Capitolo Diciottesimo.

63 5 0
                                    

[Jeffrey.]

Quel "Vaffanculo" da Michael un po' me lo ero meritato. Avevo tenuto tutti all'oscuro a proposito dei contatti avuti con Amy durante quei sei mesi. Era come se avessi tradito la loro fiducia. Ma era stata proprio Amy a pregarmi di non dire nulla, sapeva la reazione che avrebbe avuto Michael e i probabili tentativi di mettersi in contatto con lei. E poi, io volevo che fosse una cosa solamente nostra: avevo legato con quella ragazza fin da subito, era stata l'unica a capirmi davvero, a rispettare i miei silenzi, i miei momenti no, i miei allontanamenti, le mie fughe nel cuore della notte perché avevo bisogno di stare solo. Era stata anche capace di aprire il mio carattere, di far emergere i miei lati migliori -sempre ammesso che ci fossero mai stati-... quella ragazza aveva lasciato un segno dentro tutti quanti noi. Era Unica, in ogni suo lato.
Quella sera, a Seattle, sapevo benissimo che lei avrebbe suonato in quel preciso locale in cui Michael aveva insistito tanto per portarci. Avevo finto che la cosa non mi interessasse, di non aver voglia di ascoltare quelle band punk da quattro soldi, ma McKagan aveva vinto. Data la tarda ora speravo vivamente che i Krueger si fossero già esibiti, ma le mie speranze si vanificarono nell'istante esatto in cui le luci del locale si abbassarono e un potente riff di basso prese il possesso della scena, catturando su di lei l'attenzione di chiunque.
Mi voltai anche io nella sua direzione, stupendomi ancora, dopo svariati mesi, di trovarla sempre più bella. Quella sera indossava dei pantaloni in pelle, una canotta piuttosto scollata e alquanto aderente con la stampa di un gruppo a me sconosciuto, qualche catena ai passanti dei pantaloni, stivali da cowboy; il trucco pesante rendeva il suo viso più maturo, incorniciato dai capelli che da poco aveva tinto di qualche tonalità più scura di castano e che, per la serata, aveva impreziosito con dei tocchi di blu sulle punte. Stava bene, era provocante, soprattutto per l'atteggiamento che teneva sul palco mentre suonava. Dava carica, emozionava, quella ragazza ci sapeva fare davvero.
Con non poca fatica smisi di rimirarla, passando piuttosto a studiare il volto di Michael, seduto di fronte a me. Aveva lo sguardo assorto, stupito, incredulo; studiava Amy in ogni suo particolare. Sembrerà strano, ma vidi il suo sguardo illuminarsi per qualche istante. L'aveva ritrovata, la Sua Amy.
«Duff?» lo chiamò Saul. «Mh?» «Quella è Amy, o sbaglio?» «No, non ti sbagli Saul... È lei.» vidi la sua espressione cambiare, farsi più dura, allo stesso tempo però accesa, come se un'idea avesse preso improvvisamente vita nella sua testa. «Jeff, credo che tu debba raccontarmi qualcosa.» disse, severo. In quel momento inizia a temere realmente la sua reazione: non volevo perdere un amico come lui, ma la mia mancanza di sincerità per un periodo così prolungato, comportava quel rischio. Ero consapevole che raccontargli la verità lo avrebbe ferito e non poco. «Sì, credo anch'io.» risposi, serio. «Ti ascolto.» feci un ultimo respiro profondo e poi sputai qualche parola.
«Non ho mai realmente interrotto i rapporti con lei.» «Perché?» «Perché non riuscivo a fare a meno di sentirla e lei non ha mai posto resistenza alle mie attenzioni.» «Di quali attenzioni stai parlando?» domandò, distogliendo lo sguardo che, fino a quell'istante, era stato fisso sul palco. «Le mie lettere, o telefonate... qualche volta sono andato a trovarla. Nulla di particolare.» lo osservai per qualche istante, in silenzio, temendo per la risposta che ci sarebbe stata dopo quelli che mi sembrarono interminabili secondi. «Vaffanculo.» esordì, dopo un po', sbattendo il bicchiere in vetro sul tavolo e alzandosi. «Dove vai?» gli chiesi, alzandomi anche io di conseguenza. «Non lo so, lontano da te.» affermò duramente, con un tono che non ammetteva repliche. «Non reagire così Michael.» «E cosa dovrei fare?! Abbracciarti e dirti "Wow fratello, mi hai tradito ma sei il migliore"?! Vaffanculo, vaffanculo! E non provare a seguirmi!» ormai stava urlando. Abbassai lo sguardo, colpevole e poi lo rialzai in tempo per osservarlo andarsene. La musica continuava mentre io restai a guardare il mio amico varcare la soglia del locale. «Amico, dovresti chiarire con Duff.» «Non so se sia il caso, adesso.» «Lo conosci, è impulsivo. Ma fermalo o chissà cosa andrà a pensare.» riflettei sulle parole di Saul, ammettendo a me stesso che era meglio affrontare la discussione subito. «Ok, tu resta qui.» «E chi si muove?! Ah! Comunque sei un coglione.» aveva ragione.
Raggiunsi in fretta il mio amico. Lo trovai intento a fumare una sigaretta. «Ti avevo detto si lasciarmi in pace!» mi urlò contro. «No, ho taciuto per troppo, non voglio fottere il nostro rapporto!» «La sincerità prima di tutto, dicevi, o sbaglio?! Quando abbiamo messo in piedi questa dannata band ci eravamo promessi di essere sinceri, sempre, onde evitare casini! Che fine ha fatto quella promessa, eh, Jeff?!» «È valida! Me lo ha chiesto Amy di non dire nulla.» «Cosa?!»
«Michael, perché non riesci ad accettare che quella ragazza non possa stare con te?!» «Perché so che non è vero.» «Come fai ad esserne certo?» «Lo sono e basta. Lei... lei è perfetta, dannazione! Cos'ha di sbagliato?» già, come dargli torto? Ed io lo sapevo bene quanto fosse davvero perfetta quella piccola e testarda Amy. «Duff, sono passati sei mesi, alcune cose potrebbero essere cambiate.» «Tipo?» «Lei non ti ha dimenticato, affatto, ma si è spenta e me ne sono reso conto da un po'. Ho provato a starle accanto, a darle il mio affetto, ma sembrava avesse addosso uno scudo impenetrabile.» soppesò le mie parole.
«Jeff, sono innamorato di lei. Devo riaverla.» quella frase mi colpì, non tanto perché fosse pronunciata da lui, quanto più per il significato. Michael era davvero preso da Amy, e dovetti ammettere a me stesso che la cosa poteva essere reciproca: nessuno sarebbe mai valso quanto lui, nemmeno lottando. Amy avrebbe sempre prediletto Michael rispetto agli altri. Anche rispetto a me. Riempii i polmoni d'aria e poi firmai la mia resa.
«Allora cercala. Entra in quel fottutissimo locale, trovala, parla con lei, dille quello che provi ancora e convincila a tornare a Los Angeles.»
«Non credo di avere qualche speranza.» ammise, sconfitto.
«Non fare l'idiota, va' e affrontala.»
«Mi hai preso per il culo per mesi e ora sei qui ad incoraggiarmi. Potrei mandarti a fanculo.» sorrisi amaro.
«Vai a riprendertela.» detto ciò, sparì dietro la porta d'ingresso.
Restai solo. Poggiai la testa al muro, piegai la gamba, misi le mani in tasca e mi persi ad osservare il cielo discretamente sereno di quella sera, mentre la mia sigaretta pendeva dalle labbra inermi, liberando solamente del gran fumo che talvolta mi annebbiava gli occhi. Probabilmente avrei perso tutto ciò per cui avevo lottato in quei mesi, non sarei stato più io l'esclusiva per Amy; Michael sarebbe tornato nella sua vita, tutto avrebbe ripreso il suo corso "normale", io sarei tornato nel mio angolino dal quale, silenziosamente, osservavo ogni minima cosa. Sarei stato lì, a rimpiangere la nostra "bolla" segreta, quella in cui ci eravamo chiusi negli ultimi mesi: niente più chiacchiere, niente più lettere, niente più serate da soli in qualche pub che regolarmente finivano con noi seduti sul bordo di un marciapiede qualsiasi abbastanza ubriachi da metterci a ridere per nulla. Non l'avrei più avuta unicamente per me, sarei dovuto tornare a dividerla con qualcun altro, qualcuno che amava e che la amava.
Sembrava un'aspettativa così difficile da affrontare.

Dopo aver finito un'altra sigaretta, rientrai, raggiungendo Saul al tavolo. «Com'è andata?» domandò. «Tutto bene. Adesso, probabilmente, starà tentando di riconquistarla.» risposi per poi sorseggiare il mio whiskey. «Non sembri così entusiasta.» «Sai com'è, fino a poco fa mi stavo cagando sotto.» «Non avresti dovuto tenercelo nascosto.» «Lo so. È stata una sua richiesta.» sospirammo.
Mi sentivo strano, come se fossi rimasto privo di qualcosa. Inoltre sentivo salirmi l'incazzatura, il senso di sconfitta. Ma sconfitto da cosa? Da una partita che non ero nemmeno consapevole di aver iniziato a giocare? E poi, qual era il premio? Per cosa stavo combattendo? Cos'è che avevo perso?
«Cosa c'è che non va?» mi chiese Saul riportandomi alla realtà. «Nulla, riflettevo.» «Piantala.» lo guardai. «Come scusa?» «Piantala, con quello che stai pensando, facendo con Amy... potrebbe davvero scoppiare un casino. E tu non hai aiutato Michael a darci un taglio. Si può sapere perché sei così masochista?!» «Masochista? Saul vuoi spiegarmi di che diamine stai parlando?» «Lo sai e sappi che si vede e, o lo metti in chiaro, o McKagan si sentirà preso per il culo due volte.» lo guardai continuando a non capire.
«A te Amy piace e parecchio... non trovo altra spiegazione al tuo comportamento degli ultimi mesi, alla tua testa assente, al fatto che tu non ce lo abbia detto...» spiegò. Sbarrai gli occhi. «Stronzate!» sbottai, e finendo alla goccia il poco whiskey rimasto sul fondo del bicchiere, mi alzai per andarmene. Tanto avrebbe trovato ben presto qualcuna con cui passare la serata, non sarebbe rimasto solo a lungo.
Balle, tutte balle.

~Fall to Pieces.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora