad ogni modo, decisi di unirmi e sniffammo qualcosa insieme. Era da un po' che non mi facevo e in quel momento mi resi conto quanto ne avessi bisogno. Sentii l'adrenalina salire nel giro di pochi minuti. «Comunque, sono Vince.» «Amy.» «Allora, Amy, quasi quasi sono tentato di chiederti di ripagarmi, sai?» ero fatta, mezza ubriaca. «Mh, e come?» si fiondò sulle mie labbra. Ricambiai, finché non sentii le sue mani impossessarsi dei miei glutei, afferrandoli in modo da sollevarmi e farmi sedere sul marmo freddo dei lavandini. C'ero già passata con Axl, sapevo a cosa sarei andata incontro se non me ne fossi andata. Infatti, lo fermai e fuggii via senza dire nulla.
Tornai a mischiarmi nella folla sotto al palco e mentre il concerto continuava, sentivo la Cocaina fare sempre più effetto, così come il Jack.
Mi apparve tutto più sfocato, sì, ma anche tutto più vivibile.

Due ore dopo, ero spettatrice dell'orda di ragazze in preda agli ormoni che ci provavano in vari modi con Michael. E di lui che non desisteva. C'erano abbracci, sguardi, risolini, battutine... Niente baci. Ma, esausta, lo precedetti.
Saul stava ridendo e scherzando con Steven, quando gli cinsi le spalle. Eravamo tutti fatti, decisamente ubriachi. Gli sfilai la sigaretta che pendeva dalle sue labbra. Il ragazzo sorrise complice. Feci qualche tiro e, guardandolo negli occhi, gli sbuffai il fumo in volto, delicatamente. A quel punto, spensi la cicca nel posacenere e, tirata a sé dal suo braccio, mi posizionai a cavalcioni in braccio a lui. Vidi Michael irrigidirsi. «Oh, ragazza... Finalmente ti sei decisa.» rise. Poi vidi il suo fiso sprofondare nel mio seno e percepii le sue dita affondare nella carne dei miei fianchi. Incredibilmente, sentii il desiderio crescere mentre la bocca di Saul lasciava sulla mia pelle dei baci lascivi. Nonostante ciò, dovetti sforzarmi a ricacciare indietro le lacrime, consapevole dello sguardo del Mio Duff su di noi.

Nemmeno un'ora dopo, eravamo tornati all'appartamento.
Izzy e Steven avevano preferito fare nottata fuori, Axl si era chiuso in stanza con Erin. Io varcai la soglia di casa ancora fra le braccia di Saul che non sembrava intenzionato a lasciare il mio collo. Michael teneva stretta a sé una biondina tutta forme, la classica troia e, prima di entrare in camera, la costrinse fra il muro e il suo corpo, baciandola poi con trasporto. Quei due avrebbero fatto sesso nel nostro letto, era palese. Lanciandomi un'ultima occhiata, chiuse quella porta che ci separava. Sebtii un tonfo al cuore.
Nonostante ciò, l'alcool prese il sopravvento e poco dopo mi ritrovai in camera con Saul, stesa sul suo letto, con lui sopra di me. Ricongiunse per la seconda volta le nostre labbra, e lasciai che le mie lambissero le sue così spesse e carnose... Decisamente diverse da quelle di Michael.
Saul iniziò a spogliarmi sorridendo compiaciuto quando notò che non ponevo resistenza. Rimossi la sua maglietta, accarezzando i muscoli del torace e del ventre. Mi stavo lasciando usare. Quando mi trovai in intimo, fui combattuta tra il desiderio di fermarlo e la voglia di continuare. Nonostante tutto, il suo fisico, le sue carezze bollenti, le sue labbra che esploravano e assaggiavano ogni centimetro del mio corpo stavano mettendo a dura prova la mia resistenza. I gemiti e tutto il resto a sé connesso proveniente dalla stanza accanto -quella di Duff, appunto- mi convinsero a continuare.
«Dio, quanto ho atteso questo istante.» sussurrò Saul al mio orecchio. Slacciò il mio reggiseno per poi mordicchiare uno dei miei seni. Mi teneva in baccio e, inarcando la schiena dal piacere, gli permisi di immergere il viso nelle mie forme. Strinsi la presa sulle sue spalle, sentendo la sua pelle sotto le mie unghie.
Ci liberammo del residuo dall'intimo rimasto e poi entrò senza alcuna esitazione, deciso, quansi prepotentemente. Sussultai ma, ad ogni spinta, arrivava sempre più in fondo. Stavo per cedere.
Le labbra del chitarrista si impossessarono nuovamente delle mie. Le sue mani strinsero forte i miei fianchi. I suoi denti morsero il mio labbro. Insieme venimmo, soffocando le piccole urla l'una nella bocca dell'altro.
Crollammo esausti sul materasso.
Saul accese una sigaretta. «Mckagan mi ammazzerà.» «Era in compagnia anche lui.» «Effettivamente...»
«Saul...?» «Sì?» «Solo sesso.» annuì. «Solo sesso.» ribadì.
Smezzammo quella sigaretta per poi concederci ad un altro rapporto.
Non ero io, ma il mio corpo spinto da Coca e Alcool a desiderare quel rapporto fisico.
Mi lasciai andare consapevole che quella notte sarebbe stata solo l'ennesimo errore.

~Fall to Pieces.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora