Capitolo Terzo.

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[Amy

Il mattino seguente mi svegliai, ritrovandomi ancora accoccolata al petto di quel musicista accanto a me.
Già, tanto per non perdere il vizio ero finita ad immischiarmi con un altro gruppo musicale. Loro erano i Guns N' Roses, mi avevano raccontato che la loro fama stava crescendo, ma non mi sembrava di conoscerli. Ciò mi fece sentire piccola piccola a causa dell'imbarazzo.
Il giorno prima mi ero ritrovata in quel buco di posto che, Duff, mi aveva spiegato essere un garage che sfruttavano sia come sala prove che come "appartamento", non avendo altra collocazione. Alla fine, poteva risultare fin comodo: la strumentazione era sempre sotto controllo e non bisognava sbattersi a trasportarla in giro, e quando l'ispirazione coglieva alla sprovvista si poteva approffittare del fatto che si aveva tutto sotto mano e che nessun vecchio vicino venisse a romperti le palle per l'alto volume. Se la si prendeva con un po' di filosofia non sembrava così male. 

All'appello mancavano ancora altri due ragazzi, che se ne guardarono bene dal rientrare per la notte: Steven, colui che suonava la batteria, e Izzy che occupava il ruolo di chitarra ritmica.
Pensai però fosse stato meglio alzarsi finché ancora tutti dormivano e andarmene, quindi non avrei conosciuto gli altri due musicisti.
Appena mi mossi, il braccio di Michael mi strinse un poco di più a sé. «Dove vai?» biascicò. «Ehm, da nessuna parte...» sforzandosi aprì gli occhi che puntò nei miei. Quell'azzurro mi invase di nuovo, come il giorno precedente quando mi ero risvegliata in quel letto dopo il mio svenimento. Le sue iridi chiare mi osservavano. Sentii il respiro smorzarsi. Spostai lo sguardo sul viso, ammirando le sue guance, le labbra sottili. Ebbi il desiderio di baciarle. Il giorno prima non avevo avuto occasione di osservarlo così bene. «Cosa c'è? Vuoi già andare via?» mi domandò, forse un po' dispiaciuto. «E come potrei?» sorrise. «Resta ancora un po', tanto, da quello che ho capito, un posto dove andare non ce l'hai.» «Ma qua state già così stretti, non vorrei essere di impiccio.» «Stai tranquilla che tra non molto potremmo finalmente permetterci un appartamento.» mi fece l'occhiolino. «Come vuoi... Proverete oggi?» «Sì, come ogni giorno. Fra tre giorni abbiamo una serata al Troubadour, potresti venire a sentirci.» «Molto volentieri!» esclamai con entusiasmo. «Sai dirmi che ore sono?» mi chiese «Le undici.» «Allora vieni con me, andiamo a svegliare gli altri! Adesso sì che ti divertirai...» Scendemmo da quel letto improvvisato.
Poco distante c'era quello di Axl. «È già un miracolo che stia dormendo da solo... Ascolta, lui è quello che si incazza di più.» mi avvertì, sottovoce. Prese la bottiglietta d'acqua poggiata lì accanto e il suo foulard. Con esso iniziò a fare il solletico al ragazzo rosso, passandolo sulle orecchie e sotto il naso. In risposta, Axl si muoveva come a scacciare mosche inesistenti e borbottava qualcosa. Già facevo fatica a trattenere le risate e Michael mi fece segno di stare in silenzio. «Cazzo di mosche! Ma vaffanculo!!» sbottò Axl. A quel punto, Duff svuotò il contenuto della bottiglietta sulla sua schiena, scatenando una serie di insulti da parte del cantante. Inutile dire che scoppiammo a ridere. Io corsi giù dalla scalette che divideva il soppalco dal resto del garage. «Saul è tutto tuo! Voglio vedere le tue adorabili tecniche, ragazza!» esclamò Duff. «A me tocca calmare Carotina!» continuò. «Basta con questo soprannome! Ma cosa avete tutti contro i miei capelli, eh!?» sbottò ancora. Poverino. 
Mi avvicinai al divano su cui ancora dormiva Slash. Decisi di offrire a Duff un bel teatrino, contando che sapevo già quanto Saul amasse andare con le donne. Mi avvicinai al suo viso, scostai parte dei capelli e gli sussurrai «Sveglia...» non avendo reazioni di alcun tipo, iniziai ad accarezzargli il torace scoperto. A quel punto afferrò le mie mani, così ne approfittai e salii a cavalcioni su di lui, sopra al suo bacino. Lo sentii muoversi sotto di me. Mi veniva da ridere, ma cercai di trattenermi. Mi mossi un po' e vidi il suo respiro cambiare. Alla faccia del sensibile, oh! Mi chinai su di lui arrivando al suo viso, dopo poggiai un lieve bacio sulla guancia destra. Quando lo vidi voltarsi per baciarmi, mi ritrassi. Nel frattempo sentii le sue mani scorrere sul mio corpo, arrivando ai glutei che accarezzò. Quando capii che era sufficientemente sveglio, mi alzai di scatto, presi un cuscino e iniziai a colpirlo. A quel punto sbarrò gli occhi, si sedette e incredulo mi parlò «Che cosa!? Ma non ci posso credere! Sei qui da ieri e già ti comporti come quell'altro cretino di Mckagan! Ora me la paghi!» stavamo tutti ridendo a causa della sua reazione.
Senza che me ne rendessi conto, riuscì ad afferrarmi dai fianchi, coricarmi sul divano, salire su di me e iniziare a tormentarmi con il solletico. Mi mancava quasi il fiato da come ridevo. «Michael! È stata un'idea tua, aiutami!!» e senza farselo ripetere ancora, si fiondò su Slash e io fui libera. «Che associazione a delinquere, e meno male che siete solamente in due.» affermò Axl. 
Quando ci ricomponemmo tutti, mi avvicinai a Duff, mi tirai su sulle punte e lui accorciò la distanza abbassandosi un po', gli posai un bacio sulla guancia. «Grazie Biondo.» sorrise. «Vado a prendere dei caffè? Non mi pare ne abbiate...» «Dio, non bevo caffè da una vita! Saresti davvero così gentile?» «Ma certo, carotina!» «Mckagan! È colpa tua, vero? Che cazzo le hai fatto?» «Io!? Assolutamente niete! È lei che ha già capito come girano le cose qua dentro!» battemmo il cinque sotto lo sguardo incredulo del rosso. 
Infine uscii di lì.

L'aria fredda mi costrinse a chiudere la cerniera del mio giubbotto di pelle. Infilai le mani in tasca e poi continuai a camminare, diretta al primo bar. Lo trovai dopo svariati metri. Era un posto carino, piccolo ma accogliente. Chiesi alla barista i quattro caffè pagai e uscii, lasciando che quel freddo mi investisse nuovamente. Passo dopo passo, arrivai al garage. Bussai.
«Hai portato i caffè?» chiese il rosso dall'altra parte della porta. «Sì, adesso fammi entrare che sto congelando!» la porta si aprì. «Ma grazie, eh...» lo guardai storto. «Che vuoi? Così impari a omologarti a Mckagan.» sentii il biondo sbuffare. Mi sedetti accanto a lui, posando i caffè sul tavolo. «Fa molto freddo?» «Già, parecchio.» mi abbracciò. «Ti scaldo io, baby.» «Ma questa confidenza?!» «Dai, tanto lo so che non ti dispiace affatto!» «Oh Biondo!» «Perché, ho torto?» non risposi e mi strinsi a lui. Sorrise soddisfatto. «Certo che non perdi tempo, Duff.» affermò Slash. «Sarei stupido a perdere tempo.» Axl distribuì i caffè e io lasciai che quella bevanda mi riscaldasse.
Le braccia di Duff mi davano calore, facendomi sentire quasi protetta. Quella notte avevo dormito con lui, e finalmente avevo passato una nottata serenamente. Inoltre stava già iniziando a suscitarmi una grande simpatia: i suoi gesti, le sue espressioni, i modi di fare... Tutto mi stava piacendo un sacco. Avrei voluto andarmene quella mattina senza guardare in faccia nessuno, ma lui mi aveva frenata e non avevo saputo dirgli di no.
Avrei voluto tornare a Lafayette a salutare qualche amico, magari a riprendere a suonare con loro. Quell'anno passato con i Ramones mi aveva tagliata fuori dalla mia vita quotidiana e, se c'erano cose delle quali non sentivo la mancanza, di altre ne percepivo il bisogno. Il palco mi mancava, impugnare i miei strumenti pure. Avevo bisogno di rivivere quei brividi che solo portare live la mia musica sapeva darmi. Magari, pur rimanendo a Los Angeles avrei potuto ricominciare anche sotto quell'ambito. 
«A cosa pesi?» non mi ero accorta del mio atteggiamento totalmente assente. «A tante cose... A quest'ultimo anno passato con i Ramones, a quante cose della mia vita che mi piacevano ho dovuto mettere da parte. Avevo un gruppo, e l'ho dovuto lasciare andare. Adesso ne sento il bisogno come mai prima d'ora.» «Cosa suonavi?» «Basso e Chitarra. All'evenienza ero pronta.» «Be', posso darti una mano io se vuoi riprendere a suonare... Si dà il caso che quelli siano anche i miei strumenti.» «Davvero lo faresti?» mi prese un nodo allo stomaco dalla contentezza. «Certo!» «Grazie!» lo abbracciai, non curandomi degli sguardi che si puntarono immediatamente su di noi. 
In quell'abbraccio capii che, forse, restare nella città degli Angeli non sarebbe stata una così cattiva idea. Avrei dovuto trovarmi un lavoro e una piccola sistemazione per non gravare ai ragazzi, ma ce l'avrei fatta. Forse, quella che mi aspettava era davvero la strada giusta.
A me restava solo percorrerla.

~Fall to Pieces.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora